Il caso che ha coinvolto l'Ucraina, le sue interazioni con il governo degli Stati Uniti e la politica internazionale ha visto il coinvolgimento di numerose figure chiave sia a livello politico che legale. Il contesto che circonda l'impeachment dell'ex presidente Donald Trump, l'amministrazione Biden e le rivelazioni relative all'Ucraina ha portato alla luce una rete complessa di attori politici, diplomatici e militari.

Joseph Biden, vicepresidente degli Stati Uniti dal 2009 al 2017, è stato una delle figure centrali di queste vicende, in particolare per le sue presunte interazioni con l'Ucraina attraverso suo figlio, Hunter Biden. Quest'ultimo, con la sua posizione all'interno del consiglio di amministrazione di Burisma Holdings, una compagnia energetica ucraina, è stato al centro di accuse e controversie, ritenuto oggetto di attacchi politici da parte di avversari di Biden, inclusi i legami con figure come Rudy Giuliani e altri attori politici repubblicani.

Un altro nome che spicca è quello di John Bolton, che ha ricoperto il ruolo di Consigliere per la Sicurezza Nazionale dal 2018 al 2019. Durante il suo mandato, Bolton è stato testimone di eventi cruciali che hanno riguardato l'Ucraina, tra cui le pressioni esercitate su Kiev da parte dell'amministrazione Trump per indagare sui Biden. In parallelo, personaggi come Andriy Bohdan, capo dell'amministrazione presidenziale ucraina, e Yuriy Lutsenko, procuratore generale dell'Ucraina fino al 2019, sono stati coinvolti nelle manovre politiche e diplomatiche che hanno avuto come obiettivo l'indagine sulle azioni di Joe Biden in Ucraina. La pressione internazionale si è intensificata quando si è parlato di corruzione e della gestione delle risorse naturali, con la compagnia Naftogaz e il coinvolgimento di personaggi come Amos Hochstein, membro del consiglio di sorveglianza della compagnia ucraina.

L’operato di figure come Michael Pompeo, segretario di Stato dal 2018 al 2021, ha avuto un ruolo decisivo nel sostenere o nel neutralizzare l'influenza dell'Ucraina sulle politiche estere degli Stati Uniti. La diplomazia americana si è fatta sempre più complessa con la presenza di attori del calibro di Fiona Hill, senior director per gli affari europei e russi, e Gordon Sondland, ambasciatore degli Stati Uniti presso l'Unione Europea, che hanno fornito testimonianze importanti riguardo alle pressioni sul governo ucraino e alla gestione della crisi.

Tuttavia, non solo gli ufficiali e gli ambasciatori sono stati coinvolti in queste dinamiche. Personaggi come Lev Parnas e Igor Fruman, stretti collaboratori di Giuliani, sono stati accusati di cercare di ottenere informazioni compromettenti sui Biden attraverso canali ucraini, sollevando dubbi sulla legittimità e sugli scopi delle loro azioni. Questi individui hanno fatto da intermediari tra la diplomazia ufficiale e le manovre politiche non ufficiali, alimentando sospetti e teorie del complotto, come quelle che riguardano la compagnia di cybersecurity CrowdStrike e il presunto coinvolgimento della Russia nel sabotaggio delle elezioni presidenziali americane del 2016.

Le tensioni politiche non si limitano ai confini degli Stati Uniti e dell'Ucraina. La figura di Vladimir Putin e la sua influenza sulla politica ucraina, nonché la presenza della Russia nel conflitto tra Kiev e Mosca, hanno giocato un ruolo cruciale nelle decisioni internazionali. La posizione del Congresso, con senatori come Ron Johnson e Robert Portman, ha spesso interagito con le priorità della Casa Bianca, creando un delicato equilibrio tra politica interna e strategie estere.

Sebbene la narrazione pubblica e mediatica abbia spesso ridotto il conflitto a un gioco di potere tra Donald Trump e Joe Biden, la questione ucraina è più complessa di quanto appaia inizialmente. Le connessioni tra il governo ucraino, la politica estera degli Stati Uniti e gli attori privati non si esauriscono con le figure politiche sopra menzionate. Esiste una rete più ampia di diplomati, giuristi e tecnici che hanno avuto un impatto significativo sugli sviluppi di questa vicenda. Il ruolo di consulenti come Joseph diGenova e John Eisenberg, che hanno assistito nel raccogliere e manipolare informazioni, è un altro esempio di come la politica estera sia stata intrecciata con dinamiche legali e personali, dove il confine tra interessi nazionali e privati si fa spesso labile.

In questo contesto, l'importanza di comprendere la complessità delle relazioni internazionali, le alleanze politiche e gli equilibri geopolitici non può essere sottovalutata. Ogni figura coinvolta non solo ha un impatto sul piano politico immediato, ma anche sulle percezioni internazionali di come gli Stati Uniti gestiscono la loro influenza nel mondo, in particolare in Europa e nell'ex spazio sovietico.

Come e perché il congelamento degli aiuti militari all’Ucraina ha sollevato questioni legali e politiche negli Stati Uniti

Nel corso dell’estate del 2019, all’interno dell’Ufficio di Gestione e Bilancio (OMB) si sviluppò un acceso dibattito riguardo al blocco dei fondi destinati all’assistenza militare all’Ucraina. Già il 7 agosto, le divisioni di Sicurezza Nazionale, Affari Internazionali e l’Ufficio del Consiglio Legale di OMB prepararono un memorandum destinato all’allora direttore ad interim Vought, anticipando una discussione ai massimi livelli. La Divisione Sicurezza Nazionale raccomandava la rimozione del blocco, sottolineando che l’assistenza era coerente con la strategia di sicurezza nazionale, mirava a sostenere una Europa stabile e pacifica, contrastava l’aggressione russa e godeva di sostegno bipartisan nel Congresso. Questi argomenti furono approvati da Mr. Duffey, che condivise la raccomandazione politica.

Tuttavia, a metà agosto il Dipartimento della Difesa (DOD) sollevò perplessità riguardo alla capacità di obbligare pienamente i fondi amministrati entro la fine dell’anno fiscale. La Defense Security Cooperation Agency stimò che circa 100 milioni di dollari rischiavano di non essere impegnati in tempo. Questo spinse il DOD a ritrattare il proprio supporto all’affermazione di OMB secondo cui la breve sospensione non avrebbe impedito una tempestiva esecuzione della politica finale, in conformità con l’Impoundment Control Act, una legge che regola il trattenimento dei fondi approvati dal Congresso. Di conseguenza, tutte le note successive di OMB rilasciate durante la sospensione — approvate da Mr. Duffey fra il 20 agosto e il 10 settembre — eliminarono tale affermazione, estendendo il blocco per periodi brevi, da due a sei giorni.

Il personale di OMB, incluso Mr. Sandy, espresse continue preoccupazioni circa le implicazioni legali di questa condotta, consigliando una consultazione rigorosa con l’Ufficio del Consiglio Legale su ogni nota emessa. Pur ricevendo il supporto formale di quest’ultimo, Mr. Sandy sottolineò l’esistenza di opinioni dissenzienti all’interno dello stesso ufficio, riflesso della complessità e della delicatezza della questione. La controversia etica e legale spinse almeno due funzionari di OMB, compreso un avvocato del Consiglio Legale, a dimettersi, evidenziando la tensione interna e il dissenso sulla gestione del blocco.

Nonostante ciò, sotto la direzione del Presidente, il blocco proseguì fino all’11 settembre. Tentativi di convincere il Presidente Trump a rilasciare i fondi fallirono durante tutto agosto, anche dopo incontri e memorandum che raccomandavano la revoca della sospensione. La difficoltà nel coordinare una riunione con tutti i principali responsabili contribuì al ritardo, così come il mancato viaggio in Polonia del Presidente, previsto per inizio settembre.

Nel frattempo, le autorità ucraine vennero a conoscenza del blocco già da luglio, prima della sua pubblica divulgazione il 28 agosto 2019. La loro diplomazia si rivelò efficace, tanto che due funzionari dell’ambasciata ucraina a Washington si informarono in modo riservato con Ms. Croft di OMB. Essi temevano che la diffusione pubblica della notizia avrebbe segnalato un’inversione della politica statunitense e una riduzione del sostegno all’Ucraina, con ripercussioni significative sul piano diplomatico. Anche il Dipartimento della Difesa ricevette interrogativi sull’assistenza militare, proprio nel giorno della conversazione telefonica tra Trump e Zelensky, il 25 luglio.

Le comunicazioni interne e con l’ambasciata evidenziarono una situazione complessa, caratterizzata da incertezze sulle direttive e da una comunicazione frammentata tra le agenzie coinvolte. Nonostante il blocco fosse noto e discusso in più sedi, la sua gestione normativa sollevò questioni fondamentali sul ruolo e sui limiti delle autorità esecutive nell’impedire la spesa dei fondi approvati dal Congresso, come stabilito dall’Impoundment Control Act. Inoltre, la vicenda mise in luce i delicati equilibri tra sicurezza nazionale, politiche interne e relazioni internazionali, sottolineando come decisioni finanziarie possano avere conseguenze politiche e diplomatiche di vasta portata.

È importante comprendere che questa vicenda non si limita a una semplice disputa amministrativa o a un contrasto politico, ma incarna un caso esemplare delle tensioni tra i poteri esecutivo e legislativo in un sistema democratico. La gestione dei fondi per la sicurezza estera è un tema critico che coinvolge non solo la legittimità costituzionale, ma anche la fiducia internazionale e la stabilità geopolitica. La decisione di trattenere aiuti a uno Stato alleato in un momento di conflitto attivo ha implicazioni che vanno ben oltre la mera contabilità di bilancio, coinvolgendo considerazioni strategiche, morali e legali di primaria importanza.