L’idea di ambientare un romanzo thriller su un treno comporta sfide narrative e logistiche complesse, soprattutto quando si lavora con un cast numeroso di personaggi. All’inizio, il progetto prevedeva dieci personaggi, ma ben presto l’autrice si è resa conto che un numero così alto avrebbe reso difficile mantenere la coerenza e la chiarezza della storia. Ridurre il gruppo a sei protagonisti è stato fondamentale per garantire che ogni personaggio potesse distinguersi e che il lettore riuscisse a seguirne i movimenti e le azioni in modo efficace.
Il treno diventa così una sorta di “film”, dove ogni carrozza è come una stanza di una sceneggiatura e i personaggi si muovono al suo interno con un ruolo ben definito, ognuno con caratteristiche, età e atteggiamenti differenti. Questo aiuta a creare un microcosmo chiuso, in cui l’attenzione si concentra su pochi individui, mantenendo la suspense alta e l’intreccio credibile. Un riferimento cinematografico importante per questa costruzione è “Clue”, con i suoi personaggi identificabili attraverso colori e caratteristiche distintive, che aiutano il pubblico a non perdere il filo della narrazione. Anche “White Christmas” è citato per la sua efficace rappresentazione di un gruppo ristretto su un treno, visibile quasi esclusivamente attraverso pochi personaggi centrali.
Scrivere in terza persona e alternare i punti di vista è una scelta che rende la narrazione più complessa da gestire, ma allo stesso tempo più ricca e dinamica. La difficoltà principale è mantenere la coerenza temporale e spaziale: sapere dove si trovano i personaggi in ogni momento, quali stanze occupano e come si spostano all’interno del treno è una vera e propria sfida di coordinamento. Per questo motivo l’autrice ha paragonato il treno a una “bacheca di Clue”, dove ogni carrozza e ogni stanza sono segnate e monitorate, così da evitare incongruenze e permettere ai colpi di scena di funzionare.
L’organizzazione della trama e la gestione delle regole del treno sono elementi cruciali per mantenere la tensione narrativa. Non è possibile, ad esempio, che qualcuno scenda dal treno in corsa, poiché si tratta di un treno espresso e l’emergenza non funziona come si potrebbe pensare. Stabilire queste regole fin dall’inizio è stato essenziale per poi sviluppare l’azione in modo coerente e credibile.
Il processo creativo dell’autrice parte sempre dalla trama: un’idea iniziale che funge da “elevator pitch”, sintetico e immediato, ma che spesso nasconde complessità che si svelano solo durante la scrittura. La scelta del narratore e del punto di vista segue questa fase e serve a mettere in luce ciò che è più rilevante per la storia, creando empatia e coinvolgimento. Tuttavia, mantenere la coerenza delle motivazioni dei personaggi è un lavoro accurato e impegnativo. Ogni azione deve avere una ragione solida, non basta dire che un personaggio “è confuso” o “è arrabbiato”. La profondità psicologica e la plausibilità delle motivazioni sono essenziali perché l’intreccio funzioni e il lettore senta il finale come un risultato meritato, non casuale.
Le motivazioni sono spesso stratificate: un gesto può nascondere paure, ricatti, disperazione o avidità, e queste sfumature emergono solo scavando a fondo nella personalità di ogni personaggio. Questo rende l’intero racconto più umano e realistico, anche se il contesto è un thriller con una forte componente di suspense.
Anche la fase di stallo, quando la trama sembra bloccarsi e le idee faticano a emergere, fa parte del processo creativo. In quei momenti l’autrice si dedica ad altre attività, come guardare film o ascoltare podcast, fino a quando una soluzione narrativa non si presenta spontaneamente. La scrittura non è mai lineare, e questo “caos” fa parte dell’evoluzione del romanzo.
È importante inoltre sottolineare come conoscere il finale sin dall’inizio sia una pratica abituale per l’autrice, che costruisce tutta la storia avendo in mente un obiettivo preciso. Tuttavia, questo finale può subire modifiche e affinamenti a metà percorso, man mano che i personaggi e le dinamiche si sviluppano in modo inaspettato.
Infine, il romanzo in questione indaga il perché delle azioni dei personaggi, svelando che dietro ogni tradimento o scelta estrema ci sono motivazioni personali, spesso dolorose o controverse. Questo aggiunge una dimensione morale e psicologica alla trama, spingendo il lettore a riflettere sulle complessità dell’animo umano e sulle situazioni che possono spingere qualcuno a compiere gesti terribili.
Per comprendere appieno questo tipo di narrazione, è essenziale riconoscere l’importanza della struttura, della coerenza interna e della motivazione profonda dei personaggi, elementi che non sono mai casuali ma il frutto di un lavoro meticoloso e appassionato. Solo così un thriller ambientato in un contesto limitato e apparentemente semplice come un treno in corsa può diventare un’esperienza avvincente, credibile e memorabile.
Vale la pena partecipare ai concorsi letterari?
Una tassa d’iscrizione di venticinque dollari può sembrare un prezzo modesto per qualcosa che ha il potere di ravvivare l’immaginazione, risvegliare la motivazione e, sorprendentemente, restituire il piacere puro della scrittura. Partecipare a un concorso letterario può non portare sempre alla vittoria, ma può offrire ricompense molto più profonde e durature. È l’esperienza stessa a diventare il vero premio.
Molti scrittori, persino quelli più esperti e prolifici, si trovano a vivere momenti di stallo creativo. Quei giorni in cui mettere insieme una sola frase sembra un’impresa. In tali situazioni, un concorso diventa uno strumento di rinnovamento: una struttura esterna con regole precise, scadenze fisse, e stimoli inaspettati. I prompt obbligano a scrivere fuori dal proprio ambito abituale, a lasciarsi andare, a sperimentare, a scrivere senza analizzare troppo. Il tempo limitato non lascia spazio all’insicurezza. Bisogna scrivere, e basta.
La creatività, sotto pressione, trova nuova linfa. È un paradosso solo apparente: vincoli precisi liberano l’energia creativa più di quanto lo faccia la totale libertà. Un oggetto, un’azione, un genere: tre elementi che, combinati in modo improvvisato, possono dar vita a una storia inaspettata. E se anche non si vince, resta qualcosa di più prezioso: il testo prodotto, il piacere ritrovato della scrittura, il senso di avanzamento.
La soddisfazione di concludere un lavoro, anche breve, attiva circuiti di ricompensa nel cervello: il rilascio di dopamina, responsabile del piacere e della motivazione, porta a desiderare di continuare. Così, il semplice atto di portare a termine un racconto o una poesia diventa un passo avanti, un piccolo trionfo personale. Alcuni di questi testi si trasformano in racconti più lunghi, in romanzi, in raccolte pubblicate. Il seme lanciato in fretta e sotto pressione può germogliare a lungo termine.
Ma non si tratta solo di ispirazione momentanea. La pratica regolare che i concorsi impongono – scrivere entro una scadenza, affrontare generi diversi, adattarsi a vincoli – raffina l’arte narrativa. Spinge a fare scelte rapide e ponderate su trama, ritmo e caratterizzazione. Aiuta a diventare più precisi, più consapevoli, più essenziali. Scrivere di meno, ma con più densità. Raccontare una storia intera in poche righe. Questo esercizio affina la capacità di selezionare le parole, di modellare le emozioni, di costruire senso in spazi ristretti.
Non tutti i concorsi sono uguali. È fondamentale valutare con attenzione la loro affidabilità. Un sito dall’aspetto scadente, l’assenza di giudici noti, regole poco chiare o una richiesta di cedere tutti i diritti sull’opera sono segnali di allarme. Partecipare a concorsi rinomati, come quelli organizzati da Writer’s Digest, Poets & Writers o The Alliance of Independent Authors, garantisce una certa sicurezza e trasparenza. Il costo dell’iscrizione, se non eccessivo e giustificato da una struttura solida, è un investimento nel proprio percorso creativo.
Un altro valore aggiunto è la comunità che si forma intorno a questi eventi. Forum, chat, scambi di feedback: tutto questo contribuisce a un senso di appartenenza e condivisione. Anche se si viene eliminati nelle fasi iniziali, si entra in contatto con altri autori, si leggono storie altrui, si osservano approcci diversi. Il confronto è uno stimolo potente, e spesso più utile di un premio in denaro.
Scrivere per un concorso non garantisce una carriera, né un contratto editoriale. Ma spinge a mettersi in gioco. Fa uscire dallo stallo. Riporta la scrittura a ciò che dovrebbe essere: scoperta, gioco, disciplina e libertà allo stesso tempo. E per alcuni, può essere proprio quel primo passo necessario per trasformare una passione in qualcosa di più.
Vale la pena ricordare, infine, che un concorso può essere un laboratorio, una palestra, ma non deve diventare una fonte di frustrazione. Se la delusione per la mancata vittoria spegne la creatività, forse non è lo strumento giusto. Ma per chi scrive per crescere, per esplorare, per misurarsi, per ritrovare sé stesso, allora sì – ne vale assolutamente la pena.
Come scegliere tra racconto, novella e romanzo?
La definizione della forma più adatta per una storia nasce da un processo di esplorazione e scoperta. Ogni scrittore parte con una pagina bianca e un’idea, ma solo scrivendo si comprende quale mezzo narrativo meglio sostiene quella particolare esperienza o emozione. È imprescindibile che l’autore sia emotivamente coinvolto nel tema che intende trattare, poiché la scrittura di qualità nasce da una profonda connessione interiore con il materiale.
Nel racconto, la voce e lo stile possono assumere un ruolo predominante, poiché la brevità del testo consente una maggiore tolleranza verso l’intensità stilistica e l’astrazione narrativa. La trama, infatti, viene in parte mitigata dalla natura condensata del racconto, che si sviluppa in poche pagine e si concentra su un singolo momento o esperienza. In questo senso, il racconto si presta ad amplificare uno stato d’animo o una percezione fugace, trasmettendo al lettore un’impressione immediata e vibrante. La sintesi narrativa rende possibile un’esperienza intensa ma limitata nel tempo, in cui la narrazione può assumere toni poetici o sperimentali senza stancare chi legge.
Il romanzo, invece, necessita di una diversa gestione del ritmo e della complessità. Qui la trama deve articolarsi su un arco temporale più esteso, permettendo un approfondimento dei personaggi e delle loro trasformazioni interiori. Il lettore può così immergersi per ore o giorni nella vita del protagonista, vivendo con lui le crisi, le sfide e le evoluzioni che scandiscono il percorso narrativo. La profondità del romanzo risiede nella capacità di rappresentare cambiamenti significativi e duraturi, offrendo un’esperienza immersiva e sfaccettata. In questo contesto, il controllo del ritmo diventa essenziale per mantenere vivo l’interesse e modulare le tensioni emotive in modo coerente.
La novella si colloca tra queste due forme: più estesa del racconto, ma più concentrata e definita del romanzo. È particolarmente efficace quando la narrazione si focalizza su un periodo circoscritto della vita del protagonista, un evento decisivo o una fase di trasformazione intensa. La novella permette un equilibrio tra intensità e sviluppo narrativo, evitando sia l’estrema sintesi che il rischio di dilatazione eccessiva.
Scegliere il mezzo giusto richiede anche una valutazione consapevole delle esigenze della storia e delle aspettative del lettore. La forma deve servire il contenuto, non viceversa. Scrivere per scoprire quale sia quella più adatta è un esercizio di ascolto e adattamento, che implica la disponibilità a cambiare direzione e abbandonare la propria idea iniziale se essa non si rivela funzionale.
Oltre alla scelta della forma, è importante considerare il modo in cui la storia viene presentata: la gestione del ritmo, la costruzione del personaggio, l’equilibrio tra stile e trama. La brevità del racconto permette di sperimentare con la lingua e la struttura, mentre il romanzo richiede una narrazione più equilibrata e sostenuta, capace di accompagnare il lettore attraverso un percorso di crescita e scoperta.
Capire le peculiarità di ogni forma aiuta lo scrittore a orientarsi nel proprio lavoro e a comunicare con efficacia ciò che vuole raccontare. La coerenza tra il contenuto e la forma non è solo tecnica, ma anche una questione di rispetto per il lettore e per la forza emotiva del testo.
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