Il panorama giuridico dei modelli generativi di intelligenza artificiale è oggi segnato da una tensione costante tra il desiderio commerciale di trarre profitto dai dati e dai contenuti generati e la volontà strategica di evitare ogni forma
La protezione dell'identità e il diritto alla pubblicità nell'era dell'IA generativa
Il concetto di "diritto alla pubblicità" ha tradizionalmente riguardato la protezione dell'identità di una persona da appropriazioni commerciali non autorizzate, in particolare l'uso del proprio nome, aspetto o voce per fini pubblicitari. Tuttavia, l'evoluzione tecnologica, in particolare con l'avvento dell'Intelligenza Artificiale generativa, ha sollevato nuove questioni legate a come questo diritto si applichi alle creazioni digitali sempre più sofisticate.
Uno dei principali problemi riguarda l'uso di identità generate dall'IA, come nel caso di contenuti pubblicitari che utilizzano celebrità "digitali" o manipolate. In scenari come questi, la rilevanza del diritto alla pubblicità potrebbe diminuire, in quanto la credibilità delle immagini generate potrebbe essere messa in discussione dal pubblico. Se un'azienda decide di utilizzare un clone digitale di una celebrità, il valore commerciale di tale endorsement potrebbe calare, poiché il pubblico potrebbe non credere che la figura sia reale. Questa sfida non è solo legata alla difficoltà di fermare la diffusione di tali immagini, ma anche alla mancanza di strumenti giuridici chiari per tutelare le celebrità in contesti che non sono strettamente commerciali.
In effetti, non tutte le imitazioni digitali di una persona violano il diritto alla pubblicità. Se il contenuto in questione non è finalizzato alla vendita di beni o servizi, come nel caso di spoof o di video politici contraffatti, esso potrebbe non rientrare sotto la giurisdizione di tale diritto. Questi tipi di contenuti, sebbene dannosi per la reputazione di una persona o per la fiducia nel sistema mediatico, non sono considerati come appropriazioni commerciali dell'identità, e quindi non sono tutelati dal diritto alla pubblicità.
La questione si complica ulteriormente quando si tratta di opere artistiche create utilizzando l'identità di una persona, come un episodio di una serie televisiva che riprende gli attori originali o una canzone che usa la voce di un cantante. Tali creazioni, anche se potrebbero sembrare violare il diritto alla pubblicità, non sono sempre regolamentate da leggi specifiche, soprattutto se non hanno finalità commerciali. In questo contesto, il diritto comune alla pubblicità potrebbe essere più ampio, poiché non solo protegge gli usi puramente commerciali, ma anche l'appropriazione non autorizzata delle caratteristiche distintive di una persona. Tuttavia, una tale rivendicazione potrebbe incontrare ostacoli significativi: da una parte, il diritto alla pubblicità potrebbe essere ostacolato dalla difesa dell'uso trasformativo, che si applica quando l'identità di una persona è utilizzata in un'opera che diventa espressione originale dell'autore e non una mera riproduzione.
Un altro ostacolo significativo riguarda la legge sul copyright, che potrebbe prevalere su un reclamo di diritto alla pubblicità. La sezione 301(a) della legge sul copyright stabilisce che un diritto statale non può essere equivalente ai diritti esclusivi di copyright, a meno che non contenga un "elemento extra" che cambi sostanzialmente la natura dell'azione. Questo potrebbe significare che un reclamo di violazione del diritto alla pubblicità potrebbe essere precluso da un'azione di violazione del copyright, soprattutto quando la creazione in questione è considerata una "trasformazione" di un'opera preesistente.
Infine, anche se un creatore di contenuti digitali dovesse essere ritenuto responsabile per la violazione del diritto alla pubblicità, i fornitori di sistemi di IA potrebbero godere di immunità legale, grazie alla Sezione 230 del Communications Decency Act. Sebbene questa legge protegga generalmente i fornitori di servizi da azioni legali relative ai contenuti pubblicati dagli utenti, la sua applicabilità ai diritti di pubblicità non è ancora chiara. Ci sono delle eccezioni, come quella che riguarda "leggi sulla proprietà intellettuale", ma la definizione di "diritto alla pubblicità" come legge di proprietà intellettuale è ancora dibattuta. Se l'IA genera contenuti che violano i diritti di pubblicità, potrebbe esserci un conflitto tra le leggi federali e statali.
In questo contesto, è essenziale comprendere che le attuali normative potrebbero non essere sufficienti per proteggere adeguatamente gli individui contro l'uso non autorizzato delle loro identità digitali, soprattutto nell'era dell'IA. Le leggi dovrebbero essere adattate per affrontare i nuovi tipi di appropriazione che emergono in un mondo sempre più digitale, dove la linea tra ciò che è reale e ciò che è artificiale diventa sempre più sfumata. Pertanto, la protezione dell'immagine e dei diritti legati all'identità digitale richiede un'attenzione continua e una riforma delle leggi esistenti per rispondere adeguatamente alle sfide moderne.
Quali sono le implicazioni legali dei progetti CLAUDETTE nell'ambito delle normative europee su AI, DSA e ADR?
I progetti come CLAUDETTE, che utilizzano l'intelligenza artificiale per monitorare e migliorare la conformità delle pratiche aziendali alla normativa europea, sono particolarmente attraenti per le agenzie di consumo e le organizzazioni di consumatori. L'adozione di atti normativi come l'AI Act, il Digital Services Act (DSA) e il Data Act (DA) ha amplificato notevolmente la portata delle azioni collettive, consentendo a tali entità di avviare azioni legali per ingiunzione o compensazione collettiva in caso di violazioni delle leggi dell'UE. Questo meccanismo non riguarda un conflitto tra due parti contrattuali, ma si concentra sulla legittimità delle pratiche aziendali, come la correttezza delle condizioni contrattuali, le pratiche commerciali (pubblicità e promozioni) e la privacy dei dati, settori nei quali i progetti tipo CLAUDETTE sono più avanzati.
L'inclusione dell'AI Act e del DSA amplia ulteriormente il campo d'azione, consentendo alle agenzie di consumatori e alle organizzazioni di argomentare che i fornitori e gli utilizzatori di sistemi di intelligenza artificiale ad alto rischio stiano violando gli obblighi di diligenza previsti dalle normative, oppure che i fornitori di sistemi a basso rischio stiano infrangendo i requisiti di trasparenza, sempre che tali violazioni abbiano un impatto sugli interessi collettivi dei consumatori. La natura astratta della violazione consente a progetti come CLAUDETTE di affrontare il controllo delle pratiche aziendali illegali in maniera più efficace, basandosi su un test di conformità generale e non sulle singole lamentele di consumatori individuali.
Nonostante le potenzialità, la situazione pratica è ancora in evoluzione: ad oggi, nessuna organizzazione di consumatori nell'UE ha sviluppato un sistema simile a CLAUDETTE o ne ha testato l'applicazione come tale. Tuttavia, le agenzie di consumo stanno iniziando ad adottare approcci simili. Nel 2022, ad esempio, la Commissione Europea ha lanciato una gara che ha consentito all'Autorità polacca per la protezione della concorrenza e dei consumatori di sviluppare un sistema automatizzato per il controllo dei termini ingiusti, ispirato a CLAUDETTE.
Un aspetto fondamentale da considerare riguarda la distinzione tra i diversi requisiti legali che le entità qualificate devono rispettare per ottenere legittimità giuridica. Se l'entità qualificata è un'organizzazione di consumatori, la sua legittimazione è legata al rispetto di numerosi requisiti, che garantiscano la rappresentanza degli interessi legittimi dei consumatori. Tali requisiti non si applicano alle agenzie di consumatori. Tuttavia, queste condizioni si riferiscono solo alle azioni legali transfrontaliere, non a quelle nazionali, lasciando spazio a una possibile disomogeneità tra gli Stati membri.
In alcuni Stati membri, come la Germania, c'è preoccupazione che alcuni paesi possano essere troppo generosi nel concedere legittimazione alle organizzazioni nazionali di consumatori, alimentando il rischio di una "industria del contenzioso" attraverso la porta sul retro. Le preoccupazioni si concentrano principalmente sulle azioni per la compensazione collettiva, ma anche le azioni per ingiunzione potrebbero essere limitate. La direttiva 1828/2020 non tratta delle organizzazioni aziendali come entità qualificate, ma in alcuni Stati membri esistono azioni simili, in particolare per le pratiche commerciali ingiuste, dove anche i progetti tipo CLAUDETTE potrebbero trovare spazio.
Un'altra questione rilevante è l'assenza di obblighi per gli Stati membri di istituire agenzie di consumo, a meno che non si tratti di settori specifici come energia, finanza, telecomunicazioni o trasporti. Sebbene il regolamento 2017/2394 imponga agli Stati membri di designare un'agenzia nazionale per la cooperazione nell'applicazione transfrontaliera delle leggi sui consumatori, né l'AIA né il DSA sono stati aggiunti all'elenco delle leggi dell'UE in cui tale regolamento è applicabile. Ciò implica che le agenzie di consumo nazionali, pur essendo responsabili dell'applicazione delle leggi sui consumatori, siano escluse dall'applicazione dell'AIA e del DSA, che lasciano agli Stati membri la designazione delle autorità competenti.
Questa dipendenza dalle agenzie nazionali e dalle agenzie designate dall'AIA e dal DSA solleva interrogativi sulla possibilità che gli Stati membri possano obbligare le agenzie a rivelare informazioni sulla tecnologia utilizzata e le garanzie adottate, simile alla registrazione dei sistemi ad alto rischio previsti dall'AIA. La tensione tra l'approccio di armonizzazione piena dell'AIA e l'approccio di armonizzazione minima della direttiva 1828/2020 e del regolamento 2017/2394 lascia spazio a divergenze di interpretazione giuridica, con implicazioni dirette sulle azioni collettive.
Un altro punto di attenzione riguarda il rischio che i progetti di tipo CLAUDETTE, una volta consolidati e potenziati, possano diventare un bersaglio per le imprese che cercheranno di sfruttare l'AIA per ostacolare l'uso di strumenti di enforcement basati su intelligenza artificiale da parte delle agenzie di consumo e delle organizzazioni di consumatori. L'evoluzione della tecnologia e l'espansione dei settori di applicazione potrebbero portare a un'escalation dei conflitti legali, con le aziende pronte a testare i limiti delle normative per proteggere le proprie pratiche commerciali.
Infine, la legge sull'AI e la revisione delle normative ADR/ODR pongono l'intelligenza artificiale e la risoluzione alternativa delle controversie (ADR) sullo stesso piano. L'UE sta attualmente rivedendo la direttiva ADR e ha proposto di abrogare il regolamento ODR, sostituendolo con una mera raccomandazione. Tali modifiche vanno lette nel contesto del DSA, che obbliga le piattaforme online a sviluppare procedure adeguate per risolvere i conflitti direttamente tra le parti, inclusi gli utenti che segnalano contenuti illegali. Sebbene il DSA stabilisca standard piuttosto generali, la normativa ADR offre un quadro più dettagliato per la risoluzione delle controversie, aprendo la possibilità che i sistemi ODR si basino su tecnologie di intelligenza artificiale per risolvere conflitti legati alla legalità dei contenuti.
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