L’amministrazione Trump rappresenta, per certi versi, una manifestazione moderna dell’“apprendista stregone” goethiano: un governo che interviene con formule e incantesimi politici di cui non comprende le fondamenta analitiche, generando confusione sistemica e destabilizzazione, fino al ritorno di un presunto ordine razionale. Ma l’esperienza americana degli ultimi anni va ben oltre l’allegoria letteraria: essa è l’espressione di una frustrazione sociale profonda, alimentata da una disuguaglianza crescente e dall’assenza di risposte istituzionali efficaci.
È possibile immaginare un futuro in cui gli Stati Uniti scelgano di adottare un modello di Economia Sociale di Mercato simile a quello europeo. Tuttavia, una simile svolta strutturale sarebbe controintuitiva per un Paese storicamente legato a un’ideologia di governo limitato e a politiche sociali scarsamente sviluppate. Il timore che sistemi di welfare troppo generosi possano attrarre un eccesso di immigrati poco qualificati incide significativamente sulla percezione pubblica, ostacolando ogni tentativo di riforma. Ciononostante, le sfide strutturali sono evidenti: negli Stati Uniti la spesa sanitaria in rapporto al PIL è quasi doppia rispetto a quella della Germania, della Francia o del Regno Unito, e la speranza di vita è inferiore di circa due anni e mezzo. Se si esclude la spesa sanitaria e si considerano anche le ferie più lunghe in Europa, il consumo pro capite in molti Paesi dell’Europa occidentale risulta equivalente a quello statunitense. Lo storico divario del 30% nel tenore di vita transatlantico si dissolve quasi completamente.
In Europa, il grado di polarizzazione economica risulta generalmente meno acuto che negli Stati Uniti. Tuttavia, la crescente quota di capitale rispetto al lavoro nei Paesi OCSE e l’aumento dei premi salariali per le competenze qualificano una tendenza che favorisce la migrazione Sud-Nord, il che rischia di rafforzare politiche xenofobe e populiste, specie in presenza di flussi di rifugiati. L’assenza di una distinzione chiara tra immigrati economici e rifugiati politici è sintomo di una razionalità politica
Come il Sistema Sanitario Influenza la Fornitura di Lavoro e la Competitività Economica negli Stati Uniti
Il sistema sanitario negli Stati Uniti ha un impatto significativo sulla struttura economica e sul mercato del lavoro. In particolare, l’integrazione della copertura assicurativa sanitaria con i salari influisce sulla curva dell'offerta di lavoro, rendendola meno elastica. Questo fenomeno si verifica quando i datori di lavoro offrono pacchetti salariali che includono assicurazione sanitaria, influenzando così la retribuzione netta dei lavoratori. Un aumento del contributo per l’assicurazione sanitaria, che agisce come una sorta di "tassa", porta a una riduzione del salario netto che i lavoratori ricevono, ma questo effetto è meno evidente sul salario lordo.
In un contesto in cui l’offerta di lavoro è relativamente inelastica, come nel caso della combinazione di salari e copertura sanitaria, la riduzione del salario netto è significativamente maggiore rispetto a un mercato del lavoro più elastico, dove l’offerta di lavoro risponde maggiormente alle variazioni salariali. La situazione diventa particolarmente complessa in un sistema sanitario come quello degli Stati Uniti, dove una parte significativa della spesa per la sanità è a carico del lavoratore, nonostante l'assicurazione sanitaria offerta dall'azienda.
L’effetto diretto di questo sistema è un abbassamento dei salari netti, poiché la quota maggiore del contributo assicurativo è, di fatto, sostenuta dal lavoratore stesso. In altre parole, le aziende che offrono la copertura sanitaria mettono in atto una riduzione indiretta del salario netto, spostando il carico economico sul lavoratore. Questo scenario non solo influisce sul benessere economico dei dipendenti, ma ha anche implicazioni più ampie per la competitività delle aziende e per la crescita economica complessiva.
Una delle problematiche principali di questo modello è che la mancanza di una copertura universale e completa per la sanità negli Stati Uniti porta a una disparità di condizioni sanitarie tra i lavoratori. I lavoratori a basso reddito, così come i lavoratori autonomi che non hanno accesso a una copertura sanitaria adeguata, tendono ad avere uno stato di salute peggiore. Questo non solo danneggia la loro produttività, ma ha anche effetti negativi sul potenziale di crescita economica a livello nazionale. In contrasto, un sistema sanitario universale, come quello adottato in molti paesi europei, potrebbe migliorare la salute media della popolazione e, di conseguenza, la capacità produttiva del paese.
Esiste inoltre una relazione tra un migliore accesso alla sanità e un aumento del potenziale di produzione. In un contesto come quello dell'Oregon, dove è stato condotto un esperimento con l’estensione della copertura sanitaria Medicaid, i risultati suggeriscono che l'accesso a una sanità migliore potrebbe migliorare la salute dei lavoratori, ridurre l'assenteismo e incrementare l’impegno nel miglioramento delle proprie competenze professionali. Non solo, ma una maggiore copertura sanitaria potrebbe anche ridurre la mortalità infantile, migliorando così la salute futura della forza lavoro.
L’introduzione di un sistema sanitario simile a quello dei paesi europei, dove l'assicurazione sanitaria non è legata all'impiego, porterebbe probabilmente a una maggiore mobilità del lavoro tra le aziende, con una conseguente riduzione del costo relativo per i lavoratori. In tal modo, i datori di lavoro si troverebbero a dover coprire una quota maggiore dei contributi sanitari, con il risultato di una curva di offerta di lavoro più elastica e meno onerosa per il lavoratore.
L’esempio degli Stati Uniti e il confronto con l'Europa evidenziano quanto il sistema sanitario possa influire non solo sulla salute della popolazione, ma anche sulla crescita economica e sul benessere sociale. Se gli Stati Uniti dovessero adottare un sistema sanitario più simile a quello dei paesi europei, la spesa sanitaria potrebbe ridursi in proporzione al prodotto interno lordo, liberando risorse per altre aree della spesa pubblica, come l'istruzione universitaria gratuita. Inoltre, l'adozione di un sistema sanitario universale ridurrebbe la mortalità infantile e migliorerebbe la crescita demografica, contribuendo a un aumento della forza lavoro e del reddito nazionale.
Un altro elemento fondamentale da considerare riguarda l'efficienza del sistema di spesa sociale. Le statistiche mostrano che gli Stati Uniti spendono una parte molto più piccola del loro PIL per la spesa sociale, rispetto ad altri paesi come la Svizzera o la Germania, dove una maggiore parte delle risorse viene destinata a garantire il benessere della popolazione. La differenza di spesa tra gli Stati Uniti e questi paesi potrebbe spiegare alcune delle disparità economiche e sociali che si osservano nel contesto americano.
La riforma del sistema sanitario potrebbe, quindi, non solo migliorare la salute della popolazione, ma anche stimolare la crescita economica, aumentando l’efficienza complessiva e la competitività del paese. Questo tipo di trasformazione potrebbe essere particolarmente rilevante in un’epoca in cui la salute della forza lavoro è considerata un fattore critico per il successo a lungo termine di un’economia.
L'integrazione regionale: un ostacolo o una leva per la cooperazione globale?
L'integrazione regionale, pur essendo spesso vista come una potenziale barriera per l'integrazione economica globale, svolge in realtà un ruolo fondamentale nel rafforzamento della liberalizzazione economica globale. Sebbene i critici possano sostenere che l'integrazione tra paesi in un'area di libero scambio (come l'Area di Libero Scambio Europea, EFTA, o il NAFTA tra Stati Uniti, Messico e Canada) possa generare un effetto di deviazione commerciale a danno dei paesi esterni, vi sono diversi fattori che indicano come tale integrazione possa, al contrario, promuovere la liberalizzazione economica globale.
Innanzitutto, se l'integrazione regionale stimola una crescita economica significativa all'interno del club di integrazione, ci sarà un aumento della domanda di importazioni da paesi terzi. Questo effetto di crescita della produzione potrebbe, nel tempo, portare a una creazione netta di scambi globali. In secondo luogo, quando la World Trade Organization (WTO) avvia un ciclo di liberalizzazione globale parallelo, come è avvenuto in alcune fasi della liberalizzazione dell'Unione Europea, si riducono le barriere all'importazione non solo tra i club regionali ma anche tra questi e i paesi esterni. In passato, vari cicli di negoziati del GATT, sotto l'impulso degli Stati Uniti, sono stati motivati dalle mosse di integrazione economica dell'UE. Inoltre, la crescente interconnessione tra le economie mondiali, dovuta anche alla presenza di multinazionali in quasi tutti i paesi, implica una pressione forte per mantenere tariffe doganali basse o addirittura ridurle. Le tariffe doganali elevate sui prodotti intermedi aumentano i costi delle importazioni, riducendo la competitività internazionale delle imprese esportatrici.
Un altro aspetto cruciale è che il commercio moderno si basa sempre più sui prodotti intermedi. Le critiche che vedono nell'integrazione regionale un rischio di aumento delle tariffe doganali non sono giustificate. Le imprese multinazionali, operanti a livello globale, hanno un interesse diretto a mantenere basse le tariffe doganali per garantire una maggiore competitività internazionale. L'introduzione di tariffe elevate sui prodotti intermedi non solo aumenterebbe i costi, ma ridurrebbe anche la competitività delle imprese locali che dipendono da questi input esteri. Questo aspetto si riflette chiaramente nei dati relativi alle esportazioni lorde e alle esportazioni di valore aggiunto, come illustrato dalla differenza tra le esportazioni lorde e quelle con valore aggiunto rispetto al PIL, in particolare tra Stati Uniti e Unione Europea.
In parallelo, le politiche regolatorie e di sicurezza svolgono un ruolo fondamentale nell'equilibrio tra l'integrazione regionale e la liberalizzazione globale. Il caso della Gran Bretagna post-Brexit offre un interessante esempio di come la cooperazione regionale, anche in presenza di un'uscita dall'UE, possa continuare a influenzare le politiche interne e internazionali. Sebbene il Regno Unito sia uscito dall'Unione Europea, esso ha espresso la volontà di continuare a collaborare su politiche cruciali come quelle relative ai mercati del lavoro, la protezione ambientale e la regolamentazione dei mercati finanziari. L'incertezza riguardo alla sua permanenza nell'Area Economica Europea (EEA) potrebbe infatti influire profondamente sull'efficacia delle politiche commerciali e regolamentari post-Brexit.
Nel caso in cui il Regno Unito decida di non rimanere nell'EEA, dovrà affrontare una scelta cruciale riguardo alla sua futura politica regolatoria, in particolare in ambito finanziario. Una possibile inclinazione verso un approccio di regolamentazione più "leggera", simile a quello degli Stati Uniti, potrebbe essere una via percorribile. Tuttavia, le politiche di deregolamentazione potrebbero anche condurre a un crescente allineamento con la regolamentazione bancaria degli Stati Uniti, creando così una pressione sulle normative europee.
In tal senso, le scelte politiche del Regno Unito dopo la Brexit non riguardano solo le relazioni con l'Unione Europea, ma anche con i mercati globali, in particolare con gli Stati Uniti. Un accordo commerciale transatlantico potrebbe portare a un'espansione degli scambi tra Regno Unito e Stati Uniti, ma ciò non compenserebbe completamente la perdita di interconnessione commerciale con l'Unione Europea, che ha tradizionalmente rappresentato un partner economico di grande valore. Le distanze geografiche e i costi di trasporto con paesi come Corea e Giappone, pur essendo opportunità commerciali, non possono sostituire il vantaggio competitivo dato dalla vicinanza dell'UE.
Infine, è fondamentale comprendere che l'integrazione regionale, pur portando a vantaggi economici nei singoli blocchi, può generare dinamiche globali che favoriscono la competitività a livello mondiale. Le esportazioni di valore aggiunto, che derivano dall'integrazione in reti di produzione regionali, sono un fattore di crescita della produttività. Sebbene la globalizzazione dei flussi commerciali possa sembrare una soluzione, la realtà è che le connessioni regionali continuano a giocare un ruolo fondamentale nella promozione dell'innovazione e della crescita.
Come la Digitalizzazione e il Populismo Influenzano l'Ordine Economico Globale
Non si dovrebbe mai sottovalutare l'importanza di analizzare le opportunità offerte dall'integrazione regionale comparativa e sviluppare iniziative di networking interregionale che, in linea di principio, potrebbero portare alla creazione di una rete mondiale di cooperazione, formale o informale. È possibile individuare riforme politiche di successo che possano fungere da base per incoraggiare ulteriori riforme in altri paesi. In questo contesto, è fondamentale notare che l'espansione digitale è un fenomeno globale, proprio come il riscaldamento globale, che richiede interventi e attività a livello dell'ONU per creare un bene pubblico globale, come la mitigazione del clima.
Alcuni settori della governance digitale, come la politica della concorrenza globale e la sicurezza dei dati, sono di rilevanza mondiale. L'investimento sufficiente nelle reti di telecomunicazioni e la dinamica dell'innovazione digitale – spesso con effetti di spillover positivi a livello internazionale – sono aspetti cruciali, tanto quanto evitare gli effetti collaterali negativi globali, come la diffusione di virus o trojan via Internet. Le milioni di reti Wi-Fi insicure negli hotel, che offrono connessioni gratuite agli ospiti, rappresentano un problema significativo. Tali connessioni Wi-Fi insicure dovrebbero essere gravate da una pesante tassa da tutti i governi. I paesi che si rifiutano di vietare efficacemente le connessioni Wi-Fi non sicure dovrebbero affrontare sanzioni economiche, che potrebbero essere applicate solo se tutti i paesi membri dell'ONU versassero in anticipo un deposito su un conto di garanzia dell'ONU. L’esperienza del World Bank nella creazione di capacità potrebbe essere di grande aiuto nella costruzione di reti digitali più sicure a livello globale. Una politica migratoria adeguata potrebbe anche contribuire alla convergenza economica tra il Nord e il Sud.
L'integrazione economica globale è minacciata anche dalla crescente ondata di populismo che sta caratterizzando la politica di molte delle maggiori economie mondiali, tra cui gli Stati Uniti. Quando la più grande economia OCSE, gli Stati Uniti, affrontano una crisi strutturale legata al populismo, non si può più considerare solo una prospettiva di riforma politica nazionale. Le dimensioni degli Stati Uniti e gli effetti collaterali internazionali che generano attraverso il commercio, gli investimenti e la diffusione ideologica del populismo statunitense sono enormi. Un approccio protezionista e nazionalista degli Stati Uniti troverebbe altri paesi disposti a imitare questa politica, creando nuovi conflitti, in particolare in Europa. L'ascesa di un governo populista negli Stati Uniti, contrario all'immigrazione e ai principi multilateralisti, invierebbe segnali destabilizzanti al sistema economico globale. In questo scenario, gli organismi internazionali, come l'ONU, il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, sarebbero tra i principali colpiti da questa inversione di tendenza.
Per l'Unione Europea, il ritorno al nazionalismo e al protezionismo potrebbe non significare solo la fine del libero scambio promosso dalla Gran Bretagna, ma anche la nascita di nuovi gruppi regionali e rivalità politiche. In un contesto simile, la Germania potrebbe intraprendere una strategia di "Mitteleuropa", cercando di affermarsi come centro regionale, senza alcun sostegno esterno. La Francia, nel frattempo, potrebbe formare un gruppo di influenza mediterranea comprendente paesi come Italia, Grecia, Spagna e Portogallo, mentre la Russia cercherebbe di consolidare il suo potere nei Balcani. Anche la Cina, che sta espandendo la sua influenza in Europa attraverso il formato 16+1, che include undici membri dell'UE dell'Est e cinque paesi dei Balcani, sarebbe destinata a entrare in conflitto con la Russia e potenzialmente con la Germania, con la quale condividerebbe interessi economici nei Balcani.
Tuttavia, un contrasto sempre più complesso tra Stati Uniti e Cina, in particolare nel contesto della rivalità politica e militare crescente, potrebbe portare alla ridefinizione delle rotte commerciali. La Cina potrebbe cercare di concentrarsi maggiormente sulle rotte ferroviarie che passano attraverso la Russia, piuttosto che sulle rotte marittime, vulnerabili alla potenza navale statunitense. Queste nuove rivalità economiche e politiche potrebbero essere più complesse di quelle del XIX secolo, che portarono alla Prima Guerra Mondiale. Le chiavi per evitare una replica di quel conflitto in Europa sono il mantenimento dell'integrazione europea e la lotta contro il populismo negli Stati Uniti.
Il populismo negli Stati Uniti ha radici in una crescente percezione di disuguaglianza economica e nella mancanza di risposte efficaci a tale situazione. Sebbene alcuni provvedimenti selettivi, come l'aumento del salario minimo deciso da Amazon, possano portare a dei miglioramenti, tali interventi non possono sostituire una riforma sostanziale e strutturale delle politiche economiche. Un approccio che consideri la trasparenza della retribuzione e il rafforzamento della rappresentanza dei lavoratori, nonché l'adozione di modelli economici basati sugli stakeholder piuttosto che sugli azionisti, potrebbero essere passi necessari per affrontare la crescente disuguaglianza negli Stati Uniti.

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