Nel trattamento dei rifiuti da costruzione e demolizione, la vagliatura riveste un ruolo cruciale nella separazione delle frazioni in base alle dimensioni delle particelle, garantendo la qualità del materiale riciclato e l’efficienza del processo produttivo. Le macchine di vagliatura impiegate sono diverse e la loro selezione dipende da molteplici fattori legati sia alle caratteristiche del materiale in ingresso sia agli obiettivi specifici del processo.

Le griglie fisse o mobili, i vagli a rulli e i setacci a tamburo rappresentano le tipologie più utilizzate. Le griglie, formate da barre o rulli paralleli, permettono la separazione di particelle di dimensioni medio-grosse, riuscendo a gestire anche materiali umidi o agglomerati che potrebbero causare intasamenti in altri tipi di vagli. Le griglie fisse sfruttano la gravità, con un’inclinazione tra 35° e 50°, mentre quelle mobili utilizzano movimenti lenti o vibrazioni per facilitare il trasporto e la separazione del materiale. I vagli a rulli, caratterizzati da alberi rotanti con dischi distanziati, consentono il passaggio delle particelle più fini tra gli spazi regolabili, con alcune varianti particolari come i “star screens” e i separatori a disco, impiegati in impianti fissi per il trattamento dei rifiuti da costruzione.

I vagli a tamburo, costituiti da uno schermo cilindrico rotante leggermente inclinato, garantiscono una movimentazione continua del materiale, evitando il ristagno e facilitando la separazione nella gamma delle particelle medie (10-80 mm). La loro struttura semplice e il funzionamento privo di vibrazioni li rendono adatti soprattutto a materiali contenenti elementi piatti come pellicole, grazie alla miscelazione costante che riduce l’ostruzione delle aperture del tamburo. Tuttavia, la pulizia automatica dello schermo è limitata e perciò spesso si utilizzano spazzole pulitrici per mantenere l’efficienza.

Le macchine vibranti, distinte in vagli piani e a lancio, si caratterizzano per il movimento oscillatorio o di sollevamento del materiale sulla superficie dello schermo. I vagli piani, meno comuni per i rifiuti minerali, trovano impiego nella lavorazione del legno. I vagli a lancio sono preferiti per classificare materiali frantumati come macerie edili, sfruttando forze di accelerazione molto superiori alla gravità per favorire la stratificazione e la separazione delle particelle fini. La vibrazione può essere generata da motori eccentrici o magnetici, o direttamente applicata alla superficie dello schermo, come nei vagli a “flip-flop” che alternano tensionamento e rilassamento del materiale di vagliatura. Questo meccanismo produce un effetto “trampolino” che migliora la separazione e auto-pulizia dello schermo, rendendo questi vagli ideali per materiali fini.

La scelta della macchina più adatta non è arbitraria ma si basa su un’analisi accurata di molteplici parametri. Tra questi, le caratteristiche fisiche del materiale da vagliare (dimensione massima, distribuzione granulometrica, forma delle particelle, umidità superficiale, densità apparente), i requisiti del prodotto finale (dimensione desiderata, tolleranza per particelle fuori taglia) e le esigenze tecnologiche del processo (capacità produttiva, numero di frazioni da ottenere, modalità di integrazione nel ciclo produttivo, spazio disponibile e vincoli di installazione).

In particolare, il punto di inserimento della vagliatura nel flusso produttivo influenza la dimensione delle particelle da separare: si va da materiali con dimensioni nell’ordine del metro in ingresso al frantoio, fino a granulometrie in millimetri nelle fasi successive. La scelta del taglio di vaglio può variare da 2 a 80 mm a seconda del tipo di frazione richiesta.

Un parametro importante nella valutazione delle prestazioni delle macchine, soprattutto quelle a lancio, è il flusso specifico, che indica il volume di materiale vagliato per metro quadrato di superficie di vaglio all’ora. Questo valore dipende dalla progettazione della macchina, dall’intensità del movimento del materiale sullo schermo, dalla dimensione delle maglie e dalle proprietà del materiale stesso.

Oltre agli aspetti puramente tecnici, è essenziale comprendere che il processo di vagliatura non è isolato, ma deve essere coordinato con le fasi di frantumazione e selezione per massimizzare l’efficienza complessiva dell’impianto. Il corretto smistamento delle particelle di terra e componenti deboli nei materiali di demolizione, che altrimenti compromettono la qualità dei materiali riciclati, dipende in gran parte dall’efficacia della vagliatura preliminare.

È altrettanto fondamentale considerare l’usura e la manutenzione degli schermi, poiché la durata degli elementi di vagliatura incide notevolmente sui costi operativi e sulla continuità del processo. Inoltre, la gestione dei materiali umidi e agglomerati richiede l’impiego di macchine con caratteristiche specifiche, come le griglie, per evitare intasamenti e migliorare la separazione.

In sintesi, il successo del trattamento dei rifiuti da costruzione e demolizione è strettamente legato a una scelta oculata e contestualizzata della macchina di vagliatura, tenendo conto non solo delle proprietà fisiche del materiale ma anche delle esigenze di processo, degli obiettivi di qualità e delle condizioni operative dell’impianto.

Comprendere questi aspetti permette di ottimizzare non solo la resa del riciclo ma anche la sostenibilità ambientale e l’efficienza economica dell’intero ciclo di trattamento.

Quali sono le caratteristiche fondamentali dei materiali da costruzione in muratura e come influenzano le loro prestazioni?

La densità e la porosità rappresentano caratteristiche essenziali nella classificazione dei materiali da costruzione in muratura. La densità lorda di un mattone o blocco è determinata dalla massa e dal volume totale, compresa la perforazione. Tuttavia, quando si considera la frazione grossolana dopo la frantumazione, è la densità delle particelle a diventare la misura più significativa. Nel caso di mattoni in laterizio e mattoni di silicato di calcio, le densità delle particelle e la porosità risultano simili, mentre i calcestruzzi leggeri e quelli aerati mostrano densità inferiori e porosità più elevate. La variabilità all’interno di uno stesso tipo di materiale è ampia, dovuta alle diverse origini e alla gamma di prodotti offerti. Ad esempio, i mattoni in laterizio possono essere progettati con corpi porosi per ottimizzare l’isolamento termico, oppure con bassa porosità per garantire una maggiore resistenza al gelo.

L’assoluta densità in polvere dei materiali da muratura tende a non differire significativamente, poiché i componenti silicatati dominano in tutti i tipi. Tuttavia, è la dimensione e la forma dei pori che determinano l’accessibilità all’acqua e all’aria. Nei mattoni in laterizio, prevalgono pori capillari, mentre i mattoni di silicato di calcio presentano anche pori d’aria e capillari. I calcestruzzi aerati e leggeri mostrano pori più grossolani, con diametri fino a 1 mm, includendo anche pori di gel dovuti agli idrati di silicato di calcio, componenti fondamentali per la resistenza meccanica. Rispetto a questi materiali, i pori del calcestruzzo sono significativamente più piccoli, con differenze di dimensioni che arrivano a due o tre ordini di grandezza.

La porosità influenza direttamente la resistenza alla frantumazione durante la lavorazione: materiali con alta porosità si frammentano più facilmente sotto lo stesso carico. La permanenza dei pori nel prodotto finale dipende dal rapporto tra la dimensione dei pori e quella delle particelle del materiale macinato. Ad esempio, riducendo la dimensione delle particelle a circa 1 mm nel calcestruzzo aerato si apre la struttura dei pori d’aria, diminuendo la porosità complessiva. I pori capillari tipici del laterizio, invece, si aprono solo per particelle inferiori a 10 micron, mentre materiali con elevata presenza di pori di gel sono difficilmente macinabili eliminando completamente la porosità.

L’assorbimento d’acqua è mediato principalmente dai pori capillari aperti; pertanto, la quantità di acqua assorbita è proporzionale alla porosità delle particelle. Se i pori sono completamente saturi d’acqua, è possibile calcolare l’assorbimento massimo rispetto alla massa a secco del campione. Tuttavia, nella realtà, solo una frazione dei pori si riempie d’acqua, e la saturazione diventa un fattore determinante. Nei mattoni in laterizio e di silicato di calcio, i valori misurati di assorbimento d’acqua risultano leggermente inferiori ai valori teorici ma seguono una tendenza simile. Per i calcestruzzi aerati e leggeri, la presenza di pori chiusi o non capillari causa deviazioni significative da questa relazione.

La resistenza delle particelle e la resistenza al gelo sono altre proprietà correlate alla densità. In generale, la resistenza alla compressione delle particelle diminuisce nell’ordine: calcestruzzo – mattoni in laterizio e silicato di calcio – calcestruzzo aerato. Particelle più piccole tendono ad essere più resistenti rispetto a quelle più grosse, dato che le frazioni fini omogenee non accumulano componenti meno solidi. Nel caso di aggregati decorativi derivati da laterizi, la resistenza delle particelle è più elevata rispetto agli aggregati non trattati, grazie all’usura che elimina componenti fragili. La resistenza al gelo segue un andamento simile: il calcestruzzo e i laterizi mostrano valori comparabili, mentre i mattoni in silicato di calcio sono più vulnerabili.

I materiali da muratura sono progettati per un impiego specifico in muratura, e quindi i requisiti tecnici si adattano a queste condizioni. Le proprietà come la resistenza delle particelle e la resistenza al gelo sono meno rilevanti nella destinazione d’uso originaria e non rappresentano il focus principale nella progettazione dei materiali primari.

Nel contesto del riciclo, i materiali derivati da demolizioni di murature sono generalmente miscele eterogenee. La loro composizione viene definita attraverso un’analisi visiva e una suddivisione in base alle normative relative agli aggregati riciclati da calcestruzzo demolito. Solitamente, non viene effettuata una distinzione rigorosa tra i tipi di materiali da muratura. La quota predominante è quella dei mattoni in laterizio, che rappresentano mediamente il 50% in peso del materiale riciclato, con variazioni significative nel tempo e in base al sito di origine. Altri componenti principali sono il calcestruzzo, aggregati naturali e materiali leggeri come il calcestruzzo aerato, leggero e malta. Questi tre gruppi costituiscono oltre il 90% in peso del materiale riciclato.

La comprensione della relazione tra struttura porosa, densità e resistenza è fondamentale per valutare il comportamento dei materiali da muratura, sia in fase di utilizzo che di riciclo. La porosità, oltre a influire sulle prestazioni meccaniche e sulla durabilità, determina anche la risposta all’assorbimento d’acqua e alla resistenza agli agenti atmosferici. Nel riciclo, la variabilità compositiva impone una valutazione accurata delle caratteristiche meccaniche e fisiche, per garantire l’idoneità degli aggregati derivati alla produzione di nuovi materiali da costruzione. La conoscenza dettagliata di queste proprietà aiuta a prevedere le prestazioni future e a ottimizzare il processo di selezione e trattamento dei materiali riciclati, contribuendo a una edilizia sostenibile e responsabile.

Come viene utilizzato il gesso nei materiali da costruzione e nel riciclo dei rifiuti di costruzione

Il gesso è un materiale ampiamente utilizzato nell'industria edilizia come legante o come materia prima per la produzione di lastre per pareti interne. I materiali edilizi a base di gesso vengono prodotti tramite processi termici a partire dalla roccia gessosa naturale o dal gesso derivante dalla desolforazione dei gas di scarico (FGD). La temperatura di cottura e l'apporto energetico necessari per tale processo sono relativamente bassi, poiché si verificano solo reazioni di disidratazione, il che comporta vantaggi sia ecologici che economici. Le caratteristiche dei materiali da costruzione in gesso includono una buona lavorabilità e ottime proprietà strutturali. I componenti realizzati con materiali a base di gesso vantano una resistenza al fuoco elevata, dovuta alla presenza di acqua costituzionale nel gesso. Pertanto, vengono utilizzati nel settore della protezione passiva contro il fuoco.

Tuttavia, l'uso del gesso negli edifici è limitato agli spazi interni, poiché perde resistenza quando è esposto all'umidità e può essere solubile in acqua. Al di fuori del settore edilizio, il gesso viene impiegato per la realizzazione di stampi, in particolare nell'industria ceramica. Grazie alla sua neutralità di pH e alla sua non tossicità, è inoltre utilizzato come additivo o riempitivo nella produzione di mangimi per animali, alimenti e prodotti farmaceutici.

Il gesso, o diidrato di solfato di calcio (CaSO4·2H2O), è un minerale che contiene due molecole d'acqua. Attraverso il trattamento termico, l'acqua cristallina può essere parzialmente o completamente espulsa. A seconda della temperatura di trattamento, si ottengono diverse forme: il semidrato (CaSO4·1/2 H2O) o l'anidrite (CaSO4). Quando viene aggiunta acqua, il gesso ritorna alla sua forma originale di diidrato e indurisce. Questo processo chimico rende i materiali da costruzione in gesso riciclabili. Il materiale di partenza e il prodotto indurito sono identici, ma il ciclo del gesso si applica solo ai materiali puri. I prodotti tecnici, infatti, contengono additivi che ne modificano le proprietà. I rifiuti di gesso derivanti dalla demolizione o dalla rimozione dei materiali edili contengono impurezze aggiuntive. Nei detriti di calcestruzzo o muratura, il gesso si mescola con altri materiali, come mattoni e cemento, complicando il processo di recupero.

Nel 2014, in Germania, la domanda di materie prime per la produzione di materiali da costruzione in gesso è stata di circa 8,8 milioni di tonnellate, soddisfatta principalmente da risorse naturali e gesso FGD. La proporzione di gesso FGD è aumentata dal 40% negli anni '90 fino a oltre il 75% oggi, ma con la diminuzione della produzione di energia da carbone, si prevede che questa fonte di gesso diminuisca nel futuro. Questo comporterà una necessità di espandere l'estrazione di gesso naturale, cosa che risulta difficilmente realizzabile.

Il gesso recuperato dai detriti di costruzione potrebbe contribuire parzialmente all'approvvigionamento di materie prime nell'industria del gesso. I prodotti a base di gesso possono essere suddivisi in due categorie principali: il gesso che viene mescolato con acqua in cantiere e lavorato sul posto, come intonaci da costruzione (sia con che senza additivi industriali), e i prodotti prefabbricati per l'edilizia secca, che vengono montati su strutture in metallo o legno. Le lastre di gesso rappresentano la quota maggiore di questi prodotti.

Il gesso viene anche utilizzato nella produzione di cemento, dove viene aggiunto al clinker prima della macinazione per regolare il comportamento del tempo di presa, garantendo che ci sia un tempo sufficiente per la lavorazione dopo l'aggiunta dell'acqua.

Nel ciclo di vita dei materiali da costruzione in gesso, i rifiuti si generano in tutte le fasi. Durante la produzione di lastre di gesso, i rifiuti di produzione puri si accumulano, derivanti dai processi di avviamento e spegnimento o durante il processo di finitura delle lastre. Gli scarti di taglio e i materiali di gesso rimossi durante la costruzione, la ristrutturazione o la rinnovazione sono frequentemente contaminati da materiali estranei, come metalli, legno, materiali isolanti, carta, adesivi e schiume da costruzione. Durante la demolizione degli edifici, il gesso viene spesso trovato mescolato con altri materiali edili, come mattoni o cemento. Anche quando il gesso viene separato dai materiali di base durante il trattamento, può comunque essere contaminato.

Il trattamento dei rifiuti di gesso è regolato dal sistema europeo di codifica dei rifiuti. Se il gesso ha un contenuto elevato e non è contaminato da sostanze pericolose, viene classificato come "Materiali da costruzione a base di gesso" (codice 17 08 02). Se è contaminato, o se è mescolato con altri materiali edilizi, viene invece classificato come "Rifiuti misti di costruzione e demolizione" (codice 17 09 04). Se il gesso è parte di una miscela di materiali da costruzione, non viene separato, ma rientra nel codice 17 01 07, relativo ai rifiuti di calcestruzzo, mattoni e ceramiche. Questi codici sono fondamentali per la gestione e il riciclo dei rifiuti di gesso, il cui recupero dipende dalla purezza del materiale.

I rifiuti di gesso che si trovano nei cantieri sono una risorsa preziosa per il riciclo, ma la loro contaminazione con altri materiali ne rende complesso il recupero e la reintegrazione nel ciclo produttivo. Tuttavia, con un'adeguata separazione e trattamento, una significativa quantità di gesso proveniente dalla demolizione potrebbe essere recuperata, contribuendo al bilancio delle risorse e riducendo la dipendenza da nuove estrazioni.