L’analisi meccanica delle travi bidimensionali richiede un’attenta derivazione delle equazioni differenziali governanti e delle condizioni al contorno, fondamentali per descrivere il comportamento strutturale sotto azioni di corpo rigido e carichi iniziali. Partendo dall’equazione del lavoro virtuale, si ottengono le equazioni di equilibrio come condizioni di stazionarietà del funzionale energetico, nella forma di equazioni di Euler-Lagrange. Queste equazioni includono tutti i contributi delle forze interne ed esterne, nonché gli effetti delle deformazioni non lineari, ad eccezione di un termine specifico ritenuto non compatibile con le deformazioni di corpo rigido.

L’interpretazione delle variabili virtuali di spostamento, quali δu e δv, e della loro derivata angolare δθ, permette di ricavare equazioni differenziali accoppiate, che esprimono l’equilibrio lungo la trave nelle direzioni assiali e trasversali. In particolare, le forze assiali e di taglio sono considerate costanti per travi prive di carichi distribuiti, condizione che semplifica parzialmente l’analisi ma non esclude la complessità delle interazioni tra i termini di rigidezza elastica e geometrica.

Le condizioni al contorno sono suddivise in due categorie: le condizioni geometriche, dette anche essenziali, che prescrivono spostamenti e rotazioni imposte, e le condizioni naturali, che definiscono le forze e i momenti applicati alle estremità della trave. In un problema al contorno classico, è imprescindibile specificare o le condizioni geometriche o quelle naturali a ciascun estremo, evitando di imporre entrambe contemporaneamente per garantire la corretta definizione del problema.

La formulazione agli elementi finiti si avvale di una rappresentazione interpolante degli spostamenti assiali e trasversali, rispettivamente lineare e cubica, che consente di approssimare con sufficiente accuratezza la distribuzione degli spostamenti lungo la trave. Le forze interne sono correlate ai nodi tramite le condizioni di equilibrio, e la matrice di rigidezza elastica, ben consolidata nella teoria lineare, viene affiancata dalla matrice di rigidezza geometrica, che incorpora gli effetti delle forze iniziali e rappresenta la principale fonte di instabilità strutturale.

La matrice di rigidezza geometrica, dipendente dalle forze nodali iniziali, è cruciale nelle analisi incrementali non lineari e può indurre fenomeni di instabilità, quali il buckling, che non sono catturati dalle sole rigidezze elastiche lineari. L’assemblaggio delle matrici di rigidezza elementari consente di costruire l’equazione incrementale di rigidezza dell’intera struttura, nella quale il vettore degli spostamenti e i carichi incrementali riflettono l’evoluzione progressiva delle condizioni di equilibrio.

Oltre alla derivazione matematica rigorosa, è essenziale comprendere che l’accuratezza della soluzione dipende fortemente dalla corretta definizione delle condizioni al contorno e dall’adeguata modellazione delle rigidezze geometriche. L’interpretazione fisica delle forze iniziali e delle deformazioni virtuali è fondamentale per evitare errori concettuali che potrebbero invalidare l’analisi non lineare. Inoltre, la distinzione tra condizioni essenziali e naturali riveste un ruolo chiave nell’impostazione dei problemi pratici, poiché influisce direttamente sulla stabilità numerica e sulla convergenza degli algoritmi incrementali.

È importante altresì riconoscere che, nel contesto degli elementi finiti, la scelta delle funzioni di interpolazione influisce non solo sulla precisione ma anche sulla capacità di rappresentare correttamente i fenomeni di instabilità. L’approccio adottato, con funzioni lineari per gli spostamenti assiali e cubiche per quelli trasversali, rispecchia un equilibrio tra semplicità computazionale e fedeltà meccanica, ma può richiedere adattamenti in presenza di geometrie o carichi particolarmente complessi.

Infine, la matrice di rigidezza geometrica, pur essendo un potente strumento per catturare effetti non lineari, deve essere utilizzata con consapevolezza delle sue limitazioni e dei requisiti di equilibrio e compatibilità locali, per assicurare risultati affidabili e coerenti con la realtà fisica della struttura analizzata.

Come si aggiornano le rotazioni finite e le matrici di rigidezza negli elementi spaziali delle strutture intelaiate?

L'analisi degli elementi spaziali nelle strutture intelaiate si presenta come una sfida complessa a causa delle tre rotazioni di grado di libertà presenti in ciascuno degli estremi degli elementi. Tradizionalmente, nelle analisi incrementali non lineari, si è assunta la piccola entità delle rotazioni alle estremità degli elementi, permettendo così l'applicazione della legge di commutatività delle rotazioni. Questo consente di sommare linearmente gli incrementi di rotazione step dopo step, semplificando notevolmente l'aggiornamento delle orientazioni finali degli elementi. Tuttavia, tale assunzione risulta inadeguata quando gli incrementi di rotazione sono di entità finita, poiché la commutatività non vale più e quindi è necessaria una teoria più avanzata delle rotazioni finite.

Per descrivere correttamente la variazione degli orientamenti nei casi di rotazioni finite, si ricorre alla formulazione di Rodriguez (o formula di rotazione di Euler), che definisce la rotazione rigida di un vettore in uno spazio tridimensionale attorno a un asse arbitrario. Un vettore di posizione r\mathbf{r}, ruotato rigidamente di un angolo φ\varphi attorno a un asse unitario n\mathbf{n}, si trasforma secondo la formula:

r=cosφr+sinφ(n×r)+(1cosφ)(nr)n.\mathbf{r}' = \cos \varphi \, \mathbf{r} + \sin \varphi \, (\mathbf{n} \times \mathbf{r}) + (1 - \cos \varphi)(\mathbf{n} \cdot \mathbf{r}) \mathbf{n}.

In questo contesto, le rotazioni incrementali Δθa\Delta \boldsymbol{\theta}_a e gli spostamenti incrementali Δua\Delta \mathbf{u}_a di un nodo aa sono descritti come vettori tridimensionali, la cui norma e direzione definiscono rispettivamente l'ampiezza φa\varphi_a e l'asse di rotazione na\mathbf{n}_a secondo:

φa=Δθa,na=Δθaφa.\varphi_a = |\Delta \boldsymbol{\theta}_a|, \quad \mathbf{n}_a = \frac{\Delta \boldsymbol{\theta}_a}{\varphi_a}.

L'aggiornamento delle basi di riferimento degli assi nodali, ad esempio ξa,ηa,ζa\boldsymbol{\xi}_a, \boldsymbol{\eta}_a, \boldsymbol{\zeta}_a, dal passo precedente a quello attuale, viene dunque calcolato applicando la trasformazione di Rodriguez a ciascun vettore base, assicurando così una corretta descrizione delle rotazioni finite che considerano la non commutatività.

Questa procedura si estende naturalmente ai nodi di estremità opposti e si integra nel quadro complessivo della formulazione degli elementi spaziali con sezione solida, dove sei gradi di libertà (tre traslazioni e tre rotazioni) per nodo sono presi in considerazione. La definizione degli assi locali dell’elemento e delle sezioni nodali, come gli assi α,β,γ\alpha, \beta, \gamma, viene aggiornata coerentemente con la rotazione dell’elemento stesso, mantenendo la corretta rappresentazione dell’orientamento relativo tra la geometria originale e quella deformata.

Parallelamente, nelle analisi agli elementi finiti, le matrici di rigidezza svolgono un ruolo centrale nel descrivere il comportamento strutturale degli elementi sotto carichi. Le matrici di rigidezza vengono definite tramite integrali che coinvolgono funzioni di interpolazione e le loro derivate, spesso in forme complesse e con differenti ordini di derivazione e potenze di fattori moltiplicativi. Questi integrali si traducono in matrici simmetriche e spesso sparse, la cui corretta costruzione e aggiornamento è indispensabile per l’accuratezza e la convergenza dell’analisi numerica.

Le matrici di rigidezza più comunemente utilizzate sono caratterizzate da componenti che dipendono da differenti ordini di derivazione (indicate dai pedici “s” e “t”) e da esponenti di fattori moltiplicativi (indicato da “v”), integrati sulle funzioni di forma e interpolazione. Sebbene la formulazione possa apparire astratta, la loro applicazione pratica è stata codificata in procedure efficienti che consentono di affrontare problemi non lineari complessi relativi a strutture intelaiate tridimensionali.

È importante sottolineare che l’aggiornamento accurato delle configurazioni nodali e delle matrici di rigidezza in presenza di rotazioni finite non può prescindere dalla consapevolezza della non commutatività delle rotazioni nello spazio tridimensionale e dalla corretta applicazione delle trasformazioni geometriche. L’approccio basato sulle rotazioni finite garantisce che le soluzioni siano fisicamente consistenti anche in presenza di deformazioni elevate e cambiamenti significativi della geometria.

Nel contesto della modellazione e dell’analisi numerica, la comprensione profonda delle trasformazioni geometriche, delle proprietà delle matrici di rigidezza e della loro relazione con le funzioni di interpolazione e i gradi di libertà dell’elemento costituisce il fondamento per sviluppare metodi robusti e affidabili per la simulazione delle strutture intelaiate non lineari.