I tumori della sella, in particolare quelli che coinvolgono la neuroipofisi e la via del peduncolo ipofisario, rappresentano una sfida per i medici a causa della loro rarità e delle difficoltà diagnostiche e terapeutiche. Tra i tumori più comuni della neuroipofisi ci sono i tumori a cellule granulari, che costituiscono la maggior parte delle neoplasie primarie della neuroipofisi e del peduncolo ipofisario. Questi tumori, che colpiscono principalmente le donne nella quarta e quinta decade di vita, sono relativamente rari, con meno di venti casi documentati nella letteratura. I tumori granulari sono composti da grandi cellule poligonali con citoplasma granulari eosinofili e nucleo centrale, presentando caratteristiche immunoistochimiche specifiche, come l'espressione nucleare diffusa del fattore di trascrizione della tiroide TTF-1.
I tumori della neuroipofisi, nonostante la loro natura benigna, sono associati a complicazioni significative come il diabete insipido, che si verifica nel 60-70% dei casi. La resezione radicale di questi tumori è rara, con un tasso di resezione totale riportato solo nel 50% dei casi. Questo risultato è spesso ostacolato dalla consistenza e dalla natura vascolare dei tumori, che possono causare sanguinamenti intraoperatori significativi. In casi in cui l'approccio transsfenoidale fallisce o non è praticabile, si preferisce l'approccio transcranico, sebbene l'esito rimanga incerto, soprattutto per tumori recidivanti. Sebbene la radioterapia adiuvante possa essere utilizzata per tumori residui o recidivanti, la sua efficacia non è ancora completamente definita.
Un altro tipo di tumore raro della neuroipofisi è il pituicitoma, un astrocitoma della neuroipofisi che colpisce prevalentemente gli adulti. Questo tumore è molto raro e solo pochi casi sono stati riportati nella letteratura medica. I pituicitomi sono caratterizzati da cellule bipolari con nuclei allungati e sono considerati tumori di grado I secondo la classificazione WHO del 2017. La resezione di pituicitomi può essere parziale, con recidive che si verificano in circa il 40% dei casi dopo intervento chirurgico. La radioterapia può migliorare la sopravvivenza a lungo termine in caso di tumori recidivanti, con una sopravvivenza libera da progressione del 90% a cinque anni nei casi trattati con radioterapia adiuvante.
I tumori della regione sella non limitano il loro impatto alla sola ipofisi, ma possono estendersi lungo il peduncolo ipofisario e colpire anche altre strutture adiacenti. Le metastasi alla regione sella, sebbene rare, rappresentano circa l'1% dei tumori trattati chirurgicamente per malattie della sella, ma la loro prevalenza nelle serie autoptiche può arrivare fino al 27% nei pazienti oncologici. Le metastasi più comuni che coinvolgono la sella provengono da tumori del seno (37,2%), del polmone (24,2%), della prostata (5,2%) e dei reni (4,9%). Le metastasi ipofisarie sono in genere tumori maligni e presentano una vascolarizzazione aumentata che favorisce il seme ematogeno. Le metastasi della neuroipofisi colpiscono la regione posteriore dell'ipofisi due volte più frequentemente rispetto alla parte anteriore.
Le caratteristiche radiologiche dei tumori della sella possono essere simili a quelle degli adenomi ipofisari, ma vi sono alcune differenze importanti. Ad esempio, i tumori della neuroipofisi tendono a non mostrare il "punto luminoso" della ghiandola posteriore dell'ipofisi nelle immagini di risonanza magnetica, a causa della loro origine nella neuroipofisi o nel peduncolo ipofisario. Inoltre, la distensione dei nervi ottici e/o del chiasma ottico può essere un segno diagnostico di tumori maligni come i gliomi, che sono spesso associati a deficit visivi.
Inoltre, la terapia per i tumori della regione sella dipende fortemente dalle caratteristiche specifiche del tumore e dallo stato clinico del paziente. I gliomi della regione sella, che possono colpire la via ottica, sono spesso trattati inizialmente con un approccio conservativo. In caso di progressione, il trattamento chirurgico può includere resezioni parziali o biopsie per confermare la diagnosi. La radioterapia è frequentemente utilizzata per ridurre la massa tumorale residua, ma la prognosi per i pazienti con metastasi alla sella rimane generalmente sfavorevole. In effetti, il tempo medio di sopravvivenza dopo l'insorgenza della metastasi ipofisaria è di circa 11,8 mesi, con un tasso di sopravvivenza variabile a seconda del tipo di tumore primario.
Un aspetto critico per i clinici è la necessità di considerare la diagnosi differenziale dei tumori della sella, inclusa la possibilità di metastasi. In pazienti con tumori noti a distanza, la presenza di lesioni sellari deve essere investigata con attenzione, soprattutto se i sintomi includono disturbi visivi, cefalea, nausea o dolore retro-orbitale. Inoltre, l'imaging avanzato come la risonanza magnetica e la tomografia computerizzata possono essere determinanti per la diagnosi precoce e la pianificazione del trattamento.
Quali sono le patologie orbitali più comuni e come vengono gestite chirurgicamente?
Le lesioni orbitali (LO) sono un ampio gruppo di patologie che si sviluppano nell'orbita o che ne coinvolgono la regione, sia a livello primario, come tumori che originano direttamente dalla struttura orbitale, sia secondario, a causa di malattie provenienti da altre aree, come il cervello o i seni paranasali. La loro classificazione si basa sulla posizione anatomica all’interno dell’orbita, che può essere intraconale, extraconale o oculare. La gestione chirurgica delle LO è strettamente dipendente dalla localizzazione, dall'estensione e dalle caratteristiche biologiche della lesione stessa.
Le lesioni orbitali possono variare da formazioni benigne non tumorali a tumori maligni aggressivi. Le più comuni patologie orbitali benigne sono i cavernomi orbitali e i cisti dermoidi, mentre i linfomi non-Hodgkin rappresentano i tumori maligni più frequenti. Un altro esempio di patologie orbitali rare ma significative sono i tumori della guaina del nervo periferico, che si sviluppano principalmente nelle radici nervose dell'orbita e sono generalmente associati alla neurofibromatosi di tipo 1.
La diagnosi differenziale delle lesioni orbitali richiede un accurato esame clinico e radiologico. La tomografia computerizzata (TC) e la risonanza magnetica (RM) sono fondamentali per identificare la natura della lesione e determinarne la localizzazione. L'aspetto radiologico può variare: i cavernomi orbitali, ad esempio, possono apparire come lesioni ben definite con bordi regolari, mentre le neoplasie maligne come i sarcomi possono mostrare segni di invasione ossea e di estensione ai tessuti circostanti.
La chirurgia resta il trattamento principale per molte di queste patologie. Tuttavia, l'approccio chirurgico dipende da fattori come la posizione del tumore, le sue dimensioni e la sua relazione con le strutture circostanti, come il nervo ottico e i muscoli extraoculari. In alcuni casi, il trattamento può richiedere una strategia multidisciplinare che coinvolge non solo neurochirurghi e oculisti, ma anche oncologi e specialisti in radioterapia. Per esempio, i tumori maligni della guaina nervosa (MPNST) vengono trattati con resezione chirurgica aggressiva, seguita da trattamenti adiuvanti come la radioterapia o la radiosurgery con il Gamma Knife.
Le lesioni vascolari come gli emangiomi cavernosi e le malformazioni artero-venose (AVM) sono altre condizioni che possono richiedere un intervento chirurgico. Gli emangiomi cavernosi orbitali sono solitamente lesioni benigne, ma se crescono e causano sintomi come proptosi (sporgenza dell’occhio), dolore o perdita della vista, è necessaria una resezione chirurgica. Le malformazioni artero-venose, invece, sono trattate generalmente con embolizzazione endovascolare o resezione chirurgica per rimuovere il nido della lesione e prevenire emorragie o altre complicanze.
Tra le patologie più complesse da trattare, vi sono i tumori maligni che coinvolgono strutture come il nervo ottico, che richiedono un approccio estremamente delicato. La resezione completa (resezione totale grossolana, GTR) è spesso necessaria, ma la protezione della funzione visiva è altrettanto importante. Nei casi di tumori di difficile resezione, come i MPNST che tendono a metastatizzare, il trattamento chirurgico deve essere esteso per garantire margini liberi di malattia, e in alcuni casi, l’exenterazione orbitale può diventare la scelta terapeutica.
Un aspetto importante da considerare durante la gestione di queste lesioni è il monitoraggio post-operatorio. Le recidive sono comuni, in particolare per le lesioni maligne come i MPNST, e il trattamento adiuvante con la radioterapia, compreso l’uso del Gamma Knife, è spesso utilizzato per ridurre la probabilità di recidiva o progressione.
In conclusione, la comprensione delle diverse tipologie di lesioni orbitali e la loro gestione chirurgica è fondamentale per offrire al paziente un trattamento adeguato e tempestivo. La multidisciplinarietà del trattamento, che coinvolge vari specialisti, è cruciale per ottimizzare i risultati terapeutici e per la protezione della funzione visiva, spesso compromessa da questi tumori. L’accuratezza nella diagnosi e la scelta del trattamento migliore in base alle caratteristiche della lesione, alla sua posizione e alla sua natura biologica, sono determinanti per un esito favorevole.
Quali sono le funzioni del settimo nervo cranico e come influenzano la chirurgia dei meningiomi petroclivali?
Il settimo nervo cranico, noto anche come nervo facciale, svolge un ruolo fondamentale nella motricità dei muscoli facciali e nelle percezioni sensoriali di alcune aree della lingua e del palato. La sua funzione è di vitale importanza per l'espressione facciale, la masticazione, il gusto e anche l'udito, poiché è coinvolto nei meccanismi di percezione uditiva del nervo cocleare. Quando si affrontano patologie come i meningiomi petroclivali, che spesso coinvolgono questa regione anatomica complessa, le implicazioni per il settimo nervo cranico possono essere gravi. La sua lesione o compromissione durante l'intervento chirurgico può determinare disabilità permanenti, come la paralisi facciale, che richiede un'attenta valutazione e strategia terapeutica.
I meningiomi petroclivali sono tumori rari che si sviluppano vicino al clivo, una parte ossea del cranio che si trova alla base del cervello. Questi tumori si sviluppano in una zona strettamente legata a strutture vitali, come il tronco encefalico e i nervi cranici, inclusi il settimo e l'ottavo nervo cranico, che governano rispettivamente i muscoli facciali e l'udito. La loro localizzazione profonda rende la resezione chirurgica una sfida significativa, poiché i chirurghi devono bilanciare l'esigenza di rimuovere il tumore con la necessità di preservare le funzioni neurologiche vitali.
La resezione chirurgica di un meningioma petroclivale può avvenire attraverso diverse vie di accesso. Una delle tecniche più comuni è l’approccio retro-sigmoideo, che consente ai chirurghi di avvicinarsi al tumore evitando le strutture vitali ma aumentando il rischio di danneggiare il settimo nervo cranico. Una resezione subtotale, in cui il tumore non viene completamente rimosso, potrebbe essere preferibile in caso di rischio elevato di danno nervoso. In alcuni casi, si opta per trattamenti complementari come la radiosurgia con Gamma Knife, che mira a ridurre la massa tumorale senza un intervento chirurgico invasivo.
Le immagini diagnostiche, in particolare le risonanze magnetiche (RM), sono cruciali per la pianificazione dell'intervento chirurgico. Le immagini contrastate, in particolare quelle pesate in T1, possono mostrare chiaramente la posizione e l'estensione del tumore, aiutando a definire l'approccio migliore. Nel caso di resezione subtotale, le scansioni post-operatorie vengono regolarmente monitorate per rilevare eventuali segni di recidiva o progressione del tumore. La diagnosi precoce della ricrescita tumoriale è essenziale per intervenire tempestivamente, al fine di evitare danni ulteriori ai nervi facciali.
Dopo l'intervento, i pazienti devono essere monitorati attentamente per i deficit funzionali. La funzione del settimo nervo cranico può essere compromessa in modo transitorio o permanente a seguito dell’intervento chirurgico. Un recupero completo della funzione nervosa è possibile, ma dipende dalla severità del danno e dalla rapidità con cui vengono implementate le terapie riabilitative. Alcuni pazienti potrebbero necessitare di trattamenti specifici per migliorare la funzionalità del nervo facciale, come la stimolazione elettrica o la fisioterapia, al fine di favorire la rigenerazione delle fibre nervose.
In alcuni casi, la resezione del tumore non è la soluzione definitiva. Il trattamento del meningioma petroclivale, infatti, può richiedere una strategia multimodale. La combinazione di chirurgia, radioterapia e monitoraggio continuo può essere necessaria per garantire un esito positivo a lungo termine. La scelta tra chirurgia e approcci meno invasivi dipende dalle dimensioni del tumore, dalla sua localizzazione e dalla salute complessiva del paziente.
Oltre alla resezione e alla radioterapia, le terapie farmacologiche stanno guadagnando attenzione, specialmente per la gestione dei meningiomi recidivanti o inoperabili. Sebbene non esistano trattamenti farmacologici approvati universalmente per questa condizione, i progressi nella ricerca sui meccanismi molecolari dei meningiomi potrebbero aprire la strada a nuove opzioni terapeutiche. In ogni caso, la prevenzione di danni ai nervi cranici rimane una priorità assoluta.
Importante è anche il concetto che la gestione dei meningiomi petroclivali non si limita all’aspetto chirurgico. Il trattamento del paziente deve essere centrato sulla persona, considerando il suo stato di salute generale, le aspettative e la qualità della vita post-operatoria. Ogni intervento chirurgico comporta rischi, e questi vanno valutati attentamente, bilanciando il beneficio della resezione tumorale con i possibili danni ai nervi cranici e alle funzioni neurologiche.

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