L'uso dei cani come modello animale per lo studio della rigenerazione del midollo spinale umano sta emergendo come un’opportunità promettente per il progresso delle neuroscienze. I cani con lesioni traumatiche al midollo spinale (SCI) rappresentano un valido modello per comprendere meglio le potenzialità terapeutiche destinate a trattare le lesioni spinali negli esseri umani. Tra gli approcci più innovativi vi sono le strategie neuroprotettive acute, le terapie farmacologiche per le lesioni croniche e l'impiego delle cellule per il trattamento delle lesioni spinali.
Alcuni degli studi più significativi hanno esplorato l’utilizzo di inibitori delle metalloproteinasi, come il GM6001, somministrato a cani con lesioni acute del midollo spinale. Questo trattamento è stato somministrato attraverso iniezioni sottocutanee, in un disegno sperimentale randomizzato, controllato e in doppio cieco. Sebbene i risultati abbiano mostrato un miglioramento funzionale nei cani trattati, soprattutto quelli con lesioni complete, l’effetto sembrava essere più legato al solvente DMSO, piuttosto che all'inibitore stesso, suggerendo un possibile meccanismo neuroprotettivo dovuto alla sostanza di base.
Un altro approccio interessante è stato quello di testare l’efficacia del polietilenglicole (PEG) e del metilprednisolone sodico succinato (MPSS) in uno studio multicentrico che, tuttavia, non ha evidenziato miglioramenti significativi dopo 12 settimane, portando alla conclusione che queste terapie non siano efficaci per le lesioni acute complete del midollo spinale.
Nel contesto delle lesioni spinali croniche, si è posto un crescente interesse nella possibilità di invertire il processo di cicatrizzazione con agenti enzimatici. La chondroitinasi ABC, un enzima batterico capace di degradare il proteoglicano solfato di condroitina, componente principale delle cicatrici gliali, ha dimostrato effetti promettenti. Uno studio randomizzato ha trattato cani con lesioni croniche severe T3-L3 con iniezioni di chondroitinasi ABC, osservando miglioramenti significativi nella coordinazione temporale. Inoltre, alcuni cani sono riusciti a riprendere la deambulazione senza supporto, un risultato eccezionale nel trattamento delle lesioni spinali croniche.
Le terapie basate su cellule staminali stanno guadagnando sempre più attenzione. Tra queste, le cellule olfattive, come le cellule di rivestimento olfattivo (OEC), hanno mostrato miglioramenti nella coordinazione degli arti in cani con lesioni complete e croniche del midollo spinale. Tuttavia, l’efficacia di queste cellule si è rivelata limitata quando utilizzate da sole, in quanto non sono state in grado di ripristinare funzioni complesse come l'equilibrio o la continenza. Al contrario, quando queste cellule sono state combinate con altre terapie, i risultati sono stati più promettenti.
Le cellule staminali mesenchimali (MSCs) si sono dimostrate particolarmente efficaci nel trattamento delle lesioni spinali traumatiche. Sia le MSC autologhe che quelle allogeniche hanno prodotto miglioramenti nella locomozione nei cani con lesioni sperimentali al midollo spinale. In uno studio, la somministrazione di MSCs derivate da cordone ombelicale ha portato a un miglioramento della rigenerazione nervosa e della neuroprotezione, con minore infiammazione rispetto ad altri tipi di MSC. Questo approccio ha suggerito che le MSC potrebbero promuovere una maggiore rigenerazione del midollo spinale, supportando la sopravvivenza neuronale e riducendo la dimensione delle lesioni.
Tuttavia, non tutte le terapie con cellule staminali sono state altrettanto efficaci. Uno studio pilota che ha utilizzato cellule derivate da cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC) non ha mostrato miglioramenti clinici nei cani con lesioni croniche al midollo spinale. Questo risultato ha sollevato dubbi riguardo all'efficacia delle iPSC nel trattamento delle lesioni spinali, suggerendo che l'attivazione dei circuiti spinali locali, piuttosto che la rigenerazione cellulare diretta, potrebbe essere responsabile dei miglioramenti osservati.
Al di là delle terapie tradizionali con cellule staminali, un campo emergente nella medicina rigenerativa è l’utilizzo del tessuto adiposo microframmentato autologo (MFAT). Il MFAT rappresenta una fonte promettente di cellule staminali adipose (ADSC) per il trattamento delle lesioni spinali. Il suo utilizzo, più semplice rispetto alle tecniche più complesse di manipolazione cellulare, ha attirato l'attenzione della comunità scientifica per le sue potenzialità. Studi recenti hanno mostrato che la somministrazione di MFAT può accelerare il recupero della locomozione in cani trattati con decompressione chirurgica, riducendo significativamente il tempo di recupero.
In sintesi, sebbene le terapie sperimentali per la rigenerazione del midollo spinale nei cani abbiano prodotto alcuni risultati positivi, la ricerca è ancora nelle fasi iniziali e sono necessari ulteriori studi per determinare la combinazione ottimale di trattamenti. Il recupero funzionale dopo una lesione al midollo spinale dipende da una molteplicità di fattori, tra cui la plasticità del tessuto, la risposta dell’ambiente locale e l'efficacia dei trattamenti. Le potenzialità delle terapie cellulari, pur promettenti, non sono ancora sufficienti per garantire il ritorno completo delle funzioni neurologiche. È quindi fondamentale continuare a esplorare nuove modalità terapeutiche, combinando approcci diversi e studiando più a fondo le risposte biologiche del midollo spinale alle terapie.
Quali sono i trattamenti manuali più efficaci nella gestione delle patologie articolari nei cani?
I trattamenti manuali sono fondamentali nel trattamento delle patologie articolari, in particolare per le malattie degenerative articolari (DJD) avanzate nei cani. Le terapie manuali come la mobilizzazione articolare, la mobilizzazione dei tessuti molli e la trazione sono utilizzate per ridurre il dolore, migliorare la mobilità e preservare la funzione articolare.
Le tecniche di mobilizzazione articolare includono movimenti specifici come la trazione e le glides. La trazione, nota anche come distrazione, prevede l'applicazione di una forza continua per separare le superfici articolari, tipicamente in modo perpendicolare al piano di trattamento. La trazione di grado I e II è indicata per la gestione del dolore, mentre la trazione di grado III viene utilizzata per allungare i tessuti circostanti. Questo approccio viene applicato con una breve fase di tensione e successivi periodi di riposo, come suggerito da Kaltenborn (2014). La mobilizzazione articolare ha l’obiettivo di ripristinare la mobilità generale, influenzando le strutture articolari sia meccanicamente che chimicamente, migliorando quindi il flusso sanguigno e riducendo l’infiammazione.
In particolare, quando si lavora con le articolazioni come quella scapolomerale (spalla), i movimenti devono essere mirati. L'estensione della scapolomerale richiede un movimento caudale della testa dell'omero sulla fossa glenoidea, mentre la flessione richiede un movimento craniale della testa dell'omero. Questo tipo di mobilizzazione può correggere le restrizioni nella gamma di movimento dell'articolazione, spesso legate alla rigidità della capsula articolare.
Accanto alla mobilizzazione articolare, la terapia manuale dei tessuti molli gioca un ruolo cruciale. Il rilascio miofasciale, che si concentra sui tessuti muscolari e fasciali, è una tecnica che allevia le restrizioni nei muscoli e nei tendini, migliorando la flessibilità e la funzionalità dell'area trattata. La mobilizzazione dei tessuti molli prevede movimenti mirati per allentare la tensione muscolare, consentendo così una maggiore escursione articolare.
Un aspetto fondamentale da considerare è il trattamento del sistema nervoso periferico. Le valutazioni dei tessuti nervosi, che comprendono la palpazione dei nervi durante i test neurodinamici, sono essenziali per rilevare eventuali irritazioni o compressioni che potrebbero causare dolore o disfunzioni. Nei cani, la compressione o il blocco dei nervi possono essere causati da osteofiti, ernie discali o posture scorrette, riducendo la mobilità e causando dolore. Le tecniche di mobilizzazione nervosa, come i glides e i tensioners, sono utilizzate per migliorare la circolazione sanguigna e la mobilità del nervo, riducendo l’infiammazione e migliorando la funzione.
La mobilizzazione nervosa si basa sul principio che il movimento di una parte del corpo possa influenzare il nervo in aree distali. Ad esempio, un movimento degli arti anteriori può mobilizzare i nervi cervicali senza muovere direttamente la colonna vertebrale, riducendo così il dolore senza provocare un ulteriore stress sulla zona infiammata. Questa tecnica ha dimostrato di ridurre l'edema intraneurale, migliorare la dispersione dei fluidi all'interno del nervo e ridurre la sensibilità al dolore, come riportato in studi clinici su animali (Schmid et al., 2012). La mobilizzazione nervosa agisce sia a livello meccanico che chimico, ristabilendo l’equilibrio tra le strutture nervose e i tessuti circostanti.
La gestione a lungo termine di cani con DJD avanzata implica un piano di riabilitazione mirato che non solo gestisce il dolore e mantiene la mobilità, ma educa anche i proprietari su come migliorare la qualità della vita quotidiana dell'animale. Le modifiche a casa, come la rimozione degli ostacoli, la regolazione dell'altezza delle ciotole per il cibo e l'acqua e la limitazione dei salti, possono fare una grande differenza nel mantenere il cane attivo e a proprio agio.
Per un’efficace riabilitazione, è fondamentale mantenere una routine regolare di esercizi che rinforzino il core e migliorino la postura. La riabilitazione attiva deve essere combinata con interventi passivi come la terapia manuale e la stimolazione neuromuscolare, per ottenere i migliori risultati a lungo termine.
Infine, la nutrizione gioca un ruolo essenziale nella gestione della DJD. Integratori nutraceutici, come quelli che contengono condroprotettivi, possono supportare la salute delle articolazioni, riducendo l'infiammazione e promuovendo la riparazione del tessuto cartilagineo. L'uso della fotobiomodulazione, che utilizza la luce per stimolare la guarigione dei tessuti, sta guadagnando attenzione come complemento alla terapia manuale tradizionale.
Qual è il ruolo delle protesi veterinari: valutazione, obiettivi e considerazioni sul trattamento
La protesi veterinaria (V-OP) rappresenta una soluzione innovativa e complessa per il trattamento di cani che hanno subito amputazioni o che presentano disfunzioni motorie gravi. Nonostante il suo potenziale, non è adatta a tutti gli animali né per ogni cliente. I fattori limitanti principali sono spesso legati alla disponibilità delle risorse da parte del cliente e al suo impegno. Tuttavia, con l’instaurazione di aspettative chiare prima di procedere con l’adozione di una protesi, molti clienti trovano che l’impegno temporale ed economico sia sostenibile, considerando i problemi di salute cronici e i costi associati a un’amputazione completa di un arto. La valutazione, la definizione degli obiettivi e la successiva pianificazione del trattamento sono fasi fondamentali per garantire un esito positivo.
L’approccio alla valutazione del paziente con V-OP deve essere logico e approfondito. L’esame preliminare comprende vari aspetti, tra cui valutazioni fisiche generali, neurologiche e ortopediche, nonché un’analisi biomeccanica e del temperamento. L’obiettivo finale è quello di fornire una diagnosi accurata, una prescrizione appropriata e un piano terapeutico che risponda alle aspettative del cliente e ai bisogni clinici dell’animale. L’esame non deve concentrarsi esclusivamente sulla condizione principale, ma deve includere una visione complessiva del funzionamento dell'intero corpo, al fine di identificare le interrelazioni tra le varie problematiche fisiche.
Una delle componenti essenziali della valutazione è l'osservazione. Questo processo deve essere effettuato in un ambiente ampio, con pavimentazione antiscivolo e senza l’utilizzo di un tavolo da esame. Il paziente deve avere la possibilità di esplorare liberamente l’ambiente mentre viene raccolta la storia clinica. Questo consente sia un’osservazione spontanea dei movimenti del cane che una fase di adattamento all’ambiente. L’esame può essere completato anche osservando l’animale durante la camminata in un’area aperta, prima di entrare nella stanza d’esame. L’utilizzo di accessori come scale o pendenze può essere utile per simulare attività quotidiane e per valutare come il cane affronta le difficoltà nel cammino.
Accanto all’osservazione, è necessario raccogliere una storia medica completa, che comprenda la comparsa della condizione patologica, gli esami diagnostici effettuati, i farmaci e gli integratori assunti, e la risposta ad eventuali altre terapie. La storia dovrebbe anche considerare il livello di attività fisica passato e attuale del cane, eventuali sport praticati, l’ambiente domestico (ad esempio, tipo di pavimentazione, presenza di scale, giardino, letti) e lo stile di vita, comprese la presenza di altri animali o bambini. Questi dettagli sono fondamentali per determinare l’opportunità di prescrivere un dispositivo V-OP, il suo design, e la modalità di implementazione del trattamento.
Per procedere con la scelta corretta del dispositivo, è necessario stabilire gli obiettivi del cliente. Qual è lo scopo principale dell’utilizzo della protesi? Restituire il cane a una vita attiva o come alternativa a un intervento chirurgico? Comprendere le motivazioni dietro la richiesta di un trattamento con protesi consente di selezionare la terapia più adatta. In molti casi, le motivazioni comuni per l’utilizzo di ortesi includono l’assenza di alternative chirurgiche, l’età avanzata del paziente, comorbidità, rischi anestetici elevati, o problematiche economiche. Ad esempio, nel caso di un’ortesi per insufficienza del crociato craniale con danno meniscale, se il motivo principale della richiesta è limitato dalle risorse finanziarie, l’adozione di un dispositivo V-OP, insieme ad una meniscectomia parziale e riabilitazione, potrebbe risultare troppo costosa rispetto alla chirurgia stabilizzante, alla meniscectomia parziale e alla riabilitazione.
Un altro passo cruciale è l’acquisizione di media, come video e fotografie, per analizzare la conformazione, la postura e il cammino del cane. La registrazione video è uno strumento utile per eseguire analisi della camminata e del movimento articolare attivo (AROM), in particolare in ambienti sicuri e con pavimentazione antiscivolo. I video devono essere ripresi da diverse angolazioni e includere la visualizzazione completa del corpo del cane in movimento. Questi video sono indispensabili per diagnosticare correttamente, prescrivere il trattamento e monitorare i progressi. L’acquisizione di video di buona qualità, pur non essendo necessaria per ogni paziente, è fondamentale per eseguire una diagnosi precisa. Le riprese comuni includono il cane in stazione quadrupede, in movimento verso e lontano dalla telecamera, e durante la camminata e il trotto.
Un aspetto da non trascurare nella valutazione è la Linea di Progressione (LOP) del singolo arto. La LOP descrive l'orientamento di un arto, sia nella fase di stazione che di ambulatione. Alterazioni della LOP possono influire sul modo in cui l’animale cammina, generando difficoltà nella deambulazione e in alcuni casi portando a lesioni da attrito con la protesi. L’esempio del Border Collie, che tende ad avere una leggera rotazione esterna naturale delle zampe, dimostra l’importanza di non forzare un’alterazione innaturale della LOP, poiché ciò potrebbe compromettere la funzionalità del dispositivo e peggiorare la qualità della vita dell'animale.
Comprendere la biomeccanica del movimento del cane e le sue necessità specifiche è fondamentale per la progettazione di una protesi efficace. La corretta valutazione e il giusto approccio terapeutico consentono di ottenere risultati ottimali, che non solo migliorano la mobilità dell’animale, ma migliorano anche la sua qualità della vita. Ogni fase del processo, dalla valutazione all’implementazione, deve essere realizzata con attenzione e cura per garantire che il dispositivo scelto sia effettivamente quello più adatto.
Come valutare il cammino e la riabilitazione del torace negli animali: approcci clinici e diagnostici
Il corretto esame del cammino è essenziale per diagnosticare le zoppie nei cani, in particolare quando si tratta degli arti toracici. È fondamentale osservare il paziente mentre cammina a una velocità normale, ma anche in slow-motion per rilevare eventuali segni sottili di zoppia. Registrazioni video possono essere utili in questo contesto, poiché permettono una visione più dettagliata e precisa dei movimenti, specialmente quando il cane si sposta verso e lontano dal clinico, e quando viene osservato da entrambi i lati. La presenza di dolore o difficoltà nel movimento può manifestarsi in vari modi, tra cui la limitazione della flessione delle articolazioni del gomito e del carpo, con conseguente accorciamento della lunghezza del passo. Questi segni sono particolarmente evidenti nei casi di zoppia agli arti toracici. Quando il cane cammina in salita o scende le scale, è possibile osservare come gli arti toracici agiscano come forza frenante. Tale comportamento fornisce ulteriori informazioni sul livello di comfort e sulla funzionalità delle articolazioni.
La valutazione deve includere l'osservazione del paziente durante il cammino a passo e trotto. In particolare, l'uso di barre di cavaletti può essere utile per testare la flessione delle articolazioni del gomito e del carpo, e per valutare la mobilità articolare. Quando il cane ha una zoppia agli arti toracici, è frequente notare un passo più corto e una camminata a scivolamento, poiché limita la flessione di gomiti e carpi. Altri segni rilevanti sono la presenza di atassia o di trascinamento delle punte delle dita, che indicano possibili problemi neurologici. Il concetto di "down on sound" è un altro indicatore utile da considerare: quando il cane solleva la testa per trasferire il peso dall'arto dolente verso quello sano, e viceversa.
Un esame accurato delle articolazioni e dei tessuti molli dell'arto toracico è altrettanto importante, ed è utile seguire un approccio passo-passo per garantire diagnosi precise. La palpazione del collo e degli arti toracici dovrebbe essere eseguita delicatamente, con attenzione alla presenza di eventuali dissimmetrie nei muscoli, gonfiore dei tessuti molli o effusione articolare. La misurazione della circonferenza degli arti in vari punti consente di monitorare la presenza di atrofia muscolare o di cambiamenti nella massa muscolare, fenomeni che possono derivare dall'immobilizzazione o da patologie ortopediche. L'atrofia muscolare è spesso correlata alla diminuzione dell'uso dell'arto dovuta al dolore.
La valutazione neurologica è parte integrante di ogni esame riabilitativo ortopedico. Essa consente di identificare eventuali alterazioni del sistema nervoso che potrebbero influire sulla funzionalità dell'arto. L'esame dei range di movimento passivo (PROM) è cruciale per valutare la mobilità articolare. La valutazione dei movimenti passivi delle articolazioni del gomito, del carpo e delle dita deve essere eseguita con attenzione all' "end-feel", una sensazione che il clinico percepisce quando l'articolazione raggiunge la sua fine naturale di movimento. Le sensazioni di fermo, come quelle causate dall'osso contro osso o dalla muscolatura che limita il movimento, sono caratteristiche delle articolazioni sane. Qualsiasi alterazione dell'end-feel, come spasmi muscolari o gonfiore articolare, può essere indicativa di patologie.
Inoltre, la goniometria è uno strumento utile per misurare in modo obiettivo l'angolo di movimento delle articolazioni, fornendo dati affidabili per monitorare i progressi del trattamento riabilitativo. La misurazione della flessione e dell'estensione delle articolazioni principali dell'arto toracico deve essere presa come punto di riferimento per tutti i pazienti ortopedici. La misurazione del range di movimento delle dita può essere effettuata se c'è una restrizione palpabile nei movimenti delle falangi.
La palpazione diagnostica consente una valutazione approfondita delle strutture articolari e dei tessuti molli. Questa fase del processo diagnostico implica la manipolazione attenta delle articolazioni per individuare limitazioni nel movimento e per identificare eventuali trigger point muscolari. Se vengono rilevate rigidità o dolori muscolari, l'esame deve essere esteso per esaminare l'intero muscolo da origine a inserzione, cercando possibili disfunzioni miofasciali. La mobilizzazione passiva delle superfici articolari, tramite il movimento in direzioni multiple, può anche aiutare a identificare crepitii articolari, ipermobilità o ipomobilità.
I test speciali per gli arti toracici, come quelli descritti in capitoli precedenti, sono fondamentali per determinare la zona dell'infortunio. Questi test, pur non essendo mai determinanti al 100%, sono utili per confermare la presenza di dolore o resistenza nell'area sospetta.
Nel definire la diagnosi funzionale, è importante raccogliere tutte le informazioni emerse dall'esame fisico. Ogni problema viene descritto in modo dettagliato, indicando la localizzazione dell'infortunio, il tipo di tessuto coinvolto e la sua cronologia. La localizzazione deve essere precisa, in modo da permettere una pianificazione terapeutica mirata. La diagnosi funzionale completa la comprensione del problema, facilitando la definizione di un percorso riabilitativo adeguato.
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