Il primo anno a Cambridge è un periodo di adattamento intenso, dove ogni nuova esperienza contribuisce a formare la propria identità universitaria. L'orario delle lezioni, come avviene tipicamente in questa università, non è mai rigidamente fissato. Le lezioni iniziano, infatti, cinque minuti dopo l'orario previsto e si concludono cinque minuti prima, lasciando il tempo necessario agli studenti e ai docenti per spostarsi da un’aula all'altra. Questo piccolo ma significativo dettaglio riflette una parte importante della vita accademica a Cambridge: la flessibilità e il rispetto per le esigenze pratiche di chi partecipa al ritmo frenetico della vita universitaria.

Dopo le lezioni, solitamente si pranza presso il college, a meno che non vi siano supervisioni nel pomeriggio. La gestione del tempo è essenziale, ed è fondamentale trovare il giusto equilibrio tra lo studio e il resto della vita quotidiana. La cena è spesso fornita dalla padrona di casa, tranne nelle serate in cui si cena nella "Hall", ovvero la sala da pranzo del college, un altro punto di incontro per studenti e docenti.

Uno degli aspetti cruciali all'arrivo è la registrazione presso un medico di base (GP), una formalità necessaria per poter accedere ai servizi sanitari. All'epoca, il National Health Service (NHS) nel Regno Unito era di ottima qualità, ma per poter consultare specialisti o accedere ai servizi ospedalieri era necessario passare prima attraverso il GP. La scelta di un medico locale è un passo fondamentale per sentirsi a casa in una nuova città, e nel caso di Chitre, l’indirizzo del dottor H.F. Apthorpe-Webb si rivelò una scelta fortunata. La famiglia Apthorpe-Webb si dimostrò molto accogliente e calorosa, offrendo a Chitre e al suo compagno un contatto amichevole in un paese straniero.

Simile è l’esperienza con Mr. E. Cunningham, un matematico di fama che aveva insegnato a menti brillanti come Paul Dirac e Fred Hoyle. L'incontro con lui e sua moglie fu caratterizzato da un’atmosfera di grande cordialità e affetto, che fece sentire come se fosse stato fatto un passo verso una seconda casa. Le esperienze come queste, in cui si è accolti calorosamente da sconosciuti, rappresentano uno degli aspetti che rendono unica la vita a Cambridge: il modo in cui, pur essendo lontani dalla famiglia, si possono trovare persone disposte a offrire il proprio sostegno.

L’adattamento alla vita universitaria non è privo di momenti di solitudine o nostalgia, specialmente nei giorni festivi come Diwali o nei compleanni di famiglia, quando la distanza sembra più tangibile. Nonostante ciò, le visite occasionali di conoscenti o amici di famiglia che passano per Cambridge sono momenti che alleggeriscono il peso della lontananza. Un esempio tipico di questi gesti affettuosi è rappresentato dai pacchi di cibo che arrivano da casa: il cibo indiano, all'epoca relativamente raro in Inghilterra, rappresentava un vero e proprio lusso che contribuiva a mitigare la nostalgia.

Il termine Michaelmas, che dura solo otto settimane, si conclude il 19 dicembre, ma la durata effettiva del periodo accademico, il Full Term, continua fino al 6 dicembre. Questo gioco di parole e definizioni particolari è solo uno degli aspetti singolari dell’organizzazione accademica di Cambridge. La frequenza di due corsi per sostenere due esami nel primo anno comporta un carico di studio intenso, ma la soddisfazione di portare avanti il programma e di completare il proprio primo termine è una grande soddisfazione.

Una tradizione annuale che segna questo periodo è il Poppy Day, che ricorda le vittime delle due guerre mondiali. Gli studenti partecipano a una raccolta di fondi per i veterani di guerra, impegnandosi in diverse attività di intrattenimento e spettacoli per la cittadinanza. È un giorno in cui la città e l’università si uniscono per una causa comune. In particolare, le competizioni di "ragging" (gag per raccogliere fondi) sono famose per la loro eccentricità, come il famoso “scontro di punt” sui canali, che crea un’atmosfera vivace e insolita, completamente diversa dalla cerimonia di Guy Fawkes, che invece ha una connotazione più di protesta.

In questo periodo, il legame con la propria famiglia viene alimentato anche da piccoli gesti, come l’invio di pacchi da casa. In particolare, Chitre e l’autore, spesso si incontrano per condividere cibo tipico indiano che ricevono tramite posta, creando una sorta di scambio culturale che va oltre le parole, facendo sentire più vicini coloro che sono lontani.

Una delle formalità più importanti da adempiere per gli studenti neolaureati è la cerimonia di matricolazione, un momento solenne che rappresenta l’ingresso ufficiale dell’allievo nell’università. La cerimonia prevede che gli studenti si presentino al Vice Cancelliere in una processione ufficiale, vestiti con abiti scuri, cravatte e mantelli, mentre la presentazione avviene in latino, seguendo una tradizione antica che simboleggia l'ingresso in una comunità accademica prestigiosa.

Concludendo, il primo anno a Cambridge è un viaggio attraverso nuove esperienze, sfide quotidiane e incontri significativi che arricchiscono la vita di ogni studente. La capacità di adattarsi a un ambiente diverso, il supporto che si trova nei momenti più inaspettati e la consapevolezza che ogni giorno contribuisce alla propria crescita personale, sono gli elementi che rendono unica e memorabile questa fase della vita universitaria.

Come Cambridge e la Vita Universitaria Modificarono la Mia Prospettiva

Durante la mia esperienza a Cambridge, uno degli aspetti che più mi colpì fu la capacità di misurarsi con sfide straordinarie, purtroppo tanto difficili quanto necessarie per la crescita. Quando ricevetti la notizia del mio eccellente risultato agli esami di Part I, il sentimento di orgoglio personale fu unito al piacere di sapere che la fatica, l’impegno e la costanza avevano portato i frutti sperati. Le congratulazioni giunsero non solo dai miei genitori e dal professor Walters, ma anche da numerosi membri della comunità accademica, che avevano seguito il mio percorso con attenzione. La notizia del mio risultato si diffuse rapidamente, mostrando che gli altri avevano riposto fiducia nel mio impegno, e che quello che per molti sembrava un obiettivo lontano, per me si stava concretizzando.

Il mio percorso accademico a Cambridge non si limitò però al solo studio. La vita universitaria era anche sinonimo di tradizioni secolari, eventi celebrativi e, naturalmente, una certa dose di svago. Giugno a Cambridge è il mese della "May Week", un periodo di feste che si svolgevano nei vari college, culminando nelle "May Balls", balli notturni che richiamavano studenti da tutta l’università. La vivacità di quei giorni contrastava nettamente con la concentrazione necessaria durante l’esame, creando un equilibrio che rendeva il periodo post-esame un'esperienza unica. La “May Week” non è, come suggerirebbe il nome, una sola settimana di maggio, ma piuttosto una celebrazione che si svolgeva su due settimane di giugno. In un clima di euforia, tutti cercavano di godere dei momenti di libertà, come l’indimenticabile esperienza di fare una gita in barca fino a Grantchester per una colazione all’alba.

Un altro evento che caratterizzava la vita di Cambridge era la "May Races", una competizione tra barche che non si svolgeva su percorsi paralleli, ma con una vera e propria “caccia” tra le imbarcazioni. Le barche si inseguivano lungo il fiume Cam, molto più stretto del Tamigi, e il fine era quello di “urto” o “bump” con la barca che precedeva. Questo gioco di posizione richiedeva destrezza, strategia e una buona dose di allenamento, proprio come ogni altro aspetto della vita universitaria. La mentalità di competizione, di riscatto e di crescita era pervasiva: sebbene la posizione finale fosse determinata dalla partenza dell'anno precedente, non c'era mai un limite alla perseveranza e alla voglia di migliorare.

In parallelo a queste tradizioni sportive e sociali, uno degli aspetti più simbolici di Cambridge è la sua connessione storica con il passato. Insieme ad altri studenti e accademici, ebbi il privilegio di visitare St John's College, dove avevano studiato i genitori di due amici che mi fecero conoscere il fascino di Cambridge oltre i suoi muri. La visita a quella che era stata la residenza di Sir R.P. Paranjpye, il primo Senior Wrangler indiano, mi colpì profondamente. Sentire parlare di una continuità di esperienze accademiche, legate da un filo invisibile che univa le generazioni, mi fece capire quanto fosse importante non solo l'apprendimento, ma anche il senso di comunità che la storicità di queste istituzioni accademiche portava con sé.

Nel frattempo, tra una celebrazione e una gara, la vita quotidiana a Cambridge continuava. Il mese di giugno si faceva spazio a eventi e opportunità che andavano ben oltre i libri. Ricordo con piacere il pranzo estivo a casa dei Williams, una famiglia che ci accolse con calore, dove il piatto forte erano le fragole con panna, un dessert simbolo della stagione. La bellezza dei giardini circostanti, con piante e fiori in fiore, rendeva quell'esperienza ancora più speciale.

Cambridge, quindi, non si limitava ad essere un centro di eccellenza accademica, ma anche un luogo dove si potevano intrecciare esperienze che arricchivano la persona nel suo insieme. La competizione accademica non si fermava ai risultati, ma passava attraverso le esperienze di vita, le tradizioni, i rapporti interpersonali e, naturalmente, le prove fisiche come il punting, che richiedevano non solo abilità ma anche coraggio nel mettersi alla prova in un ambiente che poteva sembrare ostile per chi non fosse avvezzo all’acqua.

Anche al di fuori del contesto stretto della "Cambridge Experience", i contatti con la storia e la cultura inglese erano fondamentali. Durante una gita a Stratford-upon-Avon, il luogo di nascita di William Shakespeare, mi resi conto di quanto le radici storiche fossero vive e tangibili. La conservazione della memoria culturale, la possibilità di calarsi in un passato che non sembrava mai troppo distante, era qualcosa che a volte mancava in India, dove il patrimonio veniva troppo spesso solo celebrato senza uno sforzo concreto di preservarlo.

In effetti, anche il "trasporto" in una città come Cambridge non era privo di significato. La bicicletta, oggetto di necessità per gli studenti, divenne uno degli strumenti che mi permettevano di navigare senza difficoltà tra le strade acciottolate e i giardini verdi di Cambridge. La semplicità di un mezzo di trasporto, come la bicicletta comprata da una signora del quartiere, rispecchiava quel senso di adattamento che ogni studente doveva coltivare per integrarsi nella vita di città.

La vita universitaria, così, non si limitava agli studi, ma offriva un ampio spettro di esperienze che rendevano ogni momento significativo. L'arte di affrontare le difficoltà, di superare le sfide e di godere delle opportunità era ciò che, in fondo, rendeva Cambridge un luogo speciale.

Come la visibilità internazionale ha cambiato il mio rapporto con l'India durante il mio tour di conferenze

Nel febbraio del 1965, ricevetti una notizia che, pur non essendo del tutto sorprendente, si rivelò particolarmente significativa per il mio viaggio in India: il governo indiano mi aveva selezionato per conferirmi il Padmabhushan, uno dei più alti riconoscimenti civili del paese. Questa onorificenza, che mi fu comunicata ufficialmente dal Governo di Nuova Delhi, non solo segnava un punto importante nel mio percorso professionale, ma anche una tappa fondamentale nel mio rapporto con l'India. Il mio viaggio iniziò il 1° febbraio con un volo Air India, giungendo a Delhi dove fui accolto da un gruppo di amici e da una rappresentanza del governo, con un calore che non avevo mai sperimentato prima.

A Delhi, fui sistemato nell'hotel a cinque stelle Ashok, anche se la mia famiglia risiedeva al Rajasthan House. L’arrivo a Delhi segnò l'inizio di un intenso programma di incontri, conferenze e celebrazioni, ma fu anche l’occasione per osservare come l'India, e in particolare la sua élite intellettuale, mi vedessero in una nuova luce. Già dalla prima mattina, la città mi accoglieva con una serie di impegni, come un pranzo a casa del direttore dell'ICCR, seguito da incontri con i media. La stampa non tardò a rendere noto il mio arrivo, e le prime interviste cominciarono ad arrivare già nei giorni successivi.

Dopo aver trascorso alcuni giorni a Delhi, il tour mi portò ad Ajmer, dove avevo già vissuto un’esperienza simile nel 1960. Nonostante l'atmosfera informale della mia visita, fui accolto con grande affetto, un affetto che derivava non solo dal riconoscimento professionale, ma anche dal legame di lunga data della mia famiglia con la regione. La visita si rivelò anche un'opportunità per approfondire la conoscenza delle diverse comunità che compongono il panorama culturale indiano, come la comunità marathi di Ajmer, che si sentiva particolarmente orgogliosa del mio successo. Qui, in particolare, un incontro con i membri del Maharashtra Mandal mi offrì una prospettiva interessante su come i concittadini lontani percepivano le loro radici in un contesto globale.

Durante il mio soggiorno a Ajmer, tenni una conferenza in un'istituzione governativa che attirò un pubblico molto variegato. La sorpresa più grande fu la risposta del pubblico. Nonostante avessi preparato il mio intervento pensando a un pubblico di studenti universitari occidentali, l'affluenza di ascoltatori mi spinse a modificare il tono e la complessità della mia presentazione, adattandola al contesto. Questo processo di adattamento sarebbe divenuto un tema ricorrente in tutte le mie conferenze durante il tour: l’equilibrio tra la fedeltà ai miei contenuti e la necessità di rispondere alle aspettative di un pubblico che, pur essendo molto competente, possedeva esperienze e riferimenti culturali diversi.

Al mio ritorno a Delhi, la visita assunse una nuova dimensione. Gli incontri con il primo ministro Lal Bahadur Shastri e il ministro dell'istruzione M.C. Chhagla mi fecero comprendere quanto il mio lavoro e il mio impegno fossero apprezzati ai più alti livelli del governo. La promessa di supporto da parte di Shastri, che mi assicurava la possibilità di tornare in India e continuare il mio lavoro in un ambiente favorevole, rappresentò per me un segno tangibile di fiducia nel mio futuro accademico. La conversazione con il presidente Radhakrishnan fu altrettanto significativa. Il suo interesse per la mia carriera e il suo gesto di donarmi una copia firmata della Bhagavadgita, con il suo commento, restano tra i momenti più significativi di questa visita. La sua figura rappresentava un simbolo di saggezza e sostegno che mi ha accompagnato negli anni a venire.

Nel corso del mio tour, che mi avrebbe portato a visitare diverse città, come Ahmedabad, Bombay, Hyderabad, Bangalore, Madras e Calcutta, mi accorsi di come l'India stesse cambiando rapidamente, di come la sua modernizzazione stesse modificando anche il suo panorama intellettuale. Le conferenze, pur trattando temi scientifici e accademici, divennero un’opportunità per riflettere insieme a un pubblico attento sulle sfide e sulle opportunità che l’India stava affrontando in quel periodo storico. In ogni città, l’interesse per il mio lavoro e per le tematiche che trattavo cresceva esponenzialmente, e mi rendevo conto che questo non era solo un riconoscimento per il mio impegno individuale, ma per una più ampia comunità di studiosi e ricercatori indiani, che stava lentamente guadagnando visibilità sulla scena mondiale.

Nel complesso, il viaggio che intrapresi in India nel 1965 fu molto più che una serie di conferenze accademiche: fu una vera e propria immersione nel cuore pulsante di un paese in trasformazione. Ogni città che visitavo, ogni incontro che tenevo, mi offriva una nuova prospettiva, non solo sul mio lavoro, ma sul paese che avevo sempre considerato casa. Quella visita segnò, dunque, l’inizio di un nuovo capitolo nel mio rapporto con l’India, un capitolo che sarebbe proseguito negli anni a venire con una rinnovata consapevolezza del potenziale di collaborazione e scambio tra le due culture.

Come affrontare il riconoscimento pubblico e l'impatto di un tour nazionale

Durante il mio tour in India, che ha incluso diverse città e università, mi sono trovato spesso al centro di una grande attenzione e affetto da parte della gente, un'esperienza che, seppur gratificante, mi ha fatto riflettere su ciò che veramente rappresenta l'onore pubblico e come si gestisce il peso delle aspettative. La mia visita è stata in gran parte caratterizzata dall’incredibile ospitalità che ho ricevuto, ma anche dalla sensazione di essere più un simbolo che una persona reale per molte delle persone che mi hanno accolto.

Fin dal mio arrivo a Delhi, dove avevo un programma relativamente leggero, avevo già pianificato di evitare eventi pubblici. Tuttavia, la mia esperienza a Jaipur e a Pune ha avuto un impatto significativo su di me. Nonostante fossi mentalmente esausto, la calda accoglienza che mi è stata riservata mi ha fatto capire quanto il pubblico si sentisse coinvolto nella mia figura e, in qualche modo, nel legame che avevano con la mia famiglia, e in particolare con mio padre. A Delhi, seppur invitato a parlare in una università e partecipare a cene ufficiali, ho trovato momenti di pace grazie a visite più intime con amici e una breve escursione ad Agra.

Ma è a Pune che ho sperimentato la vera "folla" di cui si parlava tanto. Quando il treno ha fatto la sua fermata alla stazione di Pune, la scena che mi si è presentata è stata impressionante: il marciapiede, stracolmo di persone che erano venute ad accogliermi, era completamente sopraffatto. La mia permanenza con Vasantmama nell’ambiente tranquillo del campus universitario mi ha permesso di trovare una certa serenità, anche se gli impegni accademici e gli inviti non si sono mai fermati. Mi hanno invitato a tenere due conferenze all'università e nelle scuole cittadine, eventi che mi hanno coinvolto ulteriormente con un pubblico che sembrava non volere altro che un momento di contatto diretto con me.

La visita a Simhagad è stata particolarmente memorabile: un villaggio ai piedi del forte si fermò a salutarmi, un atto semplice ma carico di significato. Nonostante molti di quei villaggi non avessero avuto accesso a una formazione formale, il loro desiderio di onorarmi mi ha fatto riflettere sull’importanza di riconoscere non solo i successi accademici, ma anche l’essenza della nostra umanità che può essere apprezzata anche da chi vive lontano dalle grandi città e dalla cultura accademica.

Quando, infine, ho dovuto affrontare il ricevimento civico a Pune, mi sono trovato a pensare: cosa avevo fatto per meritare tutto questo? La mia mente continuava a ripetersi che stavo ricevendo un riconoscimento che non corrispondeva necessariamente alla realtà dei miei risultati. Avevo semplicemente fatto il mio lavoro con passione e impegno, ma non ero certo paragonabile a figure come Newton o Einstein. Nonostante questo, non potevo ignorare l'affetto e il rispetto che mi venivano mostrati, segno del legame che la mia famiglia aveva stabilito nel corso degli anni.

Questa esperienza mi ha insegnato una lezione fondamentale: l’importanza di mantenere la propria umiltà di fronte ai riconoscimenti e di non lasciarsi sopraffare dal peso della fama. Mi sono trovato più volte a riflettere sul mio ruolo come scienziato e sull’impatto che la figura pubblica di una persona può avere su chi la circonda. Ogni saluto, ogni parola di apprezzamento, pur essendo benintenzionata, portava con sé un messaggio che andava oltre il singolo evento o conferenza.

In ultima analisi, l'esperienza di un tour così intenso non riguarda solo la ricezione di onori pubblici, ma anche la consapevolezza di come l'impegno personale possa avere ripercussioni ben al di là dei propri confini immediati. Ogni incontro, ogni discorso, ha il potere di lasciare un’impronta indelebile, non solo nei cuori di coloro che ci ascoltano, ma anche nei nostri, costringendoci a rivedere costantemente il nostro posto nel mondo.