Joost Hulshof, matematico e professore di analisi, ha sempre avuto un approccio originale alla sua professione. La sua carriera accademica si è sviluppata attraverso tappe significative, dalla sua formazione a Leiden fino agli studi post-dottorali in Minnesota e Delft. Nel 1988, è diventato assistente professore a Leiden, per poi spostarsi come professore ordinario in un’altra università. Questo movimento tra istituzioni e la continua interazione con colleghi più brillanti è stato per lui un elemento fondamentale nel suo processo di crescita. La sua filosofia di assunzione, che prevede di assumere solo persone più intelligenti di lui, si riflette nel suo approccio a collaborazioni fruttuose e nell'apertura verso nuove idee.
Il suo ufficio è una testimonianza di questa filosofia. Circondato da oggetti e curiosità che raccontano una storia personale, Joost crea un ambiente stimolante per sé stesso e per chi lo visita. Non solo libri e lavagne nere, ma anche una serie di oggetti apparentemente casuali, come ombrelli, pupazzi, campane e persino una bottiglia di whiskey, creano un mix che sembra estraneo ma che, in realtà, favorisce la creatività. L'oggetto che spicca per originalità è un ombrello che ha acquistato al Panorama Mesdag Museum, un luogo che ospita una delle opere più grandi e impressionanti di un pittore olandese. Sotto l’ombrello, tra i vari cimeli, c'è un piccolo pezzo di fisica: una ruota presa in prestito dal dipartimento di fisica, simbolo di un legame interdiscilinare che si riflette anche nel suo lavoro matematico. Questo spazio, quindi, non è solo un luogo fisico, ma un riflesso della sua mente, dove ogni oggetto ha un ruolo nell'alimentare la sua creatività.
Quando si parla di come sviluppa le sue idee matematiche, Hulshof risponde con un approccio metodico ma flessibile. La matematica non è solo una questione di tecnica, ma di esplorazione mentale. Per lui, l'importante è affrontare un problema da diversi angoli, non aver paura di sbagliare, e soprattutto, di prendersi delle pause. La possibilità di tornare su un problema con una mente fresca, spesso dopo aver acquisito nuove conoscenze, è un concetto fondamentale. È un processo che riguarda non solo la matematica pura, ma anche un atteggiamento generale verso la ricerca: il lavoro solitario e la collaborazione sono entrambi indispensabili, e la curiosità deve essere alimentata continuamente.
Joost Hulshof non ha paura di mettere in discussione se stesso e di esplorare diversi approcci. La sua ricerca attuale si concentra su sistemi di equazioni non lineari, ma è un tipo di lavoro che non si limita alla pura teoria. Il collegamento con la dinamica delle popolazioni è un altro esempio di come la matematica possa incontrare altre scienze, come la biologia o la fisica. Un elemento centrale del suo approccio è il concetto di linearizzazione, che porta alla comprensione delle proprietà spettrali degli operatori, un'area di studio che diventa cruciale per risolvere equazioni che sembrano troppo complesse per essere affrontate in modo diretto.
Per i giovani ricercatori, Hulshof offre un consiglio fondamentale: creare una solida rete di collaboratori e non temere di affrontare le sfide. Oggi, rispetto al suo passato, il cammino di un giovane matematico è molto più difficile, ma la collaborazione è la chiave per superare le difficoltà. Le idee non devono venire solo dalla solitudine della scrivania, ma devono essere stimolate dal confronto e dalla discussione.
Il suo lavoro
Perché Budapest è la patria dei più grandi combinatorialisti e matematici discreti della storia?
La storia della matematica ungherese, e in particolare della matematica combinatoria, è legata indissolubilmente alla città di Budapest, che ha visto nascere e crescere alcune delle menti più brillanti del campo. La tradizione scientifica ungherese non è solo un riflesso di una solida educazione matematica, ma anche di un contesto storico e culturale che ha incentivato lo sviluppo delle scienze.
Nel 1893 fu fondato un giornale matematico ungherese, probabilmente il più antico al mondo ancora in attività, dedicato agli studenti delle scuole superiori. Questo giornale, che ha rappresentato per molti anni un punto di riferimento, ha visto la partecipazione di eminenti matematici come Paul Erdős, che scriveva articoli che spesso proponevano problemi aperti facili da enunciare ma difficili da risolvere, corredati da annotazioni storiche. Questa formula non solo stimolava la curiosità dei giovani, ma permetteva loro di entrare in contatto con le idee più avanzate in matematica sin dai primi anni scolastici. Un esempio di questa influenza fu il mio stesso percorso: mi trovavo ancora alle scuole elementari quando mi imbattei per la prima volta in un articolo di Erdős su una geometria combinatoria, che mi suscitò un grande entusiasmo.
Nel periodo successivo, la mia insegnante di matematica mi suggerì di iscrivermi al Gimnázium Fazekas Mihály, una scuola superiore che stava iniziando a sviluppare una classe specializzata in matematica. Questa scuola, che sarebbe diventata famosa proprio per i suoi corsi di matematica, attraeva anche studenti di altre discipline. Ad esempio, nella mia classe parallela c'era Éva Kondorosi, una biologa che sarebbe poi diventata uno dei consiglieri scientifici principali della Commissione Europea. All’interno di questa comunità scolastica, ho avuto la fortuna di incontrare altri giovani talentuosi, con i quali ho condiviso l’amore per la matematica, ma anche la possibilità di fare ricerca già durante il periodo delle scuole superiori. Questo ambiente stimolante mi ha permesso di sviluppare una visione profonda della matematica, che poi ha influenzato tutta la mia carriera.
Nel corso degli anni, le collaborazioni con i matematici delle università e degli istituti di ricerca locali, come l’Istituto Alfréd Rényi, hanno arricchito ulteriormente la mia esperienza. Professoresse e professori di livello internazionale venivano regolarmente a tenere lezioni pomeridiane, e molti di noi, tra cui io, iniziavamo a visitare i professori per approfondire nuove teorie o risolvere problemi matematici che ci erano stati proposti. Questo era il clima che permeava la mia formazione, un ambiente in cui la curiosità intellettuale era spinta ai massimi livelli e la ricerca era sempre al centro della nostra vita scolastica.
A distanza di anni, ripensando ai progetti più emozionanti che ho intrapreso nella mia carriera, uno dei più significativi è stato sicuramente lo sviluppo della teoria dei limiti di grafi, iniziata all'inizio degli anni 2000. In quel periodo, ero a Microsoft, e insieme a colleghi come Katalin Vesztergombi, Balázs Szegedy, Vera Sós e Jennifer Chayes, abbiamo dato vita a un progetto che avrebbe avuto un impatto duraturo sulla matematica applicata e sulla teoria dei grafi. La mia ricerca si è sempre concentrata su quei settori della matematica che stabiliscono collegamenti tra aree apparentemente distanti, come suggerisce il nome stesso della teoria: “limiti di grafi”. Ma la passione per la teoria dei grafi non è mai svanita, ed è sempre stata accompagnata da un interesse profondo per la teoria della computazione, che negli anni ’70 e ’80 stava prendendo forma.
Il mio percorso di ricerca ha attraversato diverse tappe, come la mia breve esperienza post-dottorato negli Stati Uniti, dove ho avuto la possibilità di lavorare con alcuni dei più grandi matematici del tempo. La mia esperienza con Peter Gács a Vanderbilt University è stata fondamentale. Fu proprio durante quell’anno che, al ritorno in Ungheria, cominciai a comprendere finalmente le differenze tra due problemi classici della teoria dei grafi, il problema del ciclo di Hamilton e quello del matching. La nostra comprensione della complessità computazionale stava finalmente facendo luce su questioni che sembravano difficilmente risolvibili.
Ma la matematica, per quanto affascinante, non è solo una questione di risolvere problemi complessi: è anche una questione di comprensione profonda. Personalmente, ho sempre cercato di capire in che modo un'idea matematica possa essere veramente afferrata, non solo in termini di dimostrazioni formali, ma anche in termini di comprensione profonda della struttura sottostante. Un esempio significativo è quando, durante gli anni del liceo, mi sono dedicato a risolvere un problema che riguardava una nuova forma di moltiplicazione nei grafi. Quella ricerca mi ha portato a scoprire un nuovo approccio che, pur complicato all’inizio, mi ha fatto capire come sia essenziale comprendere veramente il “motore” che spinge una dimostrazione.
Questa spinta a trovare soluzioni innovative è parte di un panorama scientifico che, in Ungheria, ha radici profonde. Negli anni ’60, con l'indipendenza parziale ottenuta dal Patto austro-ungarico, il governo ungherese ha attuato due riforme fondamentali: ha garantito l’educazione pubblica per tutti e ha dato uguali diritti agli ebrei. Questo ha provocato un flusso di immigrati ebrei che ha notevolmente arricchito la vita scientifica e culturale di Budapest. Sebbene la tradizione scientifica in Ungheria fosse già forte, l'arrivo di nuove idee ha dato una spinta decisiva alla creazione di una comunità scientifica fiorente, che ha portato Budapest a diventare una delle capitali mondiali della matematica discreta e combinatoria.
Ogni matematico ungherese, che sia nato o che abbia trovato la sua strada nella capitale, è parte di un’eredità che ha radici in un contesto storico unico, dove la passione per la conoscenza e la ricerca si intrecciano con un ambiente culturale che valorizza e stimola l’ingegno.
Come l'interdisciplinarità ha plasmato la mia carriera scientifica
Quando mi è stato proposto di scrivere una sceneggiatura per una pièce teatrale che trattava di un incontro immaginario tra John von Neumann e Dio, ho accettato con entusiasmo. L'idea di base era intrigante, ma i dettagli necessitavano di una riscrittura sostanziale. Ho mantenuto l'idea originale, ma ho cambiato completamente il contenuto. La versione che ho scritto è stata ben accolta, sorprendentemente, poiché non sono un attore professionista, ma il mio collega, Hanns, che interpretava Dio, è uno dei migliori attori tedeschi. La rappresentazione è stata eseguita in occasione di un evento pubblico a Mainz, ed è stata un successo maggiore di quanto mi aspettassi.
Questa esperienza mi ha fatto riflettere sul concetto di esplorazione delle connessioni tra diversi campi, un processo che ho sviluppato nel corso della mia carriera scientifica. Spesso, la possibilità di applicare intuizioni matematiche a problematiche di altri settori – che siano economici, biologici o fisici – mi ha permesso di scoprire nuove vie e di produrre risultati innovativi. Questo approccio interdisciplinare è stato il motore principale della mia produttività. Mi è sempre stato facile trasferire concetti da un campo all'altro, esaminando strutture e analogie che non erano immediatamente evidenti a chi si concentrava su un singolo dominio.
Il mio percorso accademico ha avuto un inizio particolare. Quando ero ancora uno studente universitario, mi trovai di fronte a una scelta: proseguire un dottorato in matematica o in economia. Nonostante avessi ricevuto un'offerta per un PhD in economia da un eminente professore di Bonn, Wilhelm Krelle, alla fine decisi di seguire un'altra strada, proposta da Stefan Hildebrandt, che mi introdusse in un progetto di analisi geometrica. Sebbene il problema iniziale sembrasse arduo, capii subito che era alla mia portata e lo risolsi in tempi rapidi, tanto che il mio dottorato fu formalmente consegnato solo due mesi dopo aver completato la mia tesi di laurea. Questo successo iniziale nel campo della matematica applicata mi aprì la porta a un lungo e fruttuoso percorso di ricerca.
Nel corso degli anni, ho collaborato con scienziati e studiosi di varie discipline. Una delle cose più gratificanti è stato il riconoscimento della mia capacità di navigare senza soluzione di continuità tra diversi campi del sapere. Ricordo con piacere quando, durante una cena con Bernd Sturmfels, venne sottolineato come io fossi l’unico membro della Max Planck Society ad appartenere a tutte e tre le sue sezioni principali: biologia e medicina, chimica e fisica, e scienze umane. Inoltre, il mio amico Marius Gardt, economista della Banca Centrale Europea, mi disse che la mia comprensione dell'economia era tale da far sembrare incredibile che fossi un matematico.
Una delle domande che mi viene spesso posta è come faccia una persona a essere così produttiva in settori così diversi. La risposta è semplice: la mia forza sta nella capacità di esplorare le connessioni tra discipline diverse. Questo mi consente di vedere le cose sotto angolazioni uniche. Quando ho iniziato a lavorare sulla combinazione di geometria e analisi, ad esempio, l’approccio geometrico mi ha permesso di superare molte delle difficoltà tecniche che altri affrontavano con tecniche puramente analitiche. Con il tempo, ho continuato a estendere questo approccio ad altre aree, come la teoria dei grafi e la geometria riemanniana, sviluppando così una metodologia che mi ha permesso di risolvere problemi in modo originale.
Riflettendo sui miei contributi più significativi alla matematica, uno dei risultati di cui vado più fiero è l'esistenza e il controllo delle cosiddette mappe armoniche generalizzate, che rappresentano uno degli sviluppi fondamentali per la comprensione della geometria non positiva. Questo lavoro ha aperto nuove direzioni e ha avuto un impatto significativo anche in altri settori, come la geometria algebrica.
Nel prossimo anno, quando andrò in pensione, una cosa cambierà certamente: non avrò più il privilegio di lavorare con un ampio gruppo di studenti e postdoc. Di solito, il mio gruppo di ricerca è composto da 30-40 persone. Sebbene la dimensione del gruppo si ridurrà, continuerò a essere coinvolto in progetti di ricerca e a collaborare con altri scienziati, che siano giovani ricercatori o colleghi di lunga data.
Uno degli aspetti più belli del mio lavoro è stato poter mantenere una mente aperta a nuovi percorsi, un principio che consiglio sempre ai giovani ricercatori. La curiosità intellettuale e la voglia di affrontare sfide non ancora esplorate sono la chiave per una carriera scientifica soddisfacente. Non basta cercare di perfezionare ciò che è già stato fatto: bisogna osare esplorare nuovi orizzonti.
Al di fuori della ricerca, la mia felicità deriva anche dalla mia famiglia e dalle mie passioni personali, come il trekking e la lettura. La cultura e l’arte sono sempre state fonti di grande arricchimento nella mia vita, e credo fermamente che un ricercatore debba nutrire anche la propria mente con esperienze che vanno oltre il lavoro scientifico.
Come mantenere un equilibrio tra ricerca e vita personale: la prospettiva di Cristiana De Filippis
Cristiana De Filippis è una figura eminente nel panorama matematico contemporaneo. Nata a Bari nel 1992, è attualmente professore associato presso il Dipartimento di Matematica dell'Università di Parma. La sua carriera accademica, che ha attraversato istituzioni prestigiose come l'Università di Oxford e quella di Torino, è costellata da numerosi riconoscimenti, tra cui la recente assegnazione del Premio EMS, uno dei più prestigiosi premi matematici in Europa, considerato la "sorella minore della Medaglia Fields".
Il percorso che l'ha portata ad essere una delle matematiche più citate del 2020, e ad ottenere il Premio Bartolozzi nel 2024, è il frutto di un'instancabile ricerca sull'analisi matematica, con particolare attenzione alla regolarità ellittica e alle stime di Schauder per equazioni non uniformemente ellittiche. Il suo lavoro è stato caratterizzato da una continua innovazione nel campo delle equazioni differenziali parziali, con particolare riferimento agli integrali variazionali e alle soluzioni di minimi di integrali quasi-convessi.
Il suo approccio alla ricerca, come descrive lei stessa, è altamente visivo: immagina i percorsi corretti da seguire verso il risultato e le principali difficoltà da superare, lasciando da parte i dettagli. Questa metodologia le consente di affrontare problemi complessi con un buon equilibrio tra intuizione e tecnica, ma non è immune dalle difficoltà che ogni ricercatore si trova ad affrontare. Nonostante i successi, Cristiana ha dichiarato di sentirsi spesso "bloccata" su vari aspetti della sua ricerca, con la consapevolezza che ciò che emerge pubblicamente rappresenta solo una piccola parte del suo lavoro.
L’intervista a Cristiana rivela anche il suo impegno nell'ottimizzazione del tempo, bilanciando la ricerca con l'insegnamento e con altre responsabilità professionali. La gestione del tempo è, secondo lei, una delle chiavi per il successo. Pur dando la priorità alla ricerca, cerca di ottimizzare gli sforzi richiesti dall’insegnamento per non compromettere la qualità del suo lavoro accademico. Questa capacità di bilanciare gli impegni è resa possibile anche dalla presenza di una rete di supporto molto solida, tra colleghi e amici, che la sostiene costantemente.
Inoltre, Cristiana sottolinea l'importanza della curiosità e della perseveranza. Ai giovani ricercatori che si affacciano al mondo della matematica, consiglia di non temere le difficoltà e di affrontare con coraggio anche i fallimenti. Per lei, la curiosità è la chiave per accedere alla vera essenza della ricerca scientifica: l’esplorazione continua e la voglia di scoprire nuovi orizzonti.
Nel corso dell'intervista, un altro aspetto della sua personalità emerge con forza: la sua capacità di mantenere un equilibrio tra la carriera accademica e la vita privata. Cristiana è anche una grande appassionata di sport, in particolare di corsa, e trova nel movimento fisico una forma di liberazione dallo stress accumulato durante le lunghe ore di ricerca. La sua passione per gli animali, in particolare per il suo gatto Anakin, aggiunge un tocco di leggerezza e umanità al suo profilo professionale.
A questo proposito, è interessante osservare come la passione per la matematica non sia l'unica forza motrice nella vita di Cristiana. La sua voglia di migliorare continuamente, di condividere idee e di costruire un gruppo di ricerca, riflette una visione molto ampia del suo ruolo nella comunità scientifica. Più che concentrarsi solo sui risultati, Cristiana mira a creare un ambiente di collaborazione che favorisca il confronto tra ricercatori provenienti da diversi ambiti. La speranza di poter imparare da altri con esperienze e percorsi differenti è il segreto del suo continuo progresso.
Importante è anche comprendere che, pur avendo raggiunto traguardi straordinari, Cristiana, come ogni altro ricercatore, è costantemente in lotta con la difficoltà di avanzare in territori scientifici sconosciuti. La sua esperienza ci insegna che il cammino verso il successo è lastricato di sfide, frustrazioni e incertezze, ma anche di piccole vittorie che ci spingono a proseguire. La matematica, come ogni altra disciplina, richiede sacrificio, dedizione e, soprattutto, una buona dose di resilienza.
La riflessione che si può trarre da questa intervista è che la ricerca scientifica non è solo un atto intellettuale, ma una parte integrante della vita di chi la pratica. Cristiana ci mostra che la capacità di affrontare le difficoltà, di lavorare con passione e curiosità, e di mantenere un equilibrio tra lavoro e vita privata è essenziale per un percorso soddisfacente e di successo nel mondo accademico.

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