L'introduzione di vacanze di ossigeno in materiali semiconduttori, come il WO3, ha un impatto diretto sul loro potenziale di riduzione e sulla capacità fotocatalitica. In particolare, è stato osservato che l'introduzione di vacanze di ossigeno abbassa il potenziale di riduzione del U(VI) (Urano) rispetto al WO3 puro, come evidenziato dai risultati di potenziale di riduzione comparato per WO3, WO2.92 e WO2.78. I picchi di riduzione per WO3 sono stati misurati rispettivamente a 0.4V e 1.05V, mentre per WO2.92 e WO2.78 i picchi erano a 0.39V e 1.03V, suggerendo che la creazione di vacanze di ossigeno favorisce una riduzione più efficiente del U(VI). Questo miglioramento delle prestazioni può essere attribuito al cambiamento nell'assorbimento della luce. Infatti, lo spettro UV-visibile di WO3 con vacanze di ossigeno (WO2.78) ha mostrato un'ampia gamma di assorbimento di luce, che si estende anche verso lunghezze d'onda più lunghe, migliorando così la risposta fotocatalitica.
Le misurazioni spettroscopiche UPS (photoemission spettroscopia ultravioletta) hanno confermato la formazione di un picco associato alla presenza di UO2 dopo la riduzione fotocatalitica del U(VI), suggerendo che WO2.92 e WO2.78 non solo adsorbono U(VI) come WO3, ma facilitano anche la riduzione fotocatalitica a UO2. Gli esperimenti di scavenger, che impiegano specie reattive dell'ossigeno (ROS), hanno rivelato che i principali ROS coinvolti nel processo di ossidazione fotocatalitica sono i radicali superossido (∙O2−), i radicali idrossili (∙OH), e le lacune (h+).
L'importanza della selezione di scavenger risiede nella capacità di identificare i singoli contributi delle diverse specie reattive nell'attivazione del processo fotocatalitico. Il perossido di idrogeno, il benzochinone, l'isopropanolo e l'ossalato di ammonio sono stati utilizzati per scoprire i contributi specifici di ciascuna specie reattiva. L'inibizione significativa della reazione di foto-ossidazione con l'uso di benzochinone, isopropanolo e ossalato di ammonio ha confermato che il ∙O2−, ∙OH e h+ sono cruciali per il processo di ossidazione fotocatalitica di WO2.78.
Il meccanismo della reazione fotocatalitica per la riduzione di U(VI) e la degradazione di contaminanti organici come gli anali target (TA) può essere descritto come segue: l'interazione tra gruppi idrossilici o carbossilici presenti nei TA con gli ioni uranilici (UO2^2+) facilita la formazione di complessi TA-UO2^2+. Sotto l'illuminazione simulata, WO2.78 viene eccitato, generando elettroni nella banda di conduzione (CB) e lacune nella banda di valenza (VB). Gli elettroni fotogenerati riducono U(VI) a UO2 e i TA, mentre le lacune ossidano l'acqua a ∙OH. I radicali ∙OH e ∙O2− ossidano i TA e i complessi TA-UO2^2+ a CO2 e H2O, completando la degradazione e riduzione fotocatalitica.
In un contesto più ampio, il doping con metalli di transizione, come il ferro (Fe), ha mostrato effetti simili sulla modificazione delle proprietà fotocatalitiche. Il doping con Fe in TiO2 (Ti1−xO2) riduce il gap energetico del materiale, migliorando l'assorbimento della luce visibile e la sua reattività. Gli studi sul TiO2 dopato con Fe mostrano una riduzione del bandgap, che porta a un miglioramento nelle performance fotocatalitiche, con una riduzione dell'uranio (VI) che avviene in modo più efficiente a causa della maggiore densità di carica e una migliore separazione delle coppie elettrone-lacuna.
Le spettroscopie di fotoluminescenza (PL) hanno evidenziato una minore ricombinazione tra gli elettroni e le lacune nei campioni dopati con Fe, contribuendo ulteriormente al miglioramento delle proprietà fotocatalitiche. Inoltre, le analisi XPS e ESR confermano la presenza di vacanze di titanio e il trasferimento di elettroni tra Fe e Ti, contribuendo alla diminuzione del bandgap e migliorando l'efficienza fotocatalitica.
È fondamentale comprendere che la modifica strutturale dei materiali fotocatalitici, sia tramite vacanze di ossigeno che dopaggio con metalli di transizione, non solo migliora le loro capacità di assorbimento della luce e di riduzione fotocatalitica, ma offre anche nuove vie per migliorare l'efficienza dei processi di purificazione ambientale, come nel caso della riduzione e del trattamento degli isotopi radioattivi come l'uranio. Tuttavia, è essenziale esplorare ulteriormente i meccanismi fondamentali alla base di queste modifiche strutturali per ottimizzare ulteriormente le prestazioni fotocatalitiche in vari contesti applicativi.
Come il dopaggio di Erbio migliora l'efficienza nella rimozione di U(VI) da acque contaminate
Il trattamento delle acque contaminati da uranio, in particolare quelle che contengono ioni U(VI), è una questione ambientale di grande rilevanza. La ricerca ha identificato vari metodi per rimuovere efficacemente l'uranio da queste acque, e tra questi, l'uso di materiali fotocatalitici come il ZnO dopato con erbio (Er0.04-ZnO) ha mostrato promettenti risultati. L'efficienza di rimozione di U(VI) da queste acque è stata esaminata sotto diverse condizioni, tra cui variazioni nella lunghezza d'onda della luce monocromatica, i valori di pH e la presenza di ioni interferenti.
Quando la soluzione contenente U(VI) è stata irradiata con luce monocromatica a 420 nm per due ore, l'efficienza di rimozione ha raggiunto il 98,1%, evidenziando l'efficacia di Er0.04-ZnO nella fotocatalisi. Tuttavia, l'efficienza di rimozione è diminuita significativamente quando la luce utilizzata aveva lunghezze d'onda comprese tra 500 nm e 520 nm, e in modo ancora più marcato quando la luce aveva una lunghezza d'onda di 600 nm rispetto a quella a 650 nm. Questo fenomeno è in linea con lo spettro di assorbimento UV-Vis del materiale e sottolinea il ruolo cruciale del meccanismo di upconversion indotto dall'erbio nell'aumentare l'efficienza fotocatalitica.
L'Er0.04-ZnO ha dimostrato una straordinaria capacità di rimozione di U(VI) in un ampio intervallo di pH, da 3 a 9, con una performance ottimale tra i valori di pH 5 e 9. In condizioni di pH tra 5 e 9, circa il 98% dell'uranio è stato rimosso in 120 minuti. Questo comportamento riflette la stabilità e la versatilità del materiale nei vari ambienti acquosi, rendendolo adatto a diverse tipologie di acque di scarto.
Un altro aspetto significativo è stato l'esame degli effetti delle dosi di irraggiamento, che variavano tra 50 e 500 kGy, sul rendimento fotocatalitico. Questi trattamenti hanno portato alla generazione di difetti nei nanosheet di Er0.04-ZnO, che, in quantità ottimale, migliorano ulteriormente l'efficienza fotocatalitica. Quando si sono introdotti ioni interferenti come Na+, K+, Ca2+, Mg2+, Sr2+, Cu2+, Fe3+, SO4^2−, Cl− e Br− nella soluzione contenente U(VI), l'Er0.04-ZnO ha comunque mantenuto un'alta capacità di rimozione dell'uranio, indicando che gli elettroni fotogenerati erano principalmente utilizzati per la riduzione catalitica dell'uranio piuttosto che per la reazione con gli ioni interferenti.
In condizioni reali di acque reflue, la presenza di cationi multipli è frequente, e pertanto è stato anche esaminato l'impatto della loro presenza sul processo di rimozione dell'uranio. Le curve di voltaggio di scansione lineare (LSV) hanno rivelato le potenzialità di riduzione di diversi ioni interferenti, ordinati in base al loro potenziale di riduzione: Cu2+ (−0,42 V), Sr2+ (−0,45 V), Fe3+ (−0,48 V), Mg2+ (−0,58 V) e Ca2+ (−0,62 V). Nonostante la presenza di questi ioni, il materiale ha mantenuto una performance di rimozione molto elevata, confermando la sua capacità di discriminare tra gli ioni interferenti e l'uranio.
Un aspetto interessante è stato anche la valutazione della capacità di riutilizzo di Er0.04-ZnO. Dopo cinque cicli di reazione, il materiale ha mantenuto il 92,1% dell'efficienza di rimozione e un tasso di desorbimento del 64,3%, evidenziando non solo la sua alta efficienza, ma anche la sua eccellente riutilizzabilità, una caratteristica cruciale per applicazioni a lungo termine nel trattamento delle acque reflue.
Quando si è esaminato il materiale a diverse concentrazioni iniziali di U(VI), Er0.04-ZnO ha dimostrato una notevole capacità di rimozione anche a concentrazioni elevate (fino a 1000 mg/L), con un'efficienza di rimozione pari al 75,9% e una capacità di adsorbimento che ha raggiunto i 3036 mg/g. Inoltre, è stato testato l'effetto della presenza di materia organica, come acido tannico (TA), acido citrico (CA), EDTA, colorante Rhodamine B (RhB) e blu di metilene (MB). Er0.04-ZnO è stato in grado di rimuovere simultaneamente l'uranio e la materia organica, indicando il suo potenziale per il trattamento delle acque reflue contenenti inquinanti organici, una sfida comune nelle acque contaminate da radionuclidi.
Infine, è stato studiato il meccanismo attivo del processo fotocatalitico mediante l'uso di scavenger selettivi, tra cui alcol isopropilico (IPA), p-benzochinone (PBQ), metanolo (MeOH) e KIO3, per identificare i radicali liberi coinvolti. È emerso che i radicali superossido (∙O − 2 ) e gli elettroni sono i principali specie attive nel processo di fotoreduzione, mentre il MeOH ha contribuito ad aumentare l'efficienza fotoreduzionante, favorendo la separazione dei portatori di carica.
L'analisi strutturale di Er0.04-ZnO, eseguita tramite XRD e XPS, ha rivelato che il materiale mantiene una stabilità straordinaria anche dopo il trattamento fotocatalitico, con la formazione di nuovi composti come l'ammonium uranium oxide hydrate, che suggerisce una riduzione sia del nitrato che di U(VI) durante il processo. L'XPS ha confermato che il materiale è in grado di ridurre il 41,3% di U(VI) in U(IV), un risultato significativo per il trattamento di acque contaminate da uranio.
Questi risultati complessivi mettono in evidenza il grande potenziale di Er0.04-ZnO per il trattamento delle acque contaminate da uranio. Il dopaggio con erbio non solo migliora l'efficienza fotocatalitica, ma conferisce anche al materiale una stabilità eccezionale, rendendolo ideale per l'uso in ambienti di trattamento delle acque in situazioni reali, dove le condizioni chimiche e fisiche possono variare notevolmente.

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