Golden Macklin. Non pensavo a lui da anni. Era il mio insegnante, molto tempo fa. È stato questo il punto in cui ci siamo fermati? Perché non me l'hai detto prima? Ma, in fondo, non importa molto, non credi? Lasciami andare avanti con qualche pensiero più familiare. La giustizia è un inferno con una telecamera. Lo sapevi che un altro suo nome è Quo Vadis? Oh, sì, è preoccupato per le direzioni. Whithers. È in buona forma fisica. Come lo so? È bravo in tutto. Gli piace se stesso. Deve sempre stare un passo avanti rispetto a me, sa che lo sto cercando. Sarebbe facile per lui catturarmi e uccidermi, ma non lo farà, perché non sarebbe nel suo carattere. Mi chiedo se mi ucciderebbe per salvarsi? Che pensiero stupido. Ovviamente lo farebbe. Non è un piccolo Gesù.
Non mi piace questa tendenza. Proviamo un altro approccio. Facciamo una lista di tutti gli uomini che conosciamo. Bene. Ora i criteri. I dati fisici eliminano quanti? Cinquanta. Sei sicuro? Cinquanta. Poi, il suo Q.I. Fai attenzione con questo punto. L'intelligenza può essere nascosta. Ma abbiamo dei background su quasi tutti loro, fino all’asilo. Quanti vengono eliminati? Quattordici. Bene. Amanti della telecamera. Togli qualche nome, e quanti ne restano? Una dozzina. Perfetto. Dopo averli eliminati tutti, ci ritroveremo di nuovo al punto di partenza, a guardare un muro vuoto. Vedi, ma naturalmente lo vedi, abbiamo bisogno di un candidato che corrisponda perfettamente ai criteri. Nessun punto può essere ignorato.
La personalità, ora siamo su terreno scivoloso. Necessita di molta discussione. Può un uomo fingere di cercare il denaro tutta la vita senza veramente desiderarlo? Io dico di no. La giustizia non cerca il denaro, altrimenti avrebbe svaligiato alcune banche. Se sappiamo che uno di questi dodici ama davvero fare soldi, viene automaticamente eliminato. Quanti restano? Dieci. Un altro punto: il tiro al bersaglio. Fai attenzione. Il nostro uomo è un vero esperto. Vai avanti, elimina altri nomi e dimmi quanti ne restano. Uno. Non può essere giusto. Hai fatto un errore. Dobbiamo rifarlo. Non discutere con me. Non è lui, la giustizia. Non voglio che lo sia.
L'uomo teneva la ragazza per il gomito e la guidava lungo il sentiero che lei non riusciva a vedere a causa delle lacrime che le scorrevano dagli occhi. "Non so chi sei. Dove mi stai portando? Cass non sarebbe qui. Non verrebbe mai qui, in questi boschi. Per favore, dimmi dove si trova." "Un po' più di cammino e lo vedrai." Dopo qualche minuto si fermarono. "Devo fare qualcosa ora che ti sembrerà strano," disse l’uomo. "Per favore, non spaventarti. Non voglio farti del male." Allungandosi, la sollevò da terra. Subito lei si ritrasse. "Non farlo." "Va bene. Siamo arrivati." La ragazza guardò intorno a sé, come se fosse spaventata. Con un movimento istintivo si avvicinò al suo compagno. "Dove siamo? Perché mi sento così strana improvvisamente? Perché mi hai abbracciata? Non era necessario. Nulla ha più senso." "Siamo in un posto diverso adesso. Ti dovevo portare qui. Hai il diritto di sapere cosa è successo. Spero che tu possa sopportarlo." "Non capisco." "Dovresti prepararti." "Cosa vuol dire? Hai detto che mi avresti portato da Cass. È per questo che sono salita sulla tua macchina. Dove si trova? Chi sei tu?" "Stai ferma. Non muoverti e non fare rumore. Guarda là, tra quei due grandi alberi. Lo vedi?"
Leona guardò, vide: Cass cercò di scappare, ma Godiva lo abbatté con un colpo lungo del suo braccio. Era nudo, tranne che per la sua maglietta, che lei strappò via con violenza. Lui lottò, ma in pochi istanti lei lo stava tenendo a terra, con il corpo sopra di lui. Gli infilò le mani sotto i glutei e gli spingeva un sottile tubo dentro di lui. Mentre lui urlava, lei cercava la ghiandola, la trovò, la stimolò con il tubo. Cass si eresse spontaneamente e Godiva gli si gettò sopra con abbandono feroce. Giaceva in una fossa poco profonda. Leona spazzò via la terra dal suo viso, gli sistemò i capelli, lo baciò sulla bocca. "Grazie per avermi portata da lui," disse all'uomo che stava vicino. "Ora mi sdraio con lui. Per favore, coprire entrambi. C'è molta terra sciolta. Non ci vorrà molto." "Non parlare così. Non puoi restare qui. Aiutami a seppellirlo o fammi fare da solo." "Sai quanto fa freddo qui di notte nei boschi? Lui amava il sole e non sopportava mai il freddo. Sei stato molto gentile, ma per favore, non disturbarmi più. Vai via." "Alzati. Non sai quello che stai facendo. Lui è morto. Lo seppelliremo e tu verrai via con me." Leona maneggiava il cadavere con delicatezza. "Non avere paura," sussurrò all'orecchio del morto. "Non mi porterà via da te. Staremo sempre insieme. Non ti lascerò mai." Prese il corpo sotto le braccia, lo strinse forte, gli soffiò sul viso immobile, gli baciò le labbra bianche. Improvvisamente sollevò la testa e diede un grido acuto. L'uomo fece un respiro rapido e fece un passo indietro. La fossa era vuota. Due persone erano state nel buco ai suoi piedi, ma ora non c'era più nessuno. Leona era fuggita, e aveva portato con sé il suo amante morto.
Quando Turner aprì gli occhi, desiderò la morte. Che desiderio antico, pensò. Ogni giorno era la stessa cosa: si svegliava e sperava che il suo cuore si fermasse, o che il suo cervello si bruciasse, o che l'infermiere perdesse la pazienza e gli rompesse una bottiglia sulla testa. Visto attraverso occhi incrostati e lacrimosi, la stanza sembrava una camera degli orrori. Sarebbe sembrata la stessa cosa anche attraverso occhi diversi. Per una volta l'infermiere non c'era. Forse era uscito a rifornirsi di alcol. "Guglielmo," disse Turner. La sua voce suonava arrugginita e debole. L'italiano era morto. No, non lo era. Una gamba si contorse, un braccio ebbe un spasmo, la bocca si aprì per espellere un filo di saliva. Il gomito rotto di Turner era grande come un pompelmo. Quattro volte sembrò che volesse guarire, quattro volte iniziò a gonfiarsi di nuovo, e ora striature colorate e mortali stavano iniziando a risalire verso il polso e la spalla. La fascia di metallo che teneva il braccio fermo sulla sedia era un bracciale insanguinato conficcato nella carne. Improvvisamente qualcuno aprì la porta e entrò nella stanza, e Turner decise che era impazzito. Non era l'infermiere, né qualcuno che avesse mai visto prima. Era così delicata e carina, e piangeva come una bambina che avesse trovato il suo animale preferito schiacciato e distrutto. "Non voglio crederci," disse la donna. Piangeva lacrime grosse. A Guglielmo, lamentandosi, disse: "Aiutami a non credere." "Non guardarlo," disse Turner con una voce rotta. "Guarda me. Sono più bello di lui. Ti manderà fuori di testa." Non ne era certo, ma pensò che lei urlò e continuò a urlare. Era così carina, e sembrava patetico come si rannicchiava sulla sua sedia a rotelle, tremando. La coperta sulle sue gambe era caduta rivelando gambe bianche, paralizzate. "Che mente?" disse. "È come le mie gambe: vuota." Continuava a fissare Guglielmo. "Non mi era mai stato permesso entrare in questa ala. Che strano. La prima volta che mi lascia
Come si giudica la giustizia? Una riflessione sulla responsabilità del giudice e del giudizio
La macchina entrò nella curva a gomito, Crawford rallentò quasi a fermarsi e si preparò ad affrontare una brutta svolta. Due uomini emersero dai cespugli, puntando mitragliatrici sui passeggeri e ordinando loro di uscire dall'auto. A Crawford fu intimato di proseguire. Osservò, attraverso lo specchietto retrovisore, come il gruppo scompariva nella foresta. Era l'ultimo ad essere ammesso sulla cima della montagna.
Nella radura accanto alla capanna c'erano quattro sedie, tre delle quali formavano un cerchio parziale attorno alla quarta. La sedia centrale e due di quelle laterali erano occupate. Alcuni passi oltre le sedie, disposti a intervalli regolari lungo la radura, si trovavano una dozzina di uomini armati di fucili. Tidy Crawford fermò l'auto e scese. Guardò le armi, ma rimase fermo. Nessuno gli puntò una pistola, anche se tutti lo osservavano. Cominciò a camminare verso le sedie e all'improvviso rabbrividì quando due guardie si spostarono per poi chiudersi dietro di lui.
Un uomo non si sarebbe dovuto sentire a proprio agio in un contesto del genere. Crawford sentiva il disagio del suo corpo, il sudore che cominciava a farsi strada sulla sua pelle. Il suo giubbotto lo pungeva, come se volesse risvegliare vecchi fantasmi. Ma qui, in questo posto, il rischio era troppo alto. L'uomo sapeva che si poteva morire in un simile scenario.
Quando si trovò a pochi passi dagli uomini seduti, si fermò e si grattò la mandibola. Cosa ci faceva lì? Perché tutti lo fissavano in quel modo?
L'uomo nella sedia centrale parlò. "Come va, signor Crawford?"
"Come va?"
"Non credo che conosca il signor James Brant."
L'uomo più vicino a Crawford annuì. Non sorrise e Crawford lo studiò in silenzio per un momento. Brant sembrava una persona dura.
"L'ho visto in giro", disse Crawford. "Ha fatto una fortuna vendendo cappotti."
"E conosce il signor Bailey?"
Bailey era seduto con il mento nella mano e le gambe incrociate. I suoi occhi erano delle fessure sottili e Crawford non riusciva a capire in quale direzione stesse guardando.
"Lo conosco. Ho visto la sua foto più volte. È un cacciatore di bande."
Di nuovo l'uomo nella sedia centrale parlò. "Sono felice che tu abbia potuto fare il viaggio. Io sono il signor Justice."
"Lo sapevo già", disse Crawford.
"Per favore, siediti. Ti stavamo aspettando."
Crawford si sedette cercando di non sembrare confuso. Justice si sdraiò e sembrò rilassarsi. "Gli uomini dietro di noi sono qui per assicurarsi che nessuno faccia un passo falso. Con "nessuno", intendo ognuno di voi tre. Ognuno di voi avrà la possibilità di dire la sua, e ognuno di voi sarà libero di fare ciò che ritiene giusto."
Tidy Crawford si agitò, consapevole del suo giubbotto che sfiorava il bracciolo della sedia. La pistola che aveva in tasca sembrava pesante, come se fosse cresciuta improvvisamente. Il sudore cominciava a farsi strada. Sapeva che quella pistola non l'aveva portata con sé solo per proteggersi, ma per qualcosa di più. Ma cosa fosse, non lo sapeva ancora.
"Potreste ascoltarmi per ore," disse Justice. "Potrei passare giorni a raccontarvi di me. Non sarebbe interessante. Vi annoiereste. Sono tutte cose vecchie. Quindi, perché siete qui oggi? Ho deciso di portarvi. Che cosa dovete fare? La stessa cosa che avete sempre fatto. Mi avete giudicato, e ora mi giudicherete ancora. Fin dall'inizio, questo giorno si è stagliato davanti a me, perché credevo fosse necessario. E continuo a crederlo. Mi giudicherete, mi condannerete, e né io né le dodici guardie interferiremo."
Bailey si alzò.
"Siediti", disse Justice, e Bailey obbedì. "Il tuo turno non è ancora arrivato. Sarai secondo." Justice guardò Tidy Crawford. "Se non avrai il tuo turno, mi scuso. Ora è il momento per il signor Brant di alzarsi e farsi valere."
Jimmy Brant si alzò lentamente.
"Sei il tuo uomo", disse Justice. "Sei libero. Non badare alle armi."
"Questa è una corte?" chiese Brant.
"Consideralo tale."
"Perché sono stato scelto?"
"Nessuno ti ha scelto. Ti sei offerto volontario salendo in macchina e salendo sulla montagna."
Brant si voltò verso Bailey e Crawford e, con voce bassa, disse: "Ho visto cento auto dirigersi in questa direzione, eppure solo noi tre siamo arrivati. Vi sembra strano? A me sì. Credo che siamo qui perché ci interessava veramente. Lui lo sapeva e ha eliminato tutti gli altri. Questo dovrebbe farci riflettere. Ci sono solo tre persone in tutto il paese capaci di essere qui ora? Oh, non sbagliate, siamo qui perché siamo tre persone qualificate. Ciò significa che questa giuria è viziata. È troppo piccola. Non possiamo farlo. Non possiamo decidere nulla. Se ci lasciassimo sfuggire o impiccare, non cambierebbe niente. Non servirebbe a nulla."
"Le tue decisioni sono già prese", disse Justice. "Sei dispensato."
Il volto di Jimmy Brant impallidì mentre si avvicinava alla porta.
"Aspetta," disse Justice. "Ora non fai più parte del processo. Se cerchi di interferire, le guardie ti fermeranno."
Guardando Bailey, Justice disse: "La razza umana sta cambiando. Non puoi fermare il suo progresso."
"O la sua discesa."
"La tua visione è personale."
"Lo è quella di tutti", rispose Bailey, tirando fuori una pistola dalla tasca.
Justice appoggiò il mento sulla mano. "La ragione è appena uscita da qui e ora affrontiamo il Credo."
"Chiamami come vuoi." Bailey si alzò. "È il mio turno ora. Non sono un filosofo in cerca di risposte e, anche se tu fossi la promessa migliore del mondo, non mi fermerei."
"Intendi giustiziarmi?"
"La legge mi dà il potere."
"Quale legge? Non esiste più un Bureau Federale d'Investigazione né una CIA."
"Esiste finché sono in giro. Perché pensi che io sia qui?"
"Un momento", disse Tidy Crawford. "Se lo uccidi, non avrò il mio turno."
Bailey non si voltò. "Ti conosco, Crawford. Hai bevuto tanto da fare in modo che il tuo cervello fosse imbottito. Sta' fuori da questa faccenda."
"Tutto quello che so è che oggi sono parte di una giuria, anche se non lo sapevo. Non ho paura. Faccio sempre del mio meglio. Non è facile ingannarmi. Tieni il dito lontano dal grilletto, signor Bailey. Sto solo dissentendo da te. Non sparargli, non lo permetterò. Voglio dire la mia. Se qualcun altro vuole giudicarlo, può farlo."
La solitudine dell'uomo e la ricerca del significato attraverso l'arte
Daniel sentì la paura nella gola come martelli che battevano in sincronia. Era la sua prima vera paura nella vita. Ma non era solo quello, giusto? La sua vita non sarebbe stata ordinaria, ma non poteva ridursi a questo. Gli occhi scolpiti nella pietra lo fissavano. Non parlava, ma il grido gli balzò nella mente e lui vide come quegli occhi ricevevano e capivano il messaggio: "Aiutami". La risposta che arrivò lo scosse profondamente. Non c'era un nido a cui tornare, nessun rifugio, nessun luogo sicuro. Ogni uomo era solo, e chi c'era che potesse sopportarlo? Non c'erano scelte da fare, si iniziava a camminare e si cercava di comprendere tutto ciò che si incontrava. Daniel si sentì trasportato indietro sulla Terra, la paura sparì. C'era molto qui che era reale. Un uomo in sintonia con il suo ambiente era la cosa più reale che esistesse.
Golden Macklin non si era fatto la barba da tre giorni. Sebbene si fosse lavato nel lago, non aveva cambiato vestiti. Sembrava un trapper irsuto, un cercatore di fortuna dal carattere duro, un mendicante senza fortuna, un genio che aveva sfidato i libri di scuola. Daniel sorrise debolmente. Mai più avrebbe rispettato la carità. Qualcuno lo aveva aiutato, rifiutandosi di aiutarlo. Lo avevano rimesso in piedi, piantato sulle sue due gambe dove apparteneva. Non era fango che si attaccava agli stivali di qualcuno di migliore, non era un autostoppista. Qualcuno aveva ascoltato la sua paura, sapeva dove lo avrebbe portato, e l'aveva ignorata.
"Mi serviva una casa lontano da casa," disse Macklin. "Tutti noi ne abbiamo bisogno, così ho trovato questo posto."
"Possiedi tutta questa terra?"
"È della famiglia di mia moglie da anni. Quando vuoi venire qui, non esitare."
"Perché proprio io?"
"Ci saranno momenti in cui vorrai scappare. Non importa se fai il lavoro più entusiasmante o il più noioso del mondo, ogni tanto avrai bisogno di una pausa."
Non presero pesci, ma non importava. Pala sembrava contenta di vederlo al ritorno. "Non mi è dispiaciuto che tu te ne andassi. Pensavi che mi sarebbe dispiaciuto?"
"Ho dimenticato di pensarci. Hai dormito qui o nella tua stanza?"
"Qui. Hai lasciato la tua aura, e era abbastanza densa da trattenerla."
Daniel scrisse a Bailey e gli chiese gli originali di tutte le fotografie.
"Per l'amor di Dio, potrebbe perderle," disse Turner.
"Credo che sia alla fase del voyeurismo," disse Burgess.
"Perché non vi togliete dalle palle e andate a cercare qualche traccia?" disse Bailey, mandando le fotografie.
Daniel non aprì il pacchetto quando arrivò. Lo mise sulla mensola più alta del suo armadio e lo coprì con dei libri di testo. Passò una settimana prima che visitasse la sezione computer della SPAC. Era la sezione meno utilizzata della scuola. Per la maggior parte del tempo, era l'unico presente. La sezione non aveva un insegnante. Una delle macchine aveva un'etichetta con la scritta "Informazioni" e gli indicò dove poteva trovare materiale sulle professioni. Lo indirizzò a un'altra macchina che a sua volta lo indirizzò a un'altra, finché non trovò quella che cercava. Un giorno avrebbe dovuto trovare computer migliori.
"Elenca i nomi dei migliori fotografi mondiali degli ultimi vent'anni."
La macchina gli fornì una lista di quaranta nomi.
"Dammi i nomi degli ultimi quindici anni."
La lista si accorciò a venti.
"Voglio i dodici migliori nomi degli ultimi dieci anni."
Confrontò la lista finale dei dodici nomi con le altre. Sette di questi apparivano su tutte le liste. Avrebbe potuto chiedere alla macchina di fornirgli un solo nome, il migliore di tutti, ma non lo fece. L'uomo che stava cercando era il migliore, ma la macchina forse non lo sapeva. Gli esseri umani commettono errori, e anche il computer li avrebbe ripetuti. Teoricamente, il suo uomo non era nemmeno uno dei sette. Non lo considerava davvero come una possibilità. La luce era sempre presente, e a volte la trave si rendeva evidente solo dopo un attimo di riflessione.
Prelevò volumi di pubblicazioni di fotografia dalla Biblioteca dei Registri. Ogni pagina era incorniciata in plastica, e lui rimosse le immagini che voleva, creando sette pile separate. Non cercò nulla di così sfuggente come il grado di abilità, perché non era addestrato a riconoscerlo. Ciò su cui si concentrò fu la tecnica, e questo era facile da identificare. I sette avevano stili contrastanti che divenivano evidenti quando si pensava al tema.
Il primo fotografo catturava i suoi soggetti un attimo dopo che fosse accaduto qualcosa. Le sue persone vivevano delusioni. Le loro palpebre erano abbassate, i corpi si torcevano in angoli rilassati e nel giro di poco tempo si sarebbero addormentati.
Un altro amava vedere le cose in ritirata. I suoi soggetti si allontanavano con movimenti liquidi. Tutto ciò che esisteva veniva e poi passava. Solo il passaggio aveva significato.
I fiori erano popolari con il terzo fotografo. Erano il suo simbolo della vita, e vedeva le loro forme e colori negli edifici. I girasoli si raggruppavano intorno ai viali, i camini in forma di erbacce minacciavano le delicate casette simili a viole. L'ecologista protestava contro la distruzione del suo simbolo.
Il sesto era innamorato dell'amore. Coppie, gioia, tristezza, separazioni, riunioni, le foto raccontavano e raccontavano la più antica delle storie.
Il settimo era il più giovane. In plastica, dalla carne, reincarnava l'opera di Michelangelo, ma dove il grande maestro aveva visto la nobiltà, questo artista moderno percepiva la sensualità. I suoi uomini e le sue donne erano potenti nel corpo ma umili nello spirito.
Daniel studiò tutte le fotografie prima di farle studiare a Pala.
"Mi piace l'amore," disse lei sognante, maneggiando con cura i corpi bellissimi.
"Sei nevrotica. Quella è sessualità, non amore. L'amore è nella sesta pila."
"Tenersi per mano?"
"La mano ha più nervi di qualsiasi altra parte del corpo."
Daniel si sedette alla scrivania fino a mezzanotte, osservando le foto dell'uomo che pensava fosse Quo Vadis, Joe Gentry. Pala non vedeva alcuna nebbia soprannaturale sulle foto. Non percepiva alcun ammorbidimento del dettaglio causato dal velo sottile che il fotografo aveva usato per nascondere i suoi soggetti. Ma Daniel lo vedeva con chiarezza. A volte lo perdeva se fissava troppo a lungo, ma bastava spostare lo sguardo per ritrovarlo. Era sottile, quasi un'illusione ottica, ma Pala avrebbe dovuto vederlo.
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