Il processo di liquefazione dell’idrogeno è estremamente complesso e richiede un significativo consumo energetico. Dopo che il gas idrogeno è stato prodotto, entra in una serie di scambiatori di calore dove viene raffreddato fino a circa −243°C. A questo punto, l’idrogeno passa attraverso una valvola Joule-Thomson (J-T) che ne riduce ulteriormente la temperatura, raggiungendo il valore critico di −253°C. Durante questa fase, una grande porzione del flusso di idrogeno si condensa e diventa liquido, mentre una parte del gas rimane ancora in fase gassosa. Per separare queste due fasi, viene utilizzato un separatore che isola l’idrogeno liquido da quello gassoso.

Il liquido così ottenuto viene stoccato in serbatoi specializzati, progettati per preservare le caratteristiche criogeniche dell’idrogeno. Questi serbatoi sono generalmente a doppia parete e isolati da un vuoto, con vari componenti aggiuntivi che riducono il trasferimento di calore e mantengono l’idrogeno liquido alla temperatura critica. Tra i componenti principali ci sono le valvole di isolamento e di sicurezza, le prime per isolare il liquido durante la manutenzione e le emergenze, le seconde per evitare l'accumulo di pressione e garantire una ventilazione continua del gas.

Nonostante l’insolito isolamento termico, l’idrogeno liquido tende a riscaldarsi lentamente nel tempo, causando una perdita di massa denominata "boil-off". Le perdite per boil-off variano tipicamente tra lo 0,3% e il 3% al giorno, a seconda delle condizioni di stoccaggio. Questo fenomeno porta alla perdita di una parte dell’idrogeno, che evapora e viene rilasciato dalla cisterna. Le perdite per boil-off sono un problema significativo, soprattutto quando si considera l’alto costo e la bassa efficienza della liquefazione dell’idrogeno.

La liquefazione dell’idrogeno richiede un consumo energetico considerevole: per ogni chilogrammo di idrogeno liquefatto, si consuma circa 15,2 kWh di energia. Questo valore equivale a circa il 45,6% del valore calorifico inferiore dell’idrogeno, il che rende la liquefazione una delle metodologie più energeticamente dispendiose per la conservazione dell’idrogeno. Rispetto alla compressione dell’idrogeno, che consuma solo il 10% del suo valore calorifico, il processo di liquefazione rappresenta una soluzione molto meno efficiente.

A causa di questi elevati costi energetici e delle difficoltà associate alla gestione delle perdite da boil-off, la conservazione criogenica dell’idrogeno è attualmente la metodologia più costosa, con un costo di stoccaggio livellato (LCOS) pari a 4,57 $/kg, che è circa 24 volte superiore a quello della conservazione in serbatoi compressi. Questo costo potrebbe scendere fino a 0,95 $/kg in scenari ottimali, ma rimane comunque una soluzione costosa.

Un altro fattore che influisce sull’efficienza della conservazione criogenica dell’idrogeno è la densità volumetrica del combustibile stoccato. Mentre i serbatoi di idrogeno liquefatto sono molto più compatti rispetto ai serbatoi di idrogeno compresso, la capacità di stoccaggio rimane limitata, e ciò ha un impatto diretto sul trasporto dell’idrogeno su lunghe distanze. Tuttavia, la possibilità di trasportare una maggiore quantità di idrogeno in una nave criogenica giustifica l’adozione di questa tecnologia, sebbene solo per brevi periodi di tempo.

Quando si tratta di trasporto, un impianto di produzione di idrogeno verde che produce, per esempio, 120 m³ di idrogeno gassoso al giorno può, grazie alla liquefazione, ridurre significativamente il volume necessario per il trasporto. In questo caso, l’idrogeno liquido ha una densità volumetrica di 71 kg/m³, che significa che la stessa massa di idrogeno gassoso richiederebbe un volume inferiore rispetto alla sua forma compressa, rendendo il trasporto via nave o camion più efficiente.

Le perdite di idrogeno a causa del boil-off durante il trasporto sono un altro aspetto da considerare. Con una perdita giornaliera del 2% e un periodo di trasporto di 8 giorni, si può osservare che, nonostante la diminuzione del volume, una parte considerevole dell’idrogeno viene persa nel corso del viaggio. Questo porta a una percentuale di idrogeno perso che può raggiungere il 14,9% in un periodo di 8 giorni.

L’idrogeno liquefatto, pur rappresentando una delle soluzioni migliori in termini di densità energetica per il trasporto a lungo raggio, presenta comunque sfide importanti. La bassa efficienza della liquefazione, le perdite per boil-off e l’alto costo del processo sono tutte considerazioni che devono essere affrontate per rendere l’idrogeno una fonte di energia competitiva nel lungo termine. Tuttavia, la ricerca e l’innovazione tecnologica potrebbero ridurre questi svantaggi, migliorando la sostenibilità economica di questo metodo di stoccaggio.

Come l'idrogeno verde può trasformare la generazione di elettricità e la decarbonizzazione industriale

L’idrogeno verde sta emergendo come una risorsa fondamentale nella lotta contro il cambiamento climatico e la transizione energetica globale. Questo gas, prodotto tramite elettrolisi dell’acqua utilizzando energia rinnovabile, offre una soluzione priva di emissioni per vari settori industriali, contribuendo in modo sostanziale alla riduzione delle emissioni di CO2. Secondo l’iniziativa Hydrogen Council, l'idrogeno verde ha il potenziale per evitare 80 gigatonnellate di CO2 entro il 2050, coprendo il 22% della domanda globale di energia finale. La domanda mondiale di idrogeno è destinata a raggiungere 501,7 megatonnellate entro il 2050, con un forte aumento della richiesta da parte di nuovi settori tra il 2030 e il 2040, che contribuirà a decarbonizzare applicazioni quali la produzione di acciaio, alluminio, cemento e la costruzione di edifici residenziali e commerciali.

La generazione di elettricità rappresenta uno dei settori principali responsabili delle emissioni di gas serra a livello globale, con circa il 27% delle emissioni mondiali derivanti dalla combustione di combustibili fossili come carbone, petrolio e gas naturale. Nonostante l'aumento delle capacità di energia rinnovabile, che sono passate da 1700 a 3870 gigawatt dal 2014 al 2023, gli esperti della International Energy Agency (IEA) avvertono che per raggiungere emissioni nette pari a zero entro il 2050 è necessario un incremento significativo nella capacità di energie rinnovabili, supportato da tecnologie innovative come la cattura e stoccaggio del carbonio e, appunto, l’idrogeno verde.

L’idrogeno verde si configura come una delle chiavi per la generazione di elettricità pulita grazie alla sua capacità di essere completamente prodotto da fonti rinnovabili. La sua versatilità consente di integrarlo in diverse tecnologie di generazione, tra cui celle a combustibile (FC) e turbine a gas (GT), offrendo una valida alternativa ai tradizionali sistemi a combustibili fossili e riducendo le emissioni di carbonio.

Le celle a combustibile sono dispositivi elettrochimici che convertono l'energia chimica in energia elettrica tramite una serie di reazioni elettrochimiche. I sistemi FC sono considerati efficienti e a basso impatto ambientale, producendo elettricità e calore senza generare emissioni dannose. Un tipico sistema di celle a combustibile è composto da uno stack di celle, che viene integrato con vari componenti chiamati “balance of plant” (BoP), tra cui scambiatori di calore, compressori, convertitori di potenza e serbatoi di idrogeno. L’idrogeno proveniente dal serbatoio viene regolato e inviato allo stack di celle a combustibile, dove reagisce con l'ossigeno. La reazione chimica produce elettricità, acqua e calore. Quest’ultimo può essere utilizzato per applicazioni di riscaldamento, aumentando ulteriormente l’efficienza del sistema.

Le celle a combustibile possono produrre elettricità in corrente continua (DC), che può essere immagazzinata in batterie o convertita in corrente alternata (AC) tramite un inverter DC/AC, rendendola compatibile con i sistemi connessi alla rete elettrica. Ogni cella è composta da un anodo, un catodo e una membrana elettrolitica, che separa i due elettrodi e permette il passaggio di ioni, facilitando la reazione chimica. Le celle a combustibile sono categorizzate in base al tipo di elettrolita, al combustibile utilizzato e alle loro applicazioni, ognuna delle quali offre specifici vantaggi in termini di efficienza e temperature operative.

Oltre alla generazione di elettricità, l’idrogeno verde gioca un ruolo cruciale anche nell'immagazzinamento dell’energia e nel settore dei trasporti, compresa l’aviazione, la navigazione e i trasporti su strada. La capacità di immagazzinare energia in forma di idrogeno consente di superare le limitazioni delle tecnologie di batterie, come nel caso delle energie rinnovabili intermittenti (eolico e solare), migliorando la stabilità della rete energetica. Il suo utilizzo per decarbonizzare i settori industriali più pesanti, come la produzione di acciaio e cemento, potrebbe essere determinante per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità globale.

In sintesi, l'idrogeno verde si presenta come un catalizzatore necessario per una rapida transizione energetica. Per ingegneri, ricercatori e politici, è essenziale comprendere le modalità di integrazione di queste tecnologie nei vari settori per accelerare la realizzazione di un futuro a basse emissioni di carbonio. I progressi in campo scientifico e tecnologico continueranno a migliorare l’efficienza e la convenienza dell’utilizzo dell’idrogeno verde, facendo di questa risorsa un pilastro della sostenibilità globale.