La relatività speciale, pubblicata da Albert Einstein nel 1905, ha rivoluzionato il modo in cui concepiamo il tempo e lo spazio. Questa teoria descrive la relazione tra spazio e tempo in un contesto in cui le velocità si avvicinano a quella della luce, introducendo concetti che, seppur sorprendenti, sono stati verificati da esperimenti concreti. Il genio di Einstein non risiedeva solo nella sua capacità di formulare teorie matematiche complesse, ma anche nel suo approccio intuitivo e nella sua abilità di cambiare prospettiva, di vedere la realtà con occhi nuovi.

Einstein, confrontandosi con le leggi fisiche e i risultati sperimentali disponibili all'epoca, cercò una sintesi che li unisse in una visione universale. La sua curiosità, la sua determinazione e la sua straordinaria pazienza lo portarono a elaborare una teoria che rispondeva a domande fondamentali sui fenomeni fisici. Questi fenomeni, sebbene in apparenza sorprendenti e a volte inconciliabili, non dovevano essere ignorati. Infatti, Einstein si trovò a dover navigare tra risultati che sembravano escludersi a vicenda, ma che, sotto una nuova luce, riuscivano a trovare una coerenza fondamentale.

Il risultato fu una nuova visione dello spazio e del tempo: entrambi, per Einstein, non erano più entità separate, ma si fondavano in un unico concetto, quello dello spazio-tempo. Questo spazio-tempo è un'entità matematica che tiene conto delle dimensioni spaziali (lunghezza, larghezza e altezza) e della dimensione temporale. L'elemento che lega queste dimensioni è la velocità della luce, una costante fisica fondamentale che agisce come un limite assoluto. Nessun oggetto, infatti, può muoversi più velocemente della luce, il che implica che, a velocità elevate, le leggi della fisica si modificano in modi che non siamo abituati a vedere nella vita quotidiana.

Una delle manifestazioni più sorprendenti della relatività speciale è la dilatazione del tempo. Questo fenomeno si verifica quando un oggetto si sposta a velocità prossime a quella della luce: per un osservatore in movimento, il tempo scorre più lentamente rispetto a un osservatore fermo. Un esperimento famoso del 1971 ha dimostrato questo effetto. Due orologi atomici estremamente precisi vennero posti su due aerei: uno volava verso est, l’altro verso ovest. Quando gli aerei tornarono al punto di partenza, gli orologi segnavano un differenziale di 100 nanosecondi. Sebbene questa differenza sia minuscola, è stata misurata con precisione. Questo effetto, tuttavia, non è spiegabile dalla sola relatività speciale: anche la gravità, più debole ad altitudini elevate, contribuisce alla dilatazione temporale. Tuttavia, Einstein avrebbe sviluppato una spiegazione completa di questo fenomeno solo con la teoria della relatività generale.

La teoria della relatività speciale descrive anche un altro concetto fondamentale: la simultaneità non esiste più. Eventi che possono sembrare simultanei a un osservatore fermo, possono non esserlo più per un osservatore in movimento relativo. In altre parole, il concetto di "adesso" diventa relativo alla velocità dell'osservatore. Così, mentre il tempo si dilata, le lunghezze si contraggono. Questo implica che oggetti in movimento veloce appaiono più corti nella direzione del loro moto, un altro effetto che è stato confermato sperimentalmente.

Nel contesto della relatività speciale, Minkowski, un matematico contemporaneo di Einstein, forgiò un concetto fondamentale che cambiò il nostro modo di pensare al tempo e allo spazio: lo spazio-tempo a quattro dimensioni. In un tale spazio-tempo, la posizione di un evento non è descritta da tre sole coordinate spaziali, ma da una combinazione di tre coordinate spaziali e una temporale. Questo approccio matematico permette di trattare il tempo come una dimensione simile alle altre, ma con la caratteristica unica di essere moltiplicata per la velocità della luce, per uniformarsi alle altre dimensioni in termini di unità di misura.

La relazione tra spazio e tempo in Minkowski è sintetizzata in un’equazione che estende il teorema di Pitagora alla quarta dimensione. La distanza tra due punti nello spazio-tempo, detta intervallo spazio-temporale, non dipende dal sistema di riferimento dell’osservatore. Questo concetto di invariabilità dell'intervallo spazio-temporale è uno dei pilastri fondamentali della teoria della relatività. Indipendentemente da come si osservi l'evento, la misura dell'intervallo tra due punti nello spazio-tempo rimane invariata.

La differenza tra spazio e tempo diventa evidente in un aspetto particolare dell'equazione: il segno negativo che precede la parte spaziale. Questo segno non è casuale, ma rappresenta la differenza fondamentale tra le due grandezze. In un certo senso, mentre lo spazio e il tempo si fondono in un unico concetto, questa relazione è mantenuta dalla distinzione intrinseca tra le due dimensioni.

Nel contesto della relatività speciale, quindi, ogni punto dell'universo è identificato non solo da coordinate spaziali, ma anche da un "tempo" che è, in effetti, un’altra dimensione che si unisce alle altre tre dimensioni spaziali. L'equazione che descrive l’intervallo spazio-temporale, in questo contesto, diventa un potente strumento che permette di calcolare gli eventi fisici con una precisione mai raggiunta prima.

Oltre alla teoria della relatività speciale, è importante comprendere che la relatività generale, sviluppata successivamente da Einstein, amplia la visione di Minkowski integrando gli effetti della gravità. La gravità, che in precedenza era vista come una forza separata, diventa parte integrante della geometria dello spazio-tempo, deformandolo e influenzando il flusso del tempo.

Lo spazio-tempo descritto dalla relatività non è solo una realtà teorica, ma ha un impatto tangibile nelle esperimentazioni quotidiane e nelle applicazioni tecnologiche, come nei sistemi GPS, che devono tenere conto degli effetti della relatività per calcolare correttamente le posizioni. Queste applicazioni dimostrano quanto la teoria di Einstein, pur così radicale, sia alla base della nostra tecnologia moderna.

Qual è la relazione tra massa ed energia secondo la relatività speciale?

La famosa equazione E = mc² emerge come un’innovativa sintesi nella teoria della relatività speciale. Essa stabilisce una connessione inscindibile tra spazio e tempo da una parte, e massa ed energia dall’altra. Come affermato dallo stesso Einstein: "Derivava dalla teoria speciale della relatività che massa ed energia sono entrambi solo manifestazioni diverse della stessa cosa, una concezione abbastanza sconosciuta alla mente comune".

Nella nostra esperienza quotidiana, tutti sappiamo quanto sia difficile spingere un carrello della spesa pieno verso la cassa del supermercato. Nella meccanica newtoniana, l’energia (E) necessaria per superare l’inerzia di un corpo e muoverlo a una certa velocità v (velocità) è espressa dall’equazione E = mv²/2, dove m è la massa del corpo. Teoricamente, qualsiasi velocità può essere raggiunta con un’adeguata quantità di energia. Tuttavia, nella relatività speciale, non è possibile raggiungere velocità superiori a quella della luce. Man mano che ci si avvicina alla velocità della luce, diventa sempre più difficile incrementare la velocità di un corpo. Accelerarlo fino alla velocità della luce richiederebbe una quantità infinita di energia.

Questa crescente difficoltà solleva una domanda fondamentale: dove finisce l’energia che viene iniettata in un corpo ma che non si trasforma in velocità? La risposta è che essa si trasforma in massa. Qui si trova una delle conseguenze più controintuitive della relatività speciale. Nella meccanica newtoniana (e quindi nella nostra esperienza quotidiana), la massa di un corpo rimane costante e la sua velocità e accelerazione dipendono esclusivamente dalla forza applicata. Nella fisica relativistica, invece, la massa di un corpo non è più una costante fissa, ma aumenta a causa dell’energia che non si converte in velocità. Man mano che la velocità di un corpo si avvicina a quella della luce, la sua massa aumenta sempre più. E maggiore è la massa, più difficile diventa accelerare il corpo.

Mass e energia non sono più entità separate, ma possono trasformarsi l'una nell'altra grazie alla formula E = mc². La costante di conversione è proprio il termine c², dove c è la velocità della luce. La massa m di un corpo può essere espressa come m = γm₀, dove m₀ è la massa a riposo (un valore invariabile) e γ è un fattore che aumenta più ci si avvicina alla velocità della luce. In sostanza, massa ed energia sono due manifestazioni della stessa realtà. Ciò che prima era distinto nella fisica newtoniana ora è strettamente interconnesso. La massa può essere convertita in energia, cioè l’energia intrappolata nella massa può essere liberata. E viceversa, l’energia può dar vita a massa.

Un esempio interessante: se 1 chilogrammo di massa venisse completamente convertito in energia, si otterrebbe una quantità di energia pari a quella prodotta da una centrale nucleare da un gigawatt per tre anni, abbastanza per alimentare centinaia di migliaia di abitazioni. Inoltre, come abbiamo visto, l’energia può trasformarsi in massa. Questo è ciò che accade nei rivelatori di particelle e in fenomeni astrofisici violenti, come le esplosioni di supernova. Due fotoni (quanta di luce che possiedono energia e quantità di moto, ma nessuna massa quando sono a riposo) possono dare origine a diverse coppie di particelle, la cui massa dipenderà dall’energia posseduta. Le particelle con massa, come una coppia di elettrone-positrone o protoni-antiprotone, possono quindi apparire "dal nulla". Le loro proprietà dipenderanno dall’energia dei fotoni da cui sono emerse: E = mc². Questa è la formula magica che permette alle collisioni nei rivelatori di particelle di generare nuove particelle e antiparticelle, trasformando l’energia cinetica in energia di massa.

Il Sole stesso brilla grazie alla formula E = mc². La nostra stella che illumina le nostre giornate è alimentata da reazioni nucleari che trasformano essenzialmente quattro protoni in un nucleo di elio. Tuttavia, quattro protoni pesano circa lo 0,5% in più di un atomo di elio. Questa differenza di massa diventa energia, sotto forma di luce che viene irradiata nello spazio. Nei nuclei stellari, la materia si trasforma, anche se solo parzialmente, in luce. Nell'Universo primordiale, osserviamo l'inverso: l'energia diventa materia. È il miracolo della creazione, come nel titolo di un dipinto di Boetti.

La relatività speciale disegna un quadro profondamente trasformato del mondo fisico rispetto alla fisica classica. Più complesso e certamente più completo. In effetti, lo spazio e il tempo assoluti non esistono più, ma sono sostituiti da nuovi assoluti: la velocità della luce e l'intervallo spazio-temporale. E le fondamenta della fisica newtoniana si disintegrano con loro: l’illusione di un movimento assoluto e della simultaneità assoluta. Tutti i movimenti sono relativi a un sistema di riferimento. Non esiste un sistema inerziale che abbia priorità su un altro. Il limite assoluto della velocità della luce porta all’equivalenza tra massa ed energia, che a sua volta porta all’aumento esponenziale della massa relativistica nel tentativo di accelerare un corpo alla velocità della luce.

Le basi della relatività speciale si fondano su sistemi che si muovono l’uno verso l’altro in linea retta e a velocità costante. Tuttavia, Einstein cercò di estendere il suo pensiero relativistico per includere anche i sistemi di riferimento accelerati, oltre ai sistemi inerziali. E per farlo, dovette affrontare la stessa domanda che Newton aveva lasciato senza risposta, affidandola al lettore. Qual è la vera natura della gravità?