Nel 1821, Thomas Johann Seebeck osservò che collegando due fili di metalli diversi e mantenendo una delle giunzioni a temperatura più alta rispetto all'altra, si generava un campo magnetico. Fu successivamente compreso che tale campo era dovuto al passaggio di una corrente elettrica nei fili. Questo fenomeno, oggi noto come effetto Seebeck, costituisce la base della conversione diretta dell’energia termica in energia elettrica.

Nel 1834, Jean Charles Athanase Peltier scoprì l’effetto opposto: facendo passare una corrente elettrica attraverso la giunzione di due metalli diversi, si osservava una variazione termica non spiegabile semplicemente con la resistenza elettrica dei materiali. L’effetto Peltier descrive dunque il trasferimento di calore indotto da una corrente elettrica, che permette di ottenere un gradiente termico tra due superfici solide.

I dispositivi moderni non si basano più esclusivamente su metalli, ma impiegano semiconduttori drogati alternativamente di tipo p e n, disposti in serie e connessi da contatti metallici. Questi elementi semiconduttori sono incapsulati tra due materiali solidi, spesso ceramici, per ottenere stabilità meccanica e isolamento termico. Quando una corrente continua attraversa la struttura, si crea un flusso di calore direzionato da una superficie all’altra: il dispositivo agisce da generatore termoelettrico oppure da refrigeratore, a seconda della direzione della corrente.

Nel caso del raffreddamento Peltier, gli elettroni nei semiconduttori di tipo n si muovono dalla superficie fredda verso quella calda, mentre le lacune (cariche positive) nei semiconduttori di tipo p seguono lo stesso percorso. Questo spostamento carico contribuisce sia alla conduzione elettrica sia alla conduzione termica, in modo analogo a quanto avviene nei metalli. Tuttavia, nei semiconduttori esiste anche un altro meccanismo di conduzione del calore, legato alla propagazione dei fononi, ovvero le vibrazioni quantizzate del reticolo cristallino.

Affinché un dispositivo termoelettrico sia efficiente, è necessario ottimizzare la conduzione termica: essa deve essere elevata per gli elettroni, ma bassa per i fononi. Il parametro utilizzato per valutare l’efficienza di questi materiali è il cosiddetto "Figure of Merit", indicato con zT. Esso è definito dalla relazione:

  zT = S²σT / κ

dove S è il coefficiente di Seebeck (misura della tensione generata per una differenza di temperatura), σ la conducibilità elettrica e κ la conducibilità termica totale, dominata dal contributo fononico. Un materiale con elevato valore di zT è in grado di convertire efficacemente l’energia termica in elettricità e viceversa.

Il semiconduttore più utilizzato nei dispositivi termoelettrici è il tellururo di bismuto (Bi₂Te₃), grazie al suo alto valore di zT in un ampio intervallo di temperatura. Tuttavia, il tellurio è un elemento raro e costoso, motivo per cui la ricerca si sta orientando verso materiali alternativi, inclusi polimeri organici conduttivi, che potrebbero offrire soluzioni più sostenibili sia dal punto di vista economico che ambientale.

Oltre alla struttura elettronica e fononica, altri aspetti influenzano le prestazioni dei materiali termoelettrici: la microstruttura, l’ingegnerizzazione dei confini di grano, la dispersione dei fononi e l’accoppiamento tra cariche e vibrazioni reticolari. Il controllo su scala nanometrica di tali parametri è diventato cruciale per lo sviluppo di nuovi materiali ad alte prestazioni.

È importante comprendere che il coefficiente di Seebeck è fortemente dipendente dalla temperatura, e quindi la progettazione di dispositivi efficienti richiede una valutazione accurata del comportamento termico del materiale nel regime operativo desiderato. Inoltre, mentre la conducibilità elettrica favorisce il trasporto di carica, una conducibilità termica troppo elevata può vanificare il gradiente termico necessario alla generazione di corrente: da qui nasce la complessità nell’ottimizzazione dei materiali.

Un altro elemento critico è la direzione del flusso termico rispetto alla struttura cristallina: in molti materiali anisotropi, le proprietà termiche e elettriche variano in funzione dell’orientazione. Questa anisotropia può essere sfruttata in modo vantaggioso, ma impone vincoli tecnologici nella realizzazione dei dispositivi.

Oggi, le applicazioni dei materiali termoelettrici spaziano dalla generazione di energia in ambienti remoti (ad esempio nei generatori radioisotopici usati nelle missioni spaziali) al raffreddamento di componenti elettronici sensibili, fino a scenari di recupero del calore industriale. L’efficienza ancora relativamente bassa dei dispositivi attuali limita la loro diffusione su larga scala, ma i continui progressi nella scienza dei materiali promettono soluzioni più performanti e sostenibili.

Un aspetto fondamentale da considerare è la compatibilità tra i materiali utilizzati: differenze nei coefficienti di espansione termica o nella stabilità chimica possono compromettere la durabilità del dispositivo. Anche la tossicità e la disponibilità delle materie prime rappresentano fattori determinanti per la transizione verso tecnologie più pulite e scalabili.

Come funziona la spettroscopia NMR nello stato solido e quali informazioni fornisce?

La spettroscopia di risonanza magnetica nucleare (NMR) applicata ai solidi rappresenta una sfida rispetto allo stato di soluzione, principalmente perché molti cristalli risultano insolubili o praticamente insolubili in solventi organici, impedendo così l’ottenimento di spettri in soluzione. Tuttavia, grazie a tecniche avanzate, è ormai possibile ottenere spettri NMR da campioni solidi, consentendo di ricavare preziose informazioni sull’ordine locale all’interno di materiali solidi di diversa natura.

Tutti i nuclei possiedono uno spin nucleare, indicato con I, che deve essere maggiore di zero affinché il nucleo sia attivo in NMR (I > 0). Lo spin nucleare, similmente ai livelli energetici elettronici, è quantizzato e può assumere valori interi o semi-interi. Nuclei con spin maggiore di ½ sono definiti quadrupolari e la loro presenza può determinare spettri complessi, caratterizzati da forme di linee articolate o picchi ampi. In presenza di un campo magnetico esterno, si ha uno scorporo dei livelli energetici dello spin nucleare, noto come splitting di Zeeman, con la formazione di 2I + 1 livelli discreti. La transizione tra questi livelli, indotta da impulsi a radiofrequenza, è alla base della rilevazione NMR.

Il momento magnetico nucleare (μ) è proporzionale allo spin nucleare I, con una costante di proporzionalità chiamata rapporto giromagnetico (γ), che differisce da isotopo a isotopo e determina la frequenza di risonanza caratteristica, o frequenza di Larmor (ν_L). Questa frequenza dipende sia dal valore di γ che dall’intensità del campo magnetico applicato B₀, secondo la relazione ν = (γ B₀) / (2π). Gli spettrometri moderni operano con campi magnetici tra 5 e 25 Tesla, rendendo necessarie elevate intensità per studiare isotopi con rapporti giromagnetici bassi.

Gli spettri in soluzione tipicamente presentano picchi netti e ben definiti, facili da integrare e assegnare. Nel caso dei solidi, invece, la rigidità strutturale fa sì che alcune interazioni, normalmente mitigate dal moto molecolare in soluzione, persistano e complicano l’interpretazione dello spettro. Tra queste vi sono: l’anisotropia dello spostamento chimico (CSA), dovuta alla dipendenza dello scudo chimico dalla direzione rispetto al campo magnetico; il couplaggio dipolare, interazione magnetica diretta tra nuclei vicini che può estendersi su ampi intervalli di frequenza; e, per nuclei quadrupolari (I > ½), le interazioni quadrupolari elettriche, responsabili di linee di forma complessa.

Per minimizzare l’effetto di CSA e couplaggio dipolare, si utilizza la tecnica della rotazione ad angolo magico (Magic Angle Spinning, MAS). Ruotando il campione ad un angolo di 54,74° rispetto al campo magnetico con velocità superiori alla larghezza di banda delle interazioni, si riducono notevolmente le broadening lineari, producendo spettri con picchi più nitidi, simili a quelli in soluzione. Tuttavia, per segnali molto ampi o rotazioni insufficienti, si osservano bande laterali di rotazione (sidebands), la cui posizione cambia con la velocità di rotazione, mentre la risonanza isotropica rimane fissa, permettendo la loro identificazione.

Inoltre, per isotopi con bassa abbondanza naturale o lunghi tempi di rilassamento spin-reticolo, il segnale può risultare debole. In questi casi, si impiega la polarizzazione incrociata (cross polarization), trasferendo ripetutamente la polarizzazione da nuclei più abbondanti come l’idrogeno-1 (¹H) a nuclei meno sensibili, migliorando così il rapporto segnale-rumore.

Un esempio emblematico dell’uso della NMR nello stato solido è lo studio del ²⁹Si, l’unico isotopo NMR attivo del silicio (I = ½), che produce spettri con picchi simmetrici e definiti, essendo privo di broadening quadrupolare. Nonostante la sua abbondanza naturale relativamente bassa (~4,7%), è ampiamente utilizzato per analizzare la struttura di minerali silicatati e, in particolare, delle zeoliti, microporosi aluminosilicati con molte applicazioni industriali. In questi materiali, la sostituzione parziale di atomi di silicio con alluminio nei reticoli cristallini genera siti di silicio con ambienti chimici diversi, riconoscibili attraverso distinti picchi nel loro spettro ²⁹Si MAS NMR. Tali differenziazioni risultano irraggiungibili con tecniche di diffrazione a raggi X a causa della somiglianza dei fattori di scattering di Si e Al.

La comprensione approfondita delle interazioni fondamentali che influenzano gli spettri NMR solidi e l’utilizzo delle tecniche come MAS e cross polarization permettono di ottenere dettagli strutturali locali altrimenti inaccessibili. Questo è particolarmente importante in materiali con complessità chimica e strutturale elevata, dove l’informazione di ordine locale è cruciale per la comprensione delle proprietà fisiche e chimiche.

È importante anche considerare che la spettroscopia NMR nello stato solido richiede spesso tempi di acquisizione lunghi e apparecchiature di alta tecnologia, elementi che incidono sulle possibilità di analisi ma che sono ampiamente giustificati dall’unicità delle informazioni ottenute. La scelta dell’isotopo, la potenza del campo magnetico, la velocità di rotazione e le tecniche di polarizzazione incrociata devono essere ottimizzate in funzione del campione e degli obiettivi della ricerca. Inoltre, la corretta interpretazione degli spettri richiede una conoscenza approfondita delle interazioni quantistiche e delle tecniche sperimentali, poiché le linee larghe o i pattern di sidebands possono nascondere dettagli importanti sulle simmetrie e sull’ambiente chimico dei nuclei.

Come l'NMR può rivelare le strutture complesse dei materiali zeolitici: tecniche avanzate e applicazioni

Il quadro delle zeoliti, come indicato dalla tetraedro SiO4, è un sistema cristallino che presenta una notevole complessità in termini di distribuzione e coordinazione degli atomi. Ogni atomo di silicio (Si) può essere circondato da atomi di silicio (Si) o alluminio (Al), generando cinque diverse configurazioni locali: Si(OSi)4, Si(OSi)3(OAl), Si(OSi)2(OAl)2, Si(OSi)(OAl)3 e Si(OAl)4. Queste configurazioni determinano le caratteristiche chimiche delle zeoliti, in particolare il comportamento del silicio centrale, il quale risponde in modo diverso alle tecniche di spettroscopia NMR (risonanza magnetica nucleare).

Le tecniche di spettroscopia NMR per il silicio 29Si, in particolare l'NMR a rotazione magica (MAS NMR), consentono di identificare questi ambienti locali. La posizione chimica del picco NMR dipende dal numero di atomi di alluminio (Al) circostanti: maggiore è il numero di Al, più positivo sarà il valore del cambiamento chimico osservato. Questo fenomeno è particolarmente utile per determinare il rapporto Si:Al in un campione di zeolite, un parametro che influisce sulle proprietà chimiche e reattive del materiale. Ad esempio, nell'analisi di una zeolite-Y, la spettroscopia NMR a 29Si ha mostrato la presenza di quattro picchi, ognuno corrispondente a una diversa configurazione locale di Si, con le intensità normalizzate che consentono di calcolare il rapporto Si:Al con grande precisione.

In parallelo a questi studi, la spettroscopia NMR ha anche rivelato il comportamento di nuclei quadrupolari, come l'alluminio 27Al, che presenta una distribuzione della carica nucleare non sferica. Questo lo rende particolarmente interessante per la comprensione delle interazioni locali e dei meccanismi chimici in materiali complessi. I nuclei con I > ½, noti come nuclei quadrupolari, possono essere difficili da analizzare a causa delle interazioni complesse con i gradienti del campo magnetico locale. L’intensità e la forma dei picchi NMR di questi nuclei dipendono molto dalla simmetria del sito in cui si trovano. Nelle configurazioni altamente simmetriche, come quelle tetraedriche o ottaedriche, i picchi sono ben definiti e simmetrici, ma in ambienti meno simmetrici l’interazione quadrupolare di secondo ordine può rendere i picchi allargati e asimmetrici.

Le tecniche di NMR sono state ulteriormente sviluppate per affrontare queste sfide. Tecniche avanzate come la rotazione doppia NMR (DOR), la rotazione angolare dinamica (DAS) e la spettroscopia NMR a due dimensioni (MQMAS e STMAS) sono state implementate per risolvere la complessità delle interazioni quadrupolari. La MQMAS, ad esempio, migliora la risoluzione separando le transizioni di ordine superiore dalle transizioni centrali, consentendo di eliminare l’allargamento di secondo ordine tipico dei nuclei quadrupolari.

Queste tecniche, che sfruttano la spettroscopia NMR a più dimensioni, hanno reso possibile l’analisi di materiali con nuclei quadrupolari come 27Al e 17O. L'analisi dell’alluminio 27Al, ad esempio, permette di distinguere tra siti altamente simmetrici e siti con simmetria inferiore, attraverso il confronto delle posizioni chimiche dei picchi. Questo è di particolare interesse per lo studio delle zeoliti, poiché la distribuzione di Al in una zeolite può influenzare in modo significativo le sue proprietà acide e catalitiche. Tecniche come la MQMAS sono state utilizzate per analizzare la distribuzione di Al in zeoliti H-Beta, un materiale con diverse configurazioni di Al che portano a un sovrapporsi dei picchi nelle spettroscopie NMR. L'introduzione della MQMAS ha reso possibile l'analisi dettagliata delle interazioni quadrupolari, rivelando tre picchi sovrapposti nelle spettroscopie 27Al di zeolite H-Beta.

Anche l’analisi del nucleo 17O ha suscitato un crescente interesse, poiché l'ossigeno è un elemento cruciale in molte strutture cristalline, incluse le zeoliti. Nonostante la sua bassa abbondanza naturale, lo studio dell'ossigeno 17O NMR è ora facilitato attraverso l’arricchimento isotopico. La spettroscopia NMR 17O è particolarmente utile per ottenere informazioni steriche, in quanto il cambiamento chimico dipende dall'angolo di legame tra ossigeno e atomi circostanti. L'uso della MQMAS per lo studio delle specie di ossigeno ha permesso di rivelare la distribuzione di siti di ossigeno in materiali come le zeoliti a base di calcio, come evidenziato dall'esempio delle spettroscopie 17O NMR di zeolite Ca4Na4-A.

In sintesi, l'NMR avanzata, in particolare le tecniche a più dimensioni, ha aperto nuove frontiere nello studio delle zeoliti e di altri materiali complessi. Queste tecniche permettono di risolvere dettagli strutturali precedentemente inaccessibili, contribuendo a una comprensione più approfondita delle proprietà fisiche e chimiche di questi materiali. Grazie a queste metodologie, è ora possibile esplorare in dettaglio la distribuzione degli atomi e le interazioni chimiche a livello locale, fornendo informazioni cruciali per il design di materiali avanzati con applicazioni in catalisi, separazione e altre tecnologie chimiche.