Nel campo della fisica teorica, il ricorso alla matematica è spesso visto come uno strumento indispensabile per formulare e comprendere i fenomeni fisici. Tuttavia, l’approccio matematico non è privo di ambiguità, e la sua funzione esplicativa merita una riflessione più approfondita. Una delle questioni centrali riguarda l'uso delle astrazioni matematiche, come i limiti termodinamici, per rappresentare realtà fisiche complesse. Questi limiti, sebbene non siano sempre de-idealizzabili, forniscono una rappresentazione parziale che è sufficiente per modellare alcune caratteristiche del sistema fisico, mentre altre caratteristiche restano incerte o difficilmente osservabili, rientrando in un dominio più astratto della matematica.

L’utilizzo di operazioni matematiche, come le trasformazioni di rinormalizzazione, è particolarmente significativo quando si affrontano fenomeni complessi come il ferromagnetismo vicino alla temperatura critica. In questo contesto, la lunghezza di correlazione diventa estremamente grande, indicando che un numero enorme di gradi di libertà sono accoppiati tra loro. Questo fenomeno rende le equazioni governanti difficili, se non impossibili, da risolvere direttamente. Tuttavia, la rinormalizzazione consente di ridurre la complessità del problema, trasformando il sistema in uno che è più trattabile senza perdere informazioni cruciali sulla sua natura. Questo processo comporta la creazione di un nuovo Hamiltoniano, che rappresenta una versione più semplificata del sistema, ma che può essere mappato su un punto in uno spazio matematico astratto che include tutti gli Hamiltoniani possibili, inclusi quelli originali.

Un aspetto interessante di questa procedura è che, attraverso ripetute applicazioni della gruppo di rinormalizzazione, si genera una sequenza di Hamiltoniani che tendono verso punti fissi nello spazio degli Hamiltoniani. Questi punti fissi sono essenziali per comprendere il fenomeno della "universalità", poiché rappresentano stati in cui diversi sistemi, pur avendo Hamiltoniani differenti, mostrano comportamenti simili. In altre parole, i sistemi che fluiscono verso lo stesso punto fisso sono caratterizzati da comportamenti identici, nonostante le differenze nei dettagli microscopici. Questo concetto di universalità implica che ci siano leggi di comportamento comuni a classi di sistemi fisici, una scoperta che è stata resa possibile solo attraverso l'uso di astrazioni matematiche come la rinormalizzazione.

Tuttavia, non bisogna commettere l'errore di pensare che la matematica stessa sia la causa di queste spiegazioni. La matematica, in questo caso, non è esecutrice di una spiegazione in sé, ma è uno strumento che ci permette di riscrivere problemi apparentemente inaffrontabili in forme più gestibili. La vera spiegazione sta nella fisica che interpretiamo attraverso questi strumenti matematici. Sebbene la matematica sia fondamentale per manipolare e semplificare il modello, il lavoro esplicativo dipende dalla capacità di interpretare i risultati ottenuti in termini fisici.

Un altro aspetto importante da comprendere riguarda la nozione di "punto fisso" nel contesto della rinormalizzazione. I punti fissi sono strumenti matematici indispensabili per catturare le caratteristiche di un sistema nelle sue vicinanze critiche, ma il loro ruolo non è esplicativo in sé. Essi ci permettono di determinare le dipendenze tra i parametri critici, come gli esponenti critici e la dimensionalità spaziale, ma non sono in grado di spiegare i fenomeni fisici senza una corretta interpretazione fisica delle relazioni che descrivono.

La chiave, quindi, sta nel fatto che la matematica gioca un ruolo strumentale indispensabile, ma non esplicativo, nelle spiegazioni dei fenomeni fisici. Le strutture matematiche, come la rinormalizzazione e i punti fissi, sono fondamentali per riformulare un problema complesso in termini più semplici e gestibili, ma il vero lavoro esplicativo è svolto dalla fisica che si cela dietro queste strutture. È proprio attraverso l'interpretazione fisica delle soluzioni matematiche che riusciamo a comprendere il comportamento dei sistemi nei regimi critici, e non attraverso la matematica in sé.

Inoltre, è importante osservare che l’utilizzo di modelli matematici non esclude la necessità di sperimentazioni empiriche per validare le teorie. I modelli matematici, come quelli utilizzati per descrivere il comportamento critico, devono essere costantemente confrontati con i dati sperimentali per garantire che le predizioni fatte dai modelli corrispondano alla realtà osservata. Questo legame tra teoria e sperimentazione è essenziale per la solidità di qualsiasi spiegazione scientifica.

Come la Matematizzazione Guida l’Esperimento: Il Caso di Aepinus e il Fenomeno Elettrico

Franz Aepinus, uno dei pionieri nello studio dell'elettricità, ha utilizzato la matematica come strumento fondamentale per comprendere e interpretare i fenomeni elettrici, in particolare in relazione agli esperimenti di Richmann. Il suo approccio si distingue per l’introduzione di una formulazione matematica rigorosa che permetteva di spiegare le osservazioni empiriche e di guidare la progettazione di nuovi esperimenti.

Nel contesto dell’esperimento di Richmann, Aepinus prese spunto dalla teoria del fluido elettrico, un concetto ancora in fase di sviluppo all'epoca. Egli ipotizzò che l’aria fosse la causa di fenomeni elettrici osservati, e da questa premessa costruì un modello matematico che collegava la perdita di fluido elettrico sulla piastra CD e l'acquisizione di fluido sulla piastra IK. Con l’ausilio di equazioni differenziali e manipolazioni matematiche, Aepinus riuscì a dedurre una dipendenza tra le forze applicate dalle piastre e la distanza tra di esse, descrivendo matematicamente fenomeni altrimenti difficilmente comprensibili.

La matematica, quindi, divenne non solo un metodo di descrizione ma anche una guida nella progettazione degli esperimenti. Nel caso della bottiglia di Leyda, Aepinus evidenziò come, nonostante la forza applicata sulla piastra IK fosse nulla, quella applicata sulla piastra CD fosse piccola ma non zero. Questo lo portò a dedurre che vi fosse una dipendenza tra la forza esercitata e la distanza tra le piastre, fenomeno che si poteva osservare anche nei suoi esperimenti successivi.

In seguito, Aepinus progettò un nuovo esperimento basato sul principio della bottiglia di Leyda, utilizzando piastre di vetro elettrificate tramite frizione. Il suo esperimento coinvolgeva un pendolo, sospeso a un filo di seta asciutta, che agiva come indicatore della presenza di elettricità. Quando le piastre venivano avvicinate senza separarle, il pendolo non reagiva, ma se venivano separati e una piastra avvicinata al pendolo, quest'ultimo veniva inizialmente attratto, per poi essere respinto. Aepinus osservò che quando le piastre erano vicine, la forza sul pendolo scompariva, dimostrando una dipendenza tra la forza totale sulla pallina di sughero e la differenza tra le forze esercitate dalle piastre.

L’esperimento di Aepinus dimostrava come la separazione delle piastre generasse effetti elettrici distinti, con una piastra che acquisiva carica positiva e l’altra negativa. Quando le piastre venivano portate di nuovo vicino, il fenomeno di attrazione e repulsione sul pendolo si verificava ripetutamente. Questo esperimento non solo confermava le sue teorie, ma stabiliva anche un legame diretto tra la distanza tra gli oggetti elettrificati e la forza che questi esercitavano.

Attraverso questi esperimenti, Aepinus giunse a importanti conclusioni sul comportamento delle forze elettriche e la loro interazione con i corpi carichi. La sua capacità di tradurre il fenomeno elettrico in termini matematici permise di risolvere contraddizioni e interpretare risultati controintuitivi, proponendo una nuova visione del fenomeno. La matematica si rivelò un fondamentale strumento di sintesi teorica, capace di suggerire nuove ipotesi e orientare l’orientamento degli esperimenti futuri.

Per Aepinus, la relazione tra matematica, teoria ed esperimento costituiva un triangolo dinamico, in cui la matematica giocava un ruolo centrale nel legare i due altri concetti. Le sue scoperte, infatti, non solo dimostrano il potere predittivo della matematica, ma evidenziano anche il limite che la teoria e il contesto storico imponevano al suo lavoro. Sebbene la matematizzazione fosse un potente strumento di sviluppo teorico, essa era limitata dalle conoscenze disponibili e dalle possibilità teoriche del tempo.

Importante è anche comprendere che Aepinus, pur essendo un pioniere nell'uso della matematica, non arrivò a risolvere tutte le contraddizioni fisiche che si presentavano. La matematica, pur essendo essenziale per la costruzione della teoria elettrica, a volte produceva risultati che sembravano incompatibili con le osservazioni fisiche. Questo evidenziò la necessità di un continuo dialogo tra matematica, teoria e pratica sperimentale, affinché le ipotesi formulate potessero essere verificate e, se necessario, rielaborate.