I tumori spinali intra-durali rappresentano una categoria complessa di neoplasie che colpiscono il sistema nervoso centrale, con diverse variabili che influenzano le scelte terapeutiche. Le opzioni di trattamento variano in base alla posizione del tumore, al grado di malignità, alla resecabilità e alla risposta del paziente. Tra le principali neoplasie spinali intra-durali si trovano gli ependimomi, gli astrocitomi, i emangioblastomi e altre lesioni rare. Queste neoplasie possono richiedere interventi chirurgici, radioterapia, chemioterapia e trattamenti mirati, a seconda delle specifiche circostanze.

Il trattamento post-operatorio degli ependimomi è un argomento di continuo sviluppo. Negli ultimi decenni, la radioterapia è stata adottata come trattamento adiuvante efficace per i pazienti con ependimomi di grado III o per quelli con ependimomi di grado inferiore che non possono sottoporsi a resezione completa. Tuttavia, per gli ependimomi di grado II con resezione totale (GTR), il ruolo della radioterapia non è ancora completamente chiarito. In alcuni casi, gli studi precedenti al nuovo sistema di classificazione dell'OMS del 2021 suggerivano che la radioterapia dovesse essere inclusa anche per i giovani pazienti con ependimomi mioxopapillari spinali, in particolare nei primi due decenni di vita. Questo approccio è stato giustificato dalla tendenza di questi tumori a recidivare, anche se le evidenze non sono sempre univoche.

Per quanto riguarda gli astrocitomi, la radioterapia post-operatoria si è dimostrata benefica per la sopravvivenza globale (OS) nei tumori infiltrativi di grado II-IV. Questa terapia viene solitamente iniziata 4-6 settimane dopo l'intervento chirurgico, per consentire una guarigione adeguata e, se necessario, una riabilitazione post-operatoria. Le dosi di prescrizione per gli astrocitomi spinali variano da 45 a 54 Gy, somministrate in frazioni da 1,8 a 2 Gy, in base alla histologia, al grado del tumore, alla posizione e all'estensione della malattia residua. In questi casi, il rischio di mielopatia indotta dal trattamento è relativamente basso.

Nel trattamento dei tumori spinali, la chemioterapia è stata utilizzata per i pazienti più giovani al fine di posticipare l'uso della radioterapia, proteggendo così il sistema nervoso in via di sviluppo. Tuttavia, il beneficio della chemioterapia nei tumori spinali non è stato ampiamente studiato in modo prospettico. Alcuni farmaci come il temozolomide, utilizzato nei gliomi spinali di alto grado, hanno mostrato risultati promettenti in alcuni casi, anche se non vi sono ancora prove definitive della loro efficacia a lungo termine. Nel trattamento dei tumori ricorrenti, i regimi chemioterapici a base di platino hanno ottenuto risposte migliori, sebbene non abbiano prolungato la sopravvivenza libera da progressione (PFS) o la sopravvivenza globale (OS).

Anche la terapia mirata ha iniziato ad essere esplorata nel trattamento degli ependimomi spinali. Sebbene non esista molta letteratura su questo trattamento per i tumori spinali, ci sono stati alcuni studi che suggeriscono che farmaci come l'imatinib potrebbero essere utili nel trattamento di tumori espressivi di PDGF. Questo tipo di terapia, anche se promettente, è ancora lontano dall'essere una pratica consolidata. La ricerca su questo fronte continua, con alcuni studi che indagano l'efficacia di virus oncolitici e cellule staminali neurali ingegnerizzate, soprattutto nei modelli murini.

L'adozione della radioterapia post-operatoria, la chemioterapia e le terapie mirate devono essere personalizzate in base alle caratteristiche specifiche del tumore e del paziente. In questo contesto, la ricerca continua a fornire nuove opzioni, ma è fondamentale una valutazione multidisciplinare per determinare il piano terapeutico migliore per ogni paziente. La collaborazione tra neurochirurghi, oncologi e radioterapisti è cruciale per massimizzare le possibilità di successo del trattamento.

Inoltre, l’importanza di un follow-up regolare non può essere sottovalutata. La diagnosi precoce di recidive o complicanze post-operatorie consente di intervenire tempestivamente e migliorare l’outcome a lungo termine dei pazienti. La gestione delle complicanze post-operatorie, come le infezioni, le perdite di liquido cerebrospinale (CSF), la stabilità spinale e le emorragie, rappresenta una parte fondamentale del trattamento complessivo e contribuisce significativamente alla qualità della vita dei pazienti.

Quali sono le caratteristiche cliniche, radiologiche e terapeutiche dei meningiomi della regione della fossa cranica anteriore?

I meningiomi della regione della fossa cranica anteriore, in particolare quelli dell’area olfattiva (OGMs) e della regione planum sphenoidale (PSMs), presentano un quadro clinico e radiologico complesso che richiede un’analisi dettagliata per una gestione ottimale. I sintomi clinici più frequenti comprendono alterazioni sottili della cognizione e della personalità, cefalee, compromissione visiva e crisi epilettiche. La perdita della vista si verifica prevalentemente a causa dell’aumento della pressione intracranica e, nei tumori di dimensioni molto grandi, per compressione diretta dei nervi ottici. La sindrome classica di Foster-Kennedy, caratterizzata da cefalea, anosmia, perdita visiva con atrofia ottica in un occhio e papilledema nell’occhio controlaterale, è stata inizialmente descritta in pazienti con OGMs. L’anosmia, sebbene non tipica come sintomo iniziale, è spesso presente all’esame diagnostico e la sua frequenza aumenta significativamente con la dimensione tumorale, raggiungendo circa il 60% nei pazienti valutati.

Dal punto di vista radiologico, la risonanza magnetica (MRI) rappresenta la metodica di elezione per la diagnosi. Nelle sequenze T1 i meningiomi appaiono come masse extra-assiali ben circoscritte e durali, isointense al parenchima cerebrale, con un marcato e omogeneo enhancement dopo somministrazione di gadolinio, a meno che non si tratti di forme ad alto grado istologico che presentano un pattern di contrasto eterogeneo. Le sequenze T2 iperintense sono predittive di crescita tumorale, mentre l’ipointensità in T2 associata alla presenza di calcificazioni indica una progressione più lenta. Queste sequenze sono inoltre fondamentali per valutare la compromissione dello strato aracnoideo e la presenza di edema peritumorale, entrambi fattori di rischio per recidiva dopo intervento chirurgico. La risonanza permette anche una precisa valutazione delle relazioni del tumore con cervello, nervi, arterie cerebrali e vene, informazioni essenziali per la pianificazione chirurgica.

La tomografia computerizzata (CT) è utile in casi in cui la risonanza è controindicata, mostrando i meningiomi come masse leggermente iperdense con marcato enhancement dopo mezzo di contrasto. La CT è anche fondamentale per identificare alterazioni ossee come iperostosi o erosioni, nonché la dimensione e la pneumatizzazione del seno frontale, aspetti cruciali nella pianificazione dell’approccio chirurgico.

Le caratteristiche visive nei meningiomi della regione planum sphenoidale (PSMs) si manifestano più precocemente rispetto agli OGMs, poiché la vicinanza all’apparato ottico è maggiore. Inoltre, i PSMs tendono a causare uno spostamento inferiore dei nervi ottici e uno posteriore delle arterie cerebrali anteriori, con un coinvolgimento visivo spesso bilaterale, a differenza dei tumori tuberculum sellae (TSMs) che determinano uno spostamento laterale o superiore dei nervi ottici.

Il trattamento di scelta rimane l’intervento chirurgico, raccomandato anche nei pazienti asintomatici in presenza di tumori superiori a 3 cm di diametro o quando la distanza tra il margine posteriore del tumore e i nervi ottici è inferiore a 6-8 mm. L’obiettivo primario è la rimozione completa (Gross Total Removal, GTR), associata a una prognosi migliore e a un minor rischio di recidiva. L’entità della resezione (Extent of Resection, EOR) rappresenta il fattore prognostico più importante, specialmente considerando che questi meningiomi sono tipicamente di grado WHO 1. La risonanza post-operatoria con mezzo di contrasto è essenziale per valutare la radicalità dell’intervento, classificando la rimozione secondo i gradi di Simpson, con particolare importanza per i gradi 1-2 rispetto al grado 3 nei meningiomi OGMs e PSMs.

Diverse tecniche chirurgiche sono state sviluppate per l’accesso alla regione anteriore della fossa cranica, tra cui il flap bifrontale, l’approccio pterionale e l’approccio interemisferico. In particolare, l’approccio trans-frontale-sinus-subcraniale (TFSSA), descritto da Persing e successivamente perfezionato, consente un’eccellente esposizione della base cranica anteriore senza necessità di retrazione cerebrale, anche nei pazienti con seno frontale di piccole dimensioni. Questo approccio riduce la complessità e la durata dell’intervento, migliorando i risultati postoperatori.

Le tecniche minimamente invasive, come l’endoscopia endonasale e l’approccio laterale soprasorbitale, sono proposte soprattutto per tumori di piccole dimensioni. Esse offrono vantaggi quali l’accesso diretto al tumore, evitando la retrazione cerebrale, e la precoce devascularizzazione della massa, oltre alla possibilità di rimuovere ossa e dura coinvolte. Tuttavia, sono limitate da difficoltà tecniche, specialmente per tumori di dimensioni superiori a 40 mm, e presentano un rischio relativamente elevato di fistola liquorale postoperatoria, sebbene l’uso recente del lembo nasale settale abbia ridotto significativamente questa complicanza.

L’utilizzo della Gamma Knife Stereotactic Radiosurgery (GKSRS) e della radioterapia conformazionale rappresenta un’opzione terapeutica valida in casi selezionati, quali piccoli meningiomi asintomatici o recidive, specialmente quando la chirurgia non è praticabile per fragilità del paziente o prossimità a strutture critiche come l’apparato ottico.

È fondamentale comprendere che la complessità della gestione dei meningiomi anteriori non risiede solo nella rimozione della massa tumorale, ma nella valutazione accurata delle relazioni anatomiche, nell’anticipazione delle possibili complicanze visive e neurologiche e nella scelta strategica dell’approccio più appropriato per ogni singolo paziente. La presa in carico multidisciplinare che integra neurologia, neurochirurgia, neuroradiologia e radioterapia consente un percorso terapeutico personalizzato che migliora significativamente la prognosi e la qualità di vita.