L'anestesia generale, come intervento fisiologico, ha un impatto significativo sull'attività sinaptica corticale e sui motoneuroni inferiori (LMNs). L’analisi della sua influenza in contesti neurofisiologici intraoperatori, in particolare durante il monitoraggio spinale e cerebrale, ha dimostrato come i cambiamenti nell’attività elettrica possano influenzare direttamente l'interpretazione dei segnali provenienti dai nervi motori e sensoriali. I parametri di stimolazione, come l'intensità, la durata e la modalità degli impulsi, sono cruciali per l'interpretazione accurata delle risposte motorie ed evocate, specialmente quando si monitorano situazioni complesse come interventi neurochirurgici.

Quando si stimola elettricamente la corteccia motoria o il tratto cortico-spinale, le onde D (D-wave) sono generate e possono essere rilevate da elettrodi posti nel tratto spinale o nel cervello. Queste onde D sono correlate all'attivazione delle fibre cortico-spinali e offrono una misura della funzione motorica e sensoriale durante l'intervento. La risposta ai treni di impulsi, che evocano onde D e I, è sufficiente per attivare i motoneuroni inferiori fino al livello di soglia, generando potenziali di azione motoria composti (MEP) che possono essere registrati dai muscoli degli arti.

L'intensità della stimolazione è uno degli aspetti più critici nella valutazione della funzionalità corticale e del midollo spinale. In particolare, la stimolazione anodica si è rivelata più efficiente rispetto alla stimolazione catodica per l'evocazione degli MEP quando applicata alla corteccia o al cuoio capelluto, mentre la stimolazione catodica risulta più adatta alla stimolazione sottocorticale. Tuttavia, l’interpretazione dei segnali registrati non si limita alla sola analisi della riduzione dell’ampiezza: è necessario un monitoraggio continuo delle risposte motorie e sensoriali per poter prevedere con precisione l’esito neurologico post-operatorio.

Un altro aspetto di rilevanza è l’impiego delle potenziali evocate somatosensoriali (SEPs). Le SEPs forniscono informazioni funzionali e localizzanti sul sistema somatosensoriale dorsale che trasmette le sensazioni di tocco discriminativo, vibrazione e propriocezione. L’utilizzo di stimolazioni elettriche a livello dei nervi periferici, come il nervo mediano o ulnare, è fondamentale per testare questo sistema, poiché i nervi coinvolti hanno fibre periferiche spesse, a bassa soglia e conduzione rapida. I SEPs sono registrati come potenziali con picco di latenza compreso tra i 10 e i 20 ms, e la loro risposta può essere influenzata dalla variazione dell’intensità e della frequenza di stimolazione.

Durante un intervento neurochirurgico, come quello su tumori spinali intramedollari, la registrazione delle onde D dalla corteccia motoria e la loro interpretazione tramite MEPs e SEPs offre una guida cruciale per la gestione intraoperatoria, fornendo indicazioni sulla funzionalità e sull’integrità delle vie cortico-spinali. Le modificazioni significative nell’ampiezza dei MEP, in particolare una riduzione superiore al 50%, sono considerate un segnale di allarme che indica possibili danni a livello spinale o corticale, richiedendo una risposta immediata da parte del team chirurgico.

Il monitoraggio neurofisiologico intraoperatorio ha come obiettivo la prevenzione di lesioni neurologiche irreversibili, e in tal senso la combinazione dei segnali derivati dalle onde D, dai MEP e dalle SEPs consente una valutazione dinamica dello stato neurologico del paziente durante l’intervento. Tuttavia, è essenziale notare che l'interpretazione di questi segnali deve essere contestualizzata, tenendo conto delle condizioni generali del paziente, dell'anestesia in atto e di eventuali variabili che potrebbero alterare i risultati.

A questo riguardo, non va dimenticato che i parametri di stimolazione e la tecnica di registrazione delle onde D devono essere attentamente adattati in base alla specificità dell’intervento chirurgico e alla localizzazione della stimolazione. Ad esempio, la registrazione delle onde D a livello cervicale o a livello lombare può fornire informazioni preziose sulla funzionalità del midollo spinale e delle strutture corticali superiori, mentre il monitoraggio delle SEPs aiuta a valutare la condizione del sistema somatosensoriale, essenziale in caso di patologie spinali o tumori che coinvolgono le vie sensoriali.

Anche la variabilità dei segnali, come le piccole fluttuazioni nell'ampiezza delle onde D o la comparsa di onde I, deve essere considerata attentamente. Sebbene variazioni inferiori al 10% siano generalmente accettate come fisiologiche, decrementi superiori al 20% devono essere interpretati come segnali di allarme, in particolare in chirurgia spinale, dove il rischio di danno irreversibile è maggiore.

In conclusione, l'efficacia del monitoraggio neurofisiologico durante gli interventi chirurgici è legata alla precisione nella registrazione dei segnali e all'interpretazione contestualizzata di questi. È fondamentale che il team medico comprenda le interrelazioni tra anestesia, stimolazione e risposta neurofisiologica per ottimizzare gli esiti neurologici post-operatori e minimizzare i rischi di danno neurologico.

L'importanza delle potenzialità evocate e degli studi intra-operatori nella neurochirurgia

L'uso delle potenzialità evocate visive (VEP) in contesti neurochirurgici sta diventando sempre più cruciale per monitorare l'integrità delle vie nervose durante interventi delicati. Le VEP sono potenziali elettrici temporizzati, registrati in risposta a stimoli visivi standardizzati, attraverso elettrodi posizionati sulle aree corticali visive. Questi test permettono di osservare l'attività cerebrale in tempo reale e possono rivelare modifiche nelle vie visive, anche in situazioni di anestesia generale, dove il paziente non può collaborare. In queste circostanze, il metodo più comunemente utilizzato è la stimolazione flash monoculare, che viene somministrata attraverso una sorgente di luce in fibra ottica, agendo attraverso le palpebre chiuse con una frequenza di 1.1 Hz.

Inoltre, l'introduzione della registrazione simultanea di elettroretinogramma (ERG) e VEP ha permesso di migliorare la riproducibilità dei VEP e di escludere modifiche causate da disturbi meccanici, termici o vascolari. L'interazione tra stimoli visivi e altre variabili intra-operatorie, come la compressione meccanica dei nervi o il vasospasmo arterioso, può essere monitorata grazie a queste tecniche avanzate, che forniscono informazioni vitali per la protezione delle strutture sensoriali e motorie durante l'intervento.

In ambito neurochirurgico, la misurazione delle potenzialità evocate può essere influenzata da una serie di fattori, tra cui l'orientamento del dispositivo stimolatore. L'uso di un elettrodo bipolare è particolarmente utile in quanto consente di ridurre la diffusione della corrente e migliorare la qualità della registrazione. Quando l'orientamento del dispositivo non è possibile, può essere adottata una stimolazione monodipolare, sebbene questa sia meno favorevole per evitare la dispersione della corrente nel campo chirurgico.

Le potenzialità evocative sono solo una parte di un più ampio insieme di tecniche utilizzate durante le operazioni neurochirurgiche. Le risposte di azione nervosa (NAP) e l'elettromiografia (EMG) sono altrettanto importanti. Le NAP sono registrate tramite stimolazione diretta dei nervi periferici e cranici, fornendo informazioni sulla funzionalità e sull'integrità del nervo. Questi studi possono identificare potenziali danni ai nervi prima che si verifichino danni irreversibili, come lesioni dovute a trazione o compressione meccanica.

L'EMG, d'altra parte, è utile per registrare i potenziali di azione del muscolo (CMAP), monitorando la risposta dei muscoli durante la stimolazione. Questo strumento è particolarmente utile per mappare la posizione dei nervi periferici e cranici durante l'intervento. Le tecniche moderne di EMG, come la registrazione di EMG indotto da stimolazione (EMG innescato), possono rilevare l'integrità funzionale di questi nervi e garantire che la stimolazione non causi danni collaterali. La registrazione EMG innescata può anche essere usata in interventi di riparazione dei nervi periferici, aiutando i chirurghi a monitorare i nervi attraverso stimolazioni dirette, minimizzando il rischio di danni neurologici.

Un altro parametro di grande importanza durante gli interventi neurochirurgici è la registrazione dei riflessi. Tra questi, il riflesso di ammiccamento è il più comunemente monitorato. Questo riflesso oligosinaptico, che coinvolge l'afferenza trigeminale e le connessioni tra i nuclei trigeminale e facciale, è un indicatore dell'integrità del tronco encefalico e delle vie nervose facciali. Analogamente, il riflesso bulbocavernoso (BCR) rappresenta un indicatore dell'integrità delle vie nervose sacrali e può essere utile durante gli interventi a livello pelvico o spinale.

Le tecniche di monitoraggio intra-operatorio, come l'analisi delle NAP e delle risposte EMG, sono essenziali per garantire la funzionalità dei nervi durante l'intervento chirurgico. Tuttavia, va sottolineato che l'interpretazione di questi segnali non è sempre semplice. L'assenza di risposta, ad esempio, non implica necessariamente danni irreversibili, così come la presenza di scariche neurotoniche non è sempre indicativa di lesioni strutturali. Questi artefatti possono essere causati da irritazioni meccaniche o termiche, come quelle provocate dall'uso degli strumenti chirurgici o da manipolazioni locali.

Una sfida ulteriore è rappresentata dalla somministrazione di anestetici, che possono compromettere la registrazione dei riflessi. In questo caso, l'uso di brevi impulsi ad alta frequenza è una soluzione che permette di superare parzialmente gli effetti depressivi degli anestetici e di mantenere la sensibilità del sistema nervoso durante l'intervento.

Infine, è fondamentale che l'uso di queste tecniche venga sempre integrato con una valutazione clinica approfondita e una comprensione dettagliata delle anatomie coinvolte, così da ottimizzare le strategie chirurgiche e ridurre al minimo i rischi per il paziente.

Come gestire un meningioma asintomatico in associazione con altre lesioni

La gestione di un meningioma asintomatico rappresenta una sfida clinica significativa, soprattutto quando questo è associato ad altre lesioni o quando si presenta con caratteristiche particolari, come la variante en plaque, che può essere associata a iperostosi o invadere le ossa adiacenti. È importante comprendere che molti pazienti anziani, che potrebbero morire per cause non legate al meningioma, non manifestano sintomi legati al tumore prima del decesso. Questo fenomeno è stato documentato da Islim et al. nel 2020, che sottolineano come i meningiomi possano crescere senza diventare clinicamente significativi fino a quando non si manifestano sintomi acuti.

Tuttavia, la comprensione della crescita asintomatica dei meningiomi è essenziale, in quanto circa il 25% di questi tumori cresce rapidamente, un aspetto che può influire sulle decisioni terapeutiche, in particolare nei pazienti più anziani. Sebbene il tasso di crescita annuo (AGR) sia un parametro utile per valutare la progressione del tumore, è fondamentale notare che meningiomi rapidi in pazienti sani anziani potrebbero essere trattati prima che diventino sintomatici.

La classificazione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) distingue i meningiomi in tre gradi, che vanno dal grado 1 benigno al grado 3 maligno. La maggior parte dei meningiomi (80-85%) sono di grado 1 e appartengono a sottotipi come il meningoteliale (63%), il transizionale (19%) e il fibroso (13%). I meningiomi atipici (grado 2), che rappresentano il 15-20% dei casi, sono più rari e si trovano principalmente in sede convessa o parasagittale, raramente alla base cranica. La valutazione della mitosi e dell'invasione cerebrale sono fondamentali per la loro diagnosi.

Tra i meningiomi di grado 2, si rilevano alterazioni nei recettori ormonali come il recettore per il progesterone (PR), che può influenzare il comportamento clinico del tumore. I meningiomi che esprimono PR tendono ad avere una prognosi migliore, con minori tassi di recidiva, mentre quelli negativi per PR mostrano una progressione più aggressiva. Al contrario, l'espressione di recettori per gli estrogeni e l'assenza di PR sono indicatori di un comportamento clinico più aggressivo.

Inoltre, l'introduzione di marcatori molecolari nel 2021 ha migliorato la capacità di classificare i meningiomi e prevedere il loro comportamento. Le alterazioni genetiche più comuni includono la perdita del cromosoma 22 e mutazioni nel gene NF-2, che sono considerate eventi precoci nello sviluppo del meningioma. Alcune mutazioni, come quelle nei geni AKT1, SMO e TRAF7, sono tipiche dei meningiomi benigni, mentre mutazioni in geni come BAP1 e PBRM1 sono associate a meningiomi di grado 3.

Dal punto di vista clinico, i meningiomi si manifestano principalmente con mal di testa, che può essere dovuto alla tensione della dura madre o all'infiammazione. Altri sintomi comuni includono difetti ai nervi cranici, che sono frequenti nei tumori alla base del cranio, e crisi convulsive, che si verificano soprattutto nei meningiomi sopratentoriali a causa della compressione cerebrale e dell'edema. In alcuni casi, può svilupparsi anche idrocefalo ostruttivo o ipertensione intracranica.

I meningiomi alla base del cranio, in particolare, possono provocare sintomi neurologici a causa della compressione dei nervi cranici, con conseguente dolore al collo o difficoltà motorie. È noto che la perdita di alcuni cromosomi, come 1p e 10, può aumentare il rischio di recidiva nei tumori di grado 1, rappresentando un fattore prognostico negativo.

La radiologia è fondamentale per la diagnosi dei meningiomi, con la risonanza magnetica (RM) che rappresenta il metodo standard per valutare la localizzazione e le caratteristiche del tumore. Le immagini T1 ponderate mostrano i meningiomi come masse extra-assiali ben delimitate, che si intensificano notevolmente dopo l’iniezione di mezzo di contrasto, sebbene una distribuzione eterogenea del contrasto sia spesso associata a tumori di alto grado. In molti casi, la tomografia computerizzata (TC) mostra una leggera densità iperdensa del tumore, ma la risonanza magnetica rimane il metodo principale per valutare l’entità dell’eventuale invaso osseo o la presenza di un "codino durale", un segno distintivo di attacco alla dura madre.

Va infine ricordato che un'accurata valutazione del volume del tumore, della crescita annuale relativa o assoluta (AGR), e delle caratteristiche molecolari, è cruciale per determinare la strategia terapeutica. La resezione chirurgica precoce è spesso la migliore opzione per meningiomi a crescita rapida, soprattutto nei pazienti più giovani e in quelli con meningiomi di grado 1 o 2.