Nella creazione di modelli di deep learning, ci si trova tipicamente di fronte a due scenari fondamentali: utilizzare modelli pre-addestrati tramite trasferimento di apprendimento (transfer learning) oppure sviluppare ex novo modelli personalizzati partendo da dataset scelti. Nel primo caso, il trasferimento di apprendimento permette di sfruttare modelli già ottimizzati per compiti analoghi, aggiustandoli tramite un addestramento fine per adattarli alle esigenze specifiche. Nel secondo, si procede a costruire modelli originali, selezionando e pre-processando accuratamente i dati per l’addestramento, tenendo conto di molteplici fattori tecnici.
Prima di iniziare il processo di addestramento è cruciale definire alcune condizioni fondamentali: il metodo di addestramento (algoritmo), i criteri di terminazione, il numero massimo di epoche, il tasso di apprendimento iniziale, il numero massimo di iterazioni e le funzioni di perdita (loss) per il training e la validazione. La scelta del metodo di addestramento influisce direttamente sulla precisione e sulla stabilità del modello. Tra i solver più diffusi troviamo SGDM (discesa del gradiente stocastico con momento), Adam, RMSProp e L-BFGS, ognuno con caratteristiche specifiche. Ad esempio, L-BFGS è più indicato per reti piccole e dataset gestibili in un unico batch, mentre gli altri metodi sono solitamente applicati in modalità stocastica.
Il training loss e il validation loss sono due indicatori fondamentali per monitorare la qualità dell’addestramento. Il training loss guida l’ottimizzazione interna affinché il modello si adatti bene ai dati di addestramento, mentre il validation loss è essenziale per valutare la capacità del modello di generalizzare a dati nuovi, aiutando a prevenire fenomeni di overfitting. La definizione del numero massimo di epoche consente di limitare il tempo di addestramento, generalmente fissato a 30 come default, mentre il tasso di apprendimento deve essere calibrato con attenzione per evitare che il processo sia troppo lento o che converga a soluzioni subottimali.
Un’epoca è composta da molteplici iterazioni, ciascuna relativa all’elaborazione di un batch di dati. È quindi importante gestire il numero massimo di iterazioni per completare ogni epoca, mantenendo un equilibrio tra carico computazionale e accuratezza.
Durante l’addestramento si utilizzano due fasi principali: il training vero e proprio, basato su un dataset di input-output, e la verifica, eseguita su un set di dati separato per controllare l’efficacia del modello. Sebbene in alcuni casi si impieghi solo il training, in applicazioni più sofisticate entrambe le fasi sono indispensabili per migliorare la robustezza del modello.
La validazione o il testing del modello addestrato richiede dataset separati, ed è comune impiegare tecniche come la valutazione su set di test riservati, la cross-validazione K-fold, il confronto con modelli di base e l’analisi visiva delle decisioni interne del modello. La scelta delle metriche di valutazione deve essere attenta: in presenza di dataset sbilanciati, metriche come precisione, richiamo e F1-score risultano più significative rispetto alla semplice accuratezza o all’AUC-ROC. La matrice di confusione può fornire una rappresentazione chiara degli errori di classificazione.
Una volta validato, il modello può essere esportato per essere utilizzato in applicazioni reali. In ambienti come MATLAB, è possibile esportare il modello nella Workspace, salvarlo in file esterni, oppure convertirlo in codice eseguibile o blocchi Simulink per un uso integrato nei progetti futuri.
L’alternativa tra trasferimento di apprendimento e apprendimento da zero dipende dal contesto applicativo e dalla disponibilità di modelli pre-addestrati adatti. Il trasferimento permette di risparmiare tempo e risorse, concentrandosi su affinamenti, mentre la costruzione di nuovi modelli consente un controllo più profondo e personalizzato sulle caratteristiche del sistema.
Oltre alle tecniche specifiche di addestramento e validazione, è importante comprendere la natura intrinseca del problema trattato e l’impatto della qualità dei dati di input. La scelta accurata dei dati, la gestione della loro qualità e rappresentatività influenzano drasticamente le prestazioni finali del modello. Inoltre, la comprensione approfondita delle metriche di valutazione e dei rischi di overfitting o underfitting è essenziale per evitare decisioni fuorvianti.
Inoltre, l’implementazione pratica richiede spesso iterazioni continue tra le fasi di addestramento, validazione e revisione del modello, per adattarsi a nuovi dati o esigenze. L’automazione di tali processi mediante script o applicazioni dedicate migliora l’efficienza e la replicabilità, ma non sostituisce la necessità di un’analisi critica e di un intervento esperto.
La fase finale di deployment è altrettanto cruciale: un modello, per quanto ben addestrato, deve essere integrato correttamente nel contesto operativo, tenendo conto delle risorse computazionali disponibili, della latenza richiesta e della gestione degli aggiornamenti futuri. Solo così si può garantire che il modello porti effettivi benefici nella pratica quotidiana.
Come funziona il clustering gerarchico tramite le funzioni MATLAB?
Il clustering gerarchico si basa sulla creazione di una struttura ad albero binaria, costruita raggruppando oggetti sulla base delle distanze calcolate tra di essi. La funzione linkage() di MATLAB prende in input un vettore di distanze, che rappresenta le distanze tra coppie di oggetti iniziali, e procede a raggruppare gli oggetti in cluster, estendendo progressivamente la definizione di distanza anche ai cluster creati. Questo avviene tramite metodi diversi, tra cui il metodo predefinito detto single linkage, che utilizza la distanza minima tra gli oggetti per determinare l'aggregazione.
Una volta costruito l'albero gerarchico, rappresentato graficamente tramite la funzione dendrogram(), è possibile analizzare visivamente le relazioni e le suddivisioni fra i cluster. Il dendrogramma mostra come i cluster si formano unendo coppie di oggetti o di cluster più piccoli, fino a ottenere un unico cluster contenente tutti gli oggetti originali.
La funzione cluster() permette di definire come tagliare questo albero per ottenere i cluster finali. Ci sono due modalità principali per scegliere le suddivisioni: si può sfruttare la struttura naturale dei dati, cioè individuare divisioni che corrispondono a bruschi cambiamenti nelle similarità fra gli oggetti, oppure si può specificare un numero arbitrario di cluster desiderati.
Nel primo caso, la funzione cluster() consente di indicare un valore di soglia, che rappresenta un criterio di cutoff per definire le divisioni nei cluster; ad esempio, con una soglia impostata a 0.8, si possono ottenere cluster in cui gli oggetti sono più simili tra loro rispetto a questa soglia. Nel secondo caso, si impone un numero fisso di cluster, indipendentemente dalla struttura naturale dei dati, e cluster() raggruppa gli oggetti in base a questa specifica.
Questa flessibilità permette di adattare il metodo gerarchico a diverse esigenze di analisi, dalla ricerca di suddivisioni naturalmente emergenti nei dati alla creazione di raggruppamenti con un numero prestabilito.
L’implementazione di questi passaggi su dataset reali, come un insieme di dati clinici per classificare pazienti con diabete, evidenzia come il clustering gerarchico possa essere applicato per identificare gruppi di soggetti con caratteristiche simili. In un esempio pratico, si estrae un sottoinsieme di dati, si calcolano le distanze euclidee tra le osservazioni, si costruisce la matrice di distanza, si genera l’albero gerarchico e infine si applicano diverse soglie o numeri di cluster per ottenere differenti risultati di segmentazione.
Il metodo non solo evidenzia la struttura latente nei dati, ma rende possibile visualizzarla, facilitando così la comprensione dei gruppi e delle loro relazioni. Inoltre, la scelta del metodo di linkage e dei parametri di clustering influisce profondamente sul risultato, sottolineando l’importanza di una selezione consapevole in base al tipo di dati e agli obiettivi dell’analisi.
È fondamentale comprendere che il dendrogramma non è solo un grafico decorativo, ma uno strumento interpretativo: i livelli a cui si effettuano i tagli rappresentano le soglie di similarità, e la loro scelta influenza direttamente la composizione e il numero dei cluster finali. Il clustering gerarchico è dunque un approccio dinamico e visivo, che consente di esplorare i dati su molteplici livelli di granularità.
Infine, oltre all’aspetto computazionale, è essenziale valutare criticamente i risultati ottenuti, considerando che la definizione di “vicinanza” e la metrica utilizzata possono influenzare la formazione dei cluster. La comprensione profonda della natura dei dati, delle caratteristiche delle metriche e delle implicazioni dei metodi di linkage è imprescindibile per applicare correttamente il clustering gerarchico e interpretarne i risultati con rigore.
Come funziona e perché utilizzare un sistema adattivo neuro-fuzzy inferenziale (ANFIS) per la calibrazione e la previsione
Il sistema adattivo neuro-fuzzy inferenziale (ANFIS) rappresenta un approccio innovativo che combina la capacità di apprendimento delle reti neurali con la flessibilità della logica fuzzy, offrendo soluzioni efficienti per problemi di calibrazione e predizione in contesti complessi. In questo schema, i dati di ingresso — come le posizioni x e y di un robot o altre variabili continue — vengono trasformati tramite funzioni di appartenenza fuzzy, ognuna associata a regole di controllo precise, e successivamente processati da un modello a strati. Ad esempio, in una struttura a cinque livelli, i primi quattro livelli operano sulle funzioni di appartenenza e sulle regole fuzzy, mentre il quinto livello si limita a una somma pesata dei segnali per restituire l’output finale.
Nel contesto della calibrazione robotica, le regole di controllo riflettono relazioni lineari tra gli input e gli output fuzzy, come nel caso delle condizioni "se x è W, allora f11 = p1x + r1", che modellano la correzione da applicare in base alla posizione misurata. L’addestramento di ANFIS si avvale di dataset di posizioni e relativi errori, utilizzando tecniche di apprendimento supervisionato per stimare i parametri interni ottimali. La validazione avviene con dati separati, assicurando che il modello non solo si adatti ai dati di training ma generalizzi correttamente. L’efficacia del modello ANFIS emerge dai risultati di simulazione: gli errori medi e massimi di posizionamento sono significativamente inferiori rispetto a quelli ottenuti con metodi basati su sistemi fuzzy di tipo intervallo 2 (IT2 FIS), con una riduzione degli errori di circa il 30%. Ciò sottolinea il potenziale di ANFIS nella riduzione degli errori di calibrazione e nel miglioramento delle prestazioni dei sistemi robotici.
MATLAB offre un supporto robusto per la progettazione e l’implementazione di ANFIS attraverso due modalità principali: un’applicazione grafica chiamata Neuro-Fuzzy Designer, ideale per principianti, e una serie di funzioni specifiche per utenti avanzati che desiderano sviluppare progetti più complessi. La creazione di un sistema ANFIS richiede però una fase preliminare fondamentale: la raccolta e la preparazione dei dati. Nel machine learning supervisionato, come nel caso di ANFIS, la qualità dei dataset di input-output è cruciale. Spesso è necessario effettuare un pre-processing per adattare i dati grezzi alle esigenze del modello. A tal proposito, si può prendere come esempio il dataset storico dei prezzi azionari di Google, che copre un arco temporale di cinque anni e contiene informazioni su apertura, chiusura, massimo, minimo e volume degli scambi.
Il processo di progettazione in ANFIS prevede innanzitutto la costruzione di un set di dati di training, in cui gli input e gli output sono correlati logicamente per consentire al sistema di apprendere efficacemente. Successivamente, un dataset di validazione o di controllo viene utilizzato per testare le prestazioni del modello, assicurandosi che non vi siano fenomeni di overfitting. Entrambi i dataset devono rappresentare coerentemente la relazione input-output del sistema, pur differenziandosi tra loro. La capacità di ANFIS di modellare relazioni non lineari, associata alla sua adattabilità, rende questo metodo particolarmente utile non solo nella calibrazione robotica ma anche in ambiti come la previsione finanziaria, dove la natura incerta e dinamica dei dati richiede approcci flessibili e intelligenti.
La comprensione dei principi di funzionamento di ANFIS è imprescindibile per sfruttarne appieno le potenzialità. È fondamentale riconoscere che la modellazione fuzzy offre una rappresentazione più naturale e intuitiva del mondo reale rispetto ai modelli puramente numerici, integrando il ragionamento umano con l’apprendimento automatico. Inoltre, la qualità e la rappresentatività dei dati a disposizione determinano il successo della calibrazione o della previsione; pertanto, l’attenzione nella preparazione, normalizzazione e suddivisione del dataset è un passaggio che non può essere trascurato. La possibilità di utilizzare strumenti come MATLAB facilita il processo di implementazione ma richiede comunque una solida comprensione teorica e pratica dei concetti alla base del sistema.
Come funzionano gli agenti intelligenti e il ruolo dell’apprendimento nell’intelligenza artificiale
Gli agenti intelligenti (IA) sono sistemi che, mediante l’interazione con l’ambiente circostante, prendono decisioni autonome e agiscono in modo finalizzato. La loro struttura fondamentale comprende diversi elementi interconnessi, ciascuno con una funzione specifica: l’elemento di apprendimento consente di acquisire esperienza dalle situazioni passate, migliorando progressivamente le capacità decisionali; il critico fornisce un feedback continuo sulle azioni compiute, permettendo un’autovalutazione e una correzione degli errori; l’elemento di prestazione è responsabile dell’attuazione pratica delle decisioni prese, traducendo le strategie in azioni esterne; infine, il generatore di problemi agisce come un agente di retroazione che propone nuove ipotesi e mantiene la storia delle esperienze, stimolando così il miglioramento continuo del sistema.
Un agente intelligente si basa su due unità essenziali: quella percettiva, che raccoglie dati dall’ambiente attraverso sensori, e quella attuativa, che mette in pratica le azioni tramite attuatori. Il processo decisionale si fonda su regole condizione-azione, dove l’IA interpreta gli input sensoriali per decidere e agire, perseguendo specifici obiettivi di controllo. Tra le diverse tipologie, l’agente di apprendimento si distingue per la sua capacità di auto-miglioramento e controllo retroattivo, conferendogli robustezza e affidabilità nell’esecuzione di compiti complessi.
L’intelligenza artificiale ha ormai permeato molteplici ambiti applicativi, dalla robotica industriale all’automazione dei veicoli, dai sistemi di assistenza virtuale alla gestione sanitaria, passando per l’investimento finanziario automatizzato e il monitoraggio dei social media. Le implementazioni più diffuse comprendono la elaborazione di immagini per diagnosi mediche, il riconoscimento e l’ispezione basati su pattern visivi, il controllo automatizzato di robot industriali, la guida autonoma e l’analisi di grandi moli di dati (big data). Questi campi evidenziano come l’IA non sia più una mera astrazione teorica, ma una realtà concreta e trasversale che sta trasformando interi settori.
L’avanzamento tecnologico dell’IA ha segnato un punto di svolta radicale nella gestione delle informazioni e nell’efficienza operativa di molte industrie, modificando le modalità di ricerca, produzione e servizi in tempi relativamente brevi. Attraverso algoritmi sofisticati e l’apprendimento automatico, i sistemi intelligenti riescono a emulare comportamenti umani, risolvere problemi complessi e sviluppare simulazioni sempre più avanzate, con l’obiettivo di raggiungere livelli di intelligenza comparabili a quelli umani. Le previsioni di mercato indicano una crescita esponenziale degli investimenti in questo settore, testimoniata dall’adozione sempre più diffusa di tecnologie cognitive e di machine learning nelle applicazioni aziendali.
L’intelligenza artificiale porta con sé un duplice volto: da un lato, numerosi vantaggi come la riduzione degli errori umani, l’operatività continua, l’ottimizzazione dei costi di formazione e gestione, il supporto nei lavori ripetitivi e la velocizzazione dei processi decisionali; dall’altro, rischi potenziali quali la disoccupazione tecnologica, l’abuso delle tecnologie con conseguenti minacce, la discriminazione algoritmica, la riduzione delle capacità critiche e creative umane e, in prospettiva, la possibilità di una minaccia esistenziale qualora l’IA venisse programmata o evolvesse verso comportamenti dannosi.
La comprensione di come un agente intelligente percepisce, apprende, valuta e agisce è cruciale per valutare non solo le potenzialità, ma anche le responsabilità e i limiti di tali sistemi. La capacità di apprendimento autonomo è un elemento cardine che rende possibile l’adattamento a contesti dinamici e complessi, ma richiede un’attenta progettazione di feedback e controllo per evitare esiti indesiderati. Inoltre, è fondamentale riconoscere che, nonostante i progressi, l’IA manca di emozioni e intuizioni “fuori dagli schemi”, qualità insostituibili nell’essere umano. L’integrazione sinergica tra intelligenza artificiale e intelligenza umana rimane quindi un obiettivo imprescindibile per uno sviluppo sostenibile e responsabile.
Integrazione dell'Apprendimento Federato nell'Assistenza Sanitaria: Opportunità e Sfide
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